Famiglia Contarini

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Calle del Paradiso, 713 - San Polo. Stemma Contarini

Famiglia Contarini

Contarini. Per lunga e fantastica argomentazione, alcuni scrittori, tra quali Ugone Turrelli, il co. Jacopo Zabarella e Pier Antonio Motti, pretesero provare, essere derivata la famiglia Contarini dalla gente consolare romano Aurelio Cotta, alla quale appartenne quel P. Aurelio Cotta, figliuolo di M. Aurelio dannato dal console Carbone, e che, dopo morto il genitore, si trasferì con la famiglia a Padova, della quale i di lui posteri lungamente tennero il governo. Uno di essi, L. Aurelio Cotta, creato da Cesare prefetto del Reno, dicono avere avuto due figliuoli appellati Adelelmo e P. Aurelio Cotta; ed essere dal primo derivati gli antichi conti del Reno e di Salm; dal secondo i Cottareni, quasi conti del Reno, denominati poi Contareni.

Giorgio Piloni, nella Storia di Belluno, e Gio. Francesco Palladio, in quella del Friuli, asseriscono, che li Contarini fossero prefetti di Concordia, e passassero quindi a Rialto, al tempo dell’incursione di Attila in Italia; e Cesare Malfatti, nella sua Cronaca delle Famiglie Venete patrizie, tuttavia inedita, da tre luoghi, e per tre rami diversi, fa derivare nelle lagune li Contarini: vale a dire, da Concordia a Loredo e quindi a Rialto; dall’Ungheria a Concordia, e colà, unitisi coi primi, seguirono le trasmigrazioni di quelli; e, finalmente dal Reno, ove erano conti; unendosi il Malfatti, in questa ultima opinione agli altri scrittori riferiti, seguito anche da Gio. Battista Contarini, nella seconda parte della sua Veneta Storia, e da Casimiro Prescot, nei Pregi della nobiltà veneta, senza nominarne altri, che lunga e noiosa tornerebbe la nota.

Essendo poi questa casa venuta ad abitare Rialto, fino dai primordi della Repubblica, fu annoverata fra le dodici antiche famiglie che ottennero il soprannome di apostoliche, nelle quali fu stabilito il corpo della nobiltà patrizia. Perciò i Contarini furono tribuni in Rialto ed ebbero più volte la tribunizia generale reggenza di tutte le isole unite, come riferisce il Cappellari nel suo Campidoglio Veneto, inedito. Possedettero i Contarini la contea di Joppe, o del Zaffo, nella Siria, e ne conservarono il titolo perpetuamente: ebbe questa famiglia il giuspatronato delle chiese parrocchiali di San Giovanni Battista della villa di Baldovino, di San Bartolommeo di Valnogaredo, e di quelle di San Lorenzo di Vo e della Natività della Vergine in Piazzola, ville tutte nel territorio di Padova. Eresse del proprio, in varie chiese di Venezia e fuori, cappelle ed altari, e in molte altre conserva illustri memorie.

Si diramò, essa famiglia, in guisa, che si tenne per la più numerosa tra tutte le case patrizie; onde ne uscirono dal suo seno otto dogi ed infiniti uomini illustri nella toga, nelle armi, nel sacerdozio, nelle scienze e nelle lettere.

Portavano li Contarini per arma tre bande azzurre in campo d’oro; arma che fu poi alterata con inquartature e pezzi diversi, per concessioni ottenute, o per memoria di ambascerie sostenute, in guisa che ben dieci, e tutte diverse, insegne usarono poscia, le quali valevano non pure a distinguere le varie linee in cui si diramarono. Il cavaliere Zaccaria Contarini, che fu sessantatré volte ambasciatore per la Repubblica alle diverse corti di Europa, fu il primo, che nel 1355, per dono dell’imperatore Carlo IV, alzasse l’aquila imperiale. Marco senatore, nel 1375, ne prese due; e Domenico, provveditore in campo nel 1545, in occasione che si trovò presente alla famosa battaglia di Marignano, ebbe, da Francesco I re di Francia, il dono dei gigli: per cui si riconosce erroneo lo scudo dipinto sotto la immagine del nostro doge Domenico, che doveva essere distinto dalle sole tre bande azzurre in campo d’oro.

Il doge Domenico Contarini ebbe a padre Marco q. Giovanni, da Santa Maria Mater Domini, che, secondo il Coronelli, fu eletto procuratore di San Marco, il di 10 dicembre 990, in luogo del defunto Fantino Gradenigo. Nella riedificazione della chiesa di San Nicolò del Lido, che ebbe luogo nel 1626, per opera dell’abate di quel monastero Raffaello da Verona, si curò che od onore suo, sull’esterno porta della chiesa stessa, fosse eretto un monumento decoroso, con la sua immagine e con la seguente inscrizione:

D. O. M.
DOMINICO CONTARENO.
QVI REBELLEM DALMATIAM COMPRESSA FOEDERA DOMVIT.
GRADVM PVLSV AQVILEIENSE RECEPIT.
NORMANNOS IN APVLIA VICIT
PACE PATRIAE REDDITA, RELIGIONE AVCTA.
HOC NICOLAO, ET ALTERO ANGELORVM DVCI
CONSTRVCTA TEMPLA, AMPLISSIMIS LOCVPLETATA PROVENTIBVS
SICRIS DIVORVM CINERIBVS ORNAVIT
AETERNAE PRINCIPIS MEMORIAE.
DC. POST OBITVM ANNIS XXVII CVM PRAEFVISSET
MONACHI CASIN. BENEPICIORVM MEMORE
HAC TVMVLI RENOVATIONE LITANT.
ANNO MDCXL.

Il doge Jacopo Contarini, giusto il Cappellari, era da San Silvestro ed ebbe a padre Domenico. Si trovava ascritto nel corpo dei senatori nel 1249, e fu uno degli elettori del doge Marin Morosini, e quindi il dì 18 aprile 1267, veniva insignito della cospicua carica di procurator di San Marco de supra, in luogo del defunto Giovanni Michiel; e finalmente fu esaltato al trono ducale.

Dalla epigrafe sepolcrale sappiamo che la di lui moglie aveva nome Jacopina; ed il Cappellari citato annovera di lui quattro figli distinti, cioé: Andrea, che, nel 1268, fu chiamato dai Bellunesi a loro podestà; Marino, che nel 1268 fu uno degli elettori del doge Lorenzo Tiepolo, e l’unno stesso compromissario delle differenze insorte fra la Repubblica ed i Trevigiani; che, nel 1275, fu pure uno degli elettori del doge suo padre, e finalmente creato, il dì 14 giugno 1286, procuratore di San Marco de supra, in luogo del defunto Pietro Querini; e morì nel 1293; Enrico, che si dice assunto al vescovato di Treviso intorno al 1275 dall’Ughelli, e dal Malfatti nel 1285; ma la buona critica non ammette nella cronatassi trivigiana, né la esistenza di lui, né tampoco quella dell’altro vescovo Tommaso Traversari; imperocché dall’antecessore di questi, che fu Fr. Alberto Ricco, morto intorno al 1275 al successore ammesso nella cronatassi anzidetta, che fu Prosavio Novello, corsero tre anni spesi in lunghi contrasti e litigi tra il capitolo dei canonici e la congregazione dei cappellani, la quale sosteneva il suo diritto a nominare, unitamente ai canonici, il vescovo proprio; questione, che rimessa in giudici arbitri, fu decisa dal canonico Simone Moro nel marzo 1278, a favore dei cappellani; Nicolò, soprannominato il Negro, senatore cospicuo, più volte spedito ambasciatore alle corti, e finalmente eletto, il di 18 agosto, procuratore di San Marco de supra, in luogo di Marco Ziani; e che morì nel 1302.

Il doge Andrea Contarini nacque a San Paterniano, nel 1293, secondo il Sanudo, ed ebbe a padre Marino. Studiato il gius delle genti, ebbe lauro dottorale, sicché, dopo di aver sostenute le cariche più gelose e cospicue, veniva insignito della stola procuratoria de citra, il di 3 giugno 1352, in luogo del defunto Stefano Contarini da Santa Maria Formosa. Nel 1355 fu uno dei senatori delegati sopra la congiura del doge Marino Faliero e, l’anno appresso, passò ambasciatore al re d’Ungheria affine di conchiudere un trattato di tregua. Ribellatasi quindi l’isola di Candia, venne colà spedito, unitamente a Pietro Zane, Francesco Bembo, Giovanni Gradenigo e Lorenzo Dandolo, onde tentar di ridurre a obbedienza quei contumaci, ai quali espose, con maschia eloquenza, i pericoli cui andavano incontro, se avessero persistito nel proposito loro, senza però poterli persuadere. Perciò, ritornato in patria, fu quasi subito, il dir del Coppellari, rispedito; ma non essendo anche questa volta riuscito, egli, estimando cosa indegna il colà più dimorare, senza ordine del Senato ripatriò, sicché in pena di ciò gli fu inflitta la multa di cento ducati, e gli fu proibito di non più ingerirsi nei pubblici affari di quella isola. La di lui bontà e la sapienza sua gli valsero però, morto Giovanni Delfino, ed il suo successore Lorenzo Gelsi, d’esser proposto tutte due le volte dagli elettori a doge; ma egli rispinse quella dignità, a cagione, dicono i cronacisti, che trovandosi in Siria gli era stato predetto da un arabo che sarebbe addivenuto principe della sua patria; ma che in patria sua stessa avrebbe, sotto il di lui reggimento, patiti gravissimi travagli. Comunque ciò sia, certo é che, passato a vita migliore il doge Marco Cornaro, egli si ritirò nella sua villa nel Padovano per farsi dimenticare; il che però non tolse che fosse eletto doge ed obbligato ad assumerne il carico, siccome narrammo. L’orazione funebre, che recitò in suo onore l’arcivescovo di Candia, Antonio Contarini da San Cassiano, e che si trova inserita nella cronaca mss. del Caroldo, oltre varie particolarità intorno alla sua vita, si nota quest’uno, che rileva spiccatamente il suo dolce carattere e la bontà dell’animo suo. Dice dunque l’encomiatore: Convenendo Andrea, in età giovanile, con Marco Friuli, al cenobio di monache conventuali alla Celestia, avvenne che egli si accendesse di amore verso una monaca molto bella e modesta: sicché, ottenuto, col mezzo di altra monaca di poter entrare nel chiostro, fu a stretto colloquio con la suora vagheggiata. Senonnché quella vergine mestamente dicendogli: Voi siete pur qui venuto per adempiere il voler vostro. Non sapete che io sono sposa di Gesù Cristo, e cionnondimeno volete fargli cotanta ingiuria? Egli, commosso, simulando di aver lasciato in barca, onde era venuto, alcuna suo cosa, uscì dal monastero e ritornò alla propria casa.

Storia della Repubblica di Venezia , cavò dalla cronaca Savina la notizia, che dopo l’incendio del monastero di San Stefano, fu levato il monumento del Contarini dal chiostro e posto in una cappella nuova di casa Contarini. Ma se ciò fu, lo fu per alcun tempo, e infinché, dopo l’incendio accaduto nel 1528 del chiostro, venne questo eretto nel 1532 col disegno di fra Grabiele agostiniano, in seguito a cui fu rimesso il monumento nell’ antico suo luogo, ove vedesi tuttavia. Nella quale occasione venne scolpito l’epitaffio che si legge sotto l’urna; il che affermiamo avvalorati da due osservazioni. La prima che il Sanudo dice non avere l’arca del Contarini veruno epitaffio, ancorché molti ne fossero stati fatti, tra quali questo: Hostes qui claudor, clausi, patreamque reclusi. La seconda, che la paleografia, con cui è intagliato, quella è precisamente usata alla fin del secolo XVI, ed al principio del susseguente. Il monumento poi si costituisce di una nobile cassa, sostenuta da due mensole riccamente intagliate, e divisa, nel prospetto, in due campi rivestiti di marmo serpentino, tra l’uno e l’ altro de’ quali è Cristo in trono tenente col la sinistra mano il libro aperto degli Evangeli, e con la destra in atto di benedire. Per fianco all’estremità della cassa stessa sono scolpiti, a manca dello spettatore Maria, e a destra l’Angelo annunziatore. Nel vano sottoposto, fra le mensole, si legge questa inscrizione:

HIC SACER ANDREAS STIRPS CONTARENA MORAT.VB
DVX PATRIAE PRAECIBVS SENIOR QVI IANVA CIVES,
MARTE SVOS FVNDENS, ET VICTOR CLASSE POTITVS,
AMISSAM VENETO CLVGIAM PACEMQ. REDVXIT.
M.CCC.LXXVII. DVX CREATVS.
M.CCC.LXXXII. IN COELVM SVRLATVS.

Il doge Francesco Contarini figlio di Bertucci da Santa Ternita, nacque il dì 8 settembre 1558, sacro alla Natività di Maria, e ciò notano i genealogisti per riferirci circostanza notevole della sua vita, quella cioè di «ver egli in tal giorno, in seguito, conseguite sempre le dignità più ragguardevoli. Il Cappellari, dal quale caviamo le notizie seguenti, dice che di soli 29 anni, vale a dire nel 1587, fu mandato ambasciatore a Vicenzo Gonzaga, duca di Mantova, a gratularlo nella di lui successione al ducato, e quindi, sostenute altre magistrature e cariche, veniva spedito, nel 1603, bailo a Costantinopoli. Due anni appresso fece parte dell’ambasceria recatasi a Paolo V, in occasione del suo avvenimento al trono pontificale, e nel 1606 fu consigliere, e il seguente anno si recò di nuovo ambasciatore a Roma, per appianare le differenze sorte fra il pontefice e la Repubblica. Spedito, nel 1609, ambasciatore straordinario in Inghilterra, l’anno dopo lo troviamo riformatore dello studio di Padova, carica che sostenne anche nel 1616 e 1622. Rieletto consigliere nel 1614, l’anno seguente partiva ambasciatore a Mattia nel suo esaltamento al trono imperiale. Morto Domenico Delfino il 9 dicembre 1615, fu in suo luogo creato il Contarini a procuratore di San Marco de citra; e nel 1617 fu scelto dal senato a correttor delle leggi. Il seguente anno fu mandato ambasciatore straordinario ad Osmano II, succeduto al trono di Costantinopoli, dopo la morte di Mustafà I; e nel 1624 fu uno degli ambasciatori d’obbedienza spedito al nuovo gerarca Gregorio XV; e finalmente nel 1623 venne esaltato alla ducea. Il Contarini ebbe fama di dotto, e fu perciò attribuita a lui erroneamente la Storia latina delle guerre dei Turchi contro i Persiani e contro Rodolfo I imperatore, che tuttavia è inedita, come comprovò il Morelli, intorno a cui si veda il Cicogna.

FRANCISCVS CONTARENO VENETIARVM PRINCEPS
PRISCIS MORIBVS, PRISCA VIRTVTE, NOVA PACVNDIA
BONVS CIVIS, GRAVIS SENATOR, PIVS PATER
MERITO PRIVS, QVAM DIGNITATE PRINCEPS:
NON OPINIONE, AVT FORTVNAE, SED SVAPTE VIRTVTE
PRINCIPATVM NACTVS
REBVS DOMI, FORISQVE PRAECLARISSIME GESTIS
DECEM LEGATIONIBVS APVD MAIORES ORBIS DYNASTAS
DIGNISSIME PERFVNCTVS
VEL, NOLENS, ET INVITVS TANTAE REIPVBLICAE PRAESIT
VIXIT IN PRINCIPATV AN. I. MENS. III.
ORIIT AN. SAL. M.DC.XXIV. DIE VI. DECENB.

Il doge Nicolò Contarini nacque il 24 settembre 1553, da Gian Gabriele q. Nicolò, e da Giovanna Morosini di Andrea. Apparata la filosofia in patria, da Luigi da Pesaro, compiva i suoi studi a Padova, sotto la disciplina, tra gli altri, di Carlo Sigonio, di Francesco Piccolomini e di altri famosi professori. In patria e fuori sostenne vari uffici, uno dei primi fu l’essere stato spedito a Padova in qualità di camerlengo o questore, dove, resosi chiaro per la sua dottrina, fu eletto principe dell’Accademia degli Animosi, instituita nel 1573. Ripatriato fu savio agli ordini nel 1579; nel 1594 avvogador di Comune; nel 1593 uno del collegio dei dodici savi delegati dal Senato. Passò quindi, nel 1597 e 1598, luogotenente in Udine. Compiuto il reggimento si trovava fra li senatori nel 1509 perorando intorno alle opere proposte da eseguirsi sul fiume Po. Ritornò poi a Udine negli anni 1604, 1602, come provveditore generale della provincia del Friuli per sospetto di peste. Fu savio del consiglio più volte, e consigliere. Nel 1605 venne spedito a Roveredo per stabilire i confini; e nel 1644 fu riformatore dello studio di Padova. Nel 1645, si trovò fra i deputati scelti a rivedere le fortificazioni dello Stato, e particolarmente quelle di Peschiera. Nel principio del 1617, eletto provveditore in campo, sostenne nel Friuli la guerra contro gli austriaci; e l’anno dopo fu deputato commissario al congresso di pace seguito in Veglia cogli stessi. Nel 1649, ebbe l’incarico di correttor delle leggi, e quello di provveditor generale in terraferma, per rivedere nuovamente le piazze dello Stato, e proporre i mezzi più validi di difesa. Padova lo ebbe di nuovo riformatore di quello studio negli anni 1623 e 1628. In quest’ultimo anno, parlò eloquentemente in Senato intorno alla regolazione del Consiglio dei X, essendone uno dei cinque correttori. In fine il 19 gennaio 1630, veniva, come superiormente dicemmo, esaltato al trono ducale. Fu il Contarini uomo di profonda pietà, di coraggio, di dottrina e consiglio. La sua dottrina spicca nelle opere da lui lasciate, tra cui le Historie veneziane, dal 1597 al 1604, che rimasero inedite; intorno alle altre, e intorno ad alcune minute particolarità della sua vita, come dei letterati che parlarono di lui, si consulti il Cicogna.

Doge Carlo Contarini, nacque Carlo Contarini nel 1580 da Andrea, e di soli ventotto anni, cioè nel 1608, fu mandato podestà e capitano a Feltre. Nel 1624 passò a Verona siccome podestà, e poco appresso fu spedito ambasciatore ordinario al re di Polonia Sigismondo III. In seguito troviamo il Contarini avere sostenuto, fra le altre cariche, quella di avogadore di Comun, nel 1644; e finalmente veniva chiamato, nel 1655, al trono ducale, morendo dopo soli undici mesi di principato, nell’età d’anni 76. Ad aiutarlo nello reggenza si prestò, con molto senno e prudenza, Andrea suo figliuolo, cavaliere e procuratore di San Marco. La dogaressa sua moglie, Paolina Loredano, è lodata dagli storici per le sue rare virtù, massime per la sua pietà, umiltà, moderazione e benevolenza verso i soggetti. Ella sopravvisse al marito, morta essendo il 20 aprile 1660, e fu sepolta nell’arca stessa di lui.

Doge Domenico Contarini, nacque da Giulio nel 1584, e di lui il Coppellari nota, che fu cinque volte savio, altrettante consigliere, ed otto volte oratore alle varie corti d’Europa; e nota ancora, che unitamente a suo fratello Angelo, procurator di San Marco e senatore illustre, eresse il maggior altare della chiesa di San Benedetto, ove fino dal 1650 posero onorata inscrizione all’altro Domenico figlio di Maffio loro antenato, senatore cospicuo; e nel 1657, il nostro doge ne poneva un’altra a ricordo dei meriti del detto fratello suo Angelo: inscrizioni però che non più si vedono. Moriva, come superiormente dicemmo, nel 1675 d’oltre novanta anni.

Doge Alvise Contarini, nacque nel 1604 da Nicolò, da Santa Ternita, e sostenute da prima alcune magistrature, fu poi, nel 1634, spedito ambasciatore ordinario alla corte di Francia, da cui tornò insignito col grado di cavaliere. Nel 1647, andò a Roma ambasciatore, e nel 1648, essendo savio del Consiglio, sostenne in Senato l’opinione di non conchiuder pace col Turco col sacrificio di Candia. Passato a miglior vita Giovanni Cappello, fu in suo luogo decorato, il 22 ottobre 1653, della stola procuratoria de supra. Due anni dopo tornava a Roma siccome ambasciatore di obbedienza ad Alessandro VII per gratularlo nella sua esaltazione al pontificato. Quindi, nel 1656, fu correttore delle leggi, e tre anni appresso eresse, alla memoria del doge Francesco suo zio, il cenotafio nella chiesa di San Francesco della Vigna, già accennato nella vita di esso principe. Nel 1665 contraddisse nuovamente in Senato alla opinione di ceder Candia al Turco per conseguire la pace, e nel 1672 fu riformatore dello studio di Padova. Finalmente nel 1676 fu esaltato al supremo onor della patria, morendo quindi nel 1684 in età d’anni 83.

Il monumento di questo doge è collocato al lato sinistro della terza cappella, a destra entrando nel tempio di San Francesco della Vigna, di fronte a quello sacro alla memoria dell’altro doge Francesco Contarini. Eresse tale monumento Nicolò, figlio di Alvise pronipote del defunto, nel 1764, ed è simile per forma all’altro accennato. Sotto al busto è scolpita l’inscrizione seguente, nella quale è calcolato
l’anno della morte more veneto.

ALOISIVS CONTARENVS
NICOLAI F. FRANCISCI DVCIS NEP.
SVMMIS HONORIBVS
MAXIMA CVM LAVDE IMTVS ET EXTRA PERFVNCTVS
DVX CONTRA VOTVM COOPTATVS
AN. MDCLXXXIII AETATIS LXXXIII
PRINCIPATVS VIII DECESSIT

NICOLAVS CONTARENVS ALOISII F.
TANTI PROAVI MEMOR
PATERNAE MENTI OBSEGVNDANS
MONVMENTVM HOC. P. C.
AN. MDCCLXI. (1)

(1) Il Palazzo Ducale di Venezia Volume IV. Francesco Zanotto. Venezia MDCCCLXI

Dall’alto in basso, da sinistra a destra: Fondamenta Gasparo Contarini, 3529 Cà Contarini (Cannaregio) – Fondamenta Gasparo Contarini, 3539 (Cannaregio) – Fondamenta Cà Priuli, 1057 (Dorsoduro) – Corte de l’Alboro, 3884 (San Marco) – Salizada San Canzian, 5549 Cà Contarini (Cannaregio) – Ramo Secondo Corte Contarina, 1552 (San Marco) – Corte de l’Alboro, 3884 (San Marco) – Calle Galiazza, 393 (San Polo) – Campo San Stin, 2532 (San Polo) * Calle de Cà d’Oro, 3933 (Cannaregio) – Campiello del Pestrin, 3524 (Cannaregio) – Fondamenta San Felice, 3607 (Cannaregio) – Calle Contarini Corfù, 1057 (Dorsoduro) – Campo Sant’Anzolo, 3594 (San Marco) – Calle del Paradiso, 713 (San Polo) – Canal Grande, 3978 Cà Corner Contarini (San Marco) * Calle Venier, 4851 (Cannaregio) – Fondamenta de le Capuzine, 3056 (Cannaregio) – Fondamenta Quintavalle, 43 (Castello) – Salizada dei Greci, 3451 (Castello) – Ramo Secondo Corte Contarina, 1552 (San Marco) – Calle del Paradiso, 711 (San Polo) – Calle del Fumo, 5313 (Cannaregio) – Calle del Magazen, 2077 (San Polo)

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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