Ponte dei Frari sul Rio dei Frari

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Ponte dei Frari sul Rio dei Frari - San Polo

Ponte Frari sul Rio dei Frari. Fondamenta dei Frari – Campo dei Frari

Ponte in pietra; struttura in mattoni e pietre, bande in pietra. Due stemmi dell’Ordine Francescano sono presenti su ciascuno dei fianchi del ponte. (1)

Fino dal 1227, un anno dopo la morte di San Francesco, erano giunti a Venezia alcuni dei suoi più fervorosi seguaci. Qui vivevano di elemosine, e passavano i giorni lavorando sotto il vestibolo delle chiese particolarmente di San Lorenzo e di San Silvestro. Il governo loro diede da abitare un’antica ed abbandonata abbazia di monaci Benedettini, dedicata a Maria Vergine, e posta sul confine delle due parrocchie di San Tomà (San Tommaso) e San Stin (San Stefanino, o San Stefano confessore).

I frati francescani dilatarono a varie riprese il convento con i lasciti dei fedeli, e dopo il 1250 diedero mano all’erezione di un magnifico tempio, intitolato a Santa Maria Gloriosa, detto poi dei Frari, corruzione di frati, per la numerosa religiosa famiglia che lo ufficiava. La chiesa aveva la facciata a mezzogiorno e la cappella maggiore vicina al canale oggi comunemente chiamato Rio dei Frari. Così rimase il tempio fino al Quattrocento e solo in quel secolo venne rifabbricato con la facciata a settentrione come oggi si trova. 

Questo tempio si andò compiendo sul disegno di Nicolò Pisano nel giro di un secolo, e nel 1492 ebbe consacrazione per mano di Pietro da Trani, vescovo Telesino. Il campanile venne fondato nel 1361 da Jacopo Celega, e condotto a termine nel 1396 da Pietro Paolo, figlio di lui. Vasto e il convento, che dopo l’incendio del 1369, in cui perì il beato Carissimo da Chioggia, fu rinnovato, e che più tardi fu decorato con due chiostri, l’uno del Palladio, l’altro del Sansovino.

Il Ponte dei Frari venne fabbricato per la prima volta, a spese dei frati francescani, in virtù di parte e concessione del Maggior Consiglio l0 ottobre 1428, a sostituzione di un altro ponte di legno che stava in prossimità della Scuola della Passione, già reso cadente per vetustà, di cui parla un documento dell’anno 1382. 

Nell’ottobre del 1525 tale Orsato Brazo Duro uccideva in Campo San Stin con una coltellata al petto una vecchia dalmata, mercante di tappeti. Compiuto il delitto, l’assassino si era dato alla guga, ma ricorso dai birri fu raggiunto e arrestato proprio sul piazzale del Ponte dei Frari. Condotto in prigione, egli confessava il delitto. Il processo, affidato alla Quarantia criminal, doveva essere fatto il 9 ottobre e già si prevedeva sicura la sentenza di morte quando, narra il Sanudo, comparve all’Avogaria il “ministro, overo vardian di fra’ Menori il qual fa fede ditto ponte è sacro perché altra volta la chiesa di Frari era lì, et lì era la capela granda che adesso è voltada et è di la banda di là“. Quindi, concludeva il padre guardiano, l’assassino non poteva essere arrestato poiché il ponte era sacro e inviolabile rifugio.

La Quarantia Criminal si raccolse subito e molto si disputò; alla fine fu messa la parte “et impatò, zoè (cioè) sedeze che Orsato fusse liberato ed sedeze di no“, e il Brazzo Duro per quella volta fu salvo.  Più volte tentarono i Proveditori al Comun di apporre sul ponte dei leoni di San Marco in “mołeca” per dimostrare la giurisdizione della Serenissima sul ponte, tutte le volte i frati Minori riuscirono a far valere le loro ragioni, finchè nel Settecento, a scanso di equivoci, decisero di fissare sul ponte quattro simboli dell’Ordine Francescano; un braccio di Nostro Signore e un braccio di San Francesco incrociati a formare una croce. (2)

Ai piedi del Ponte dei Frari, sulla fondamenta omonima, esisteva (ed esiste tuttora) il Caffè dei Frari, un caffè appartato dove i nostri vecchi andavano a sorseggiare, tra l’altro, la “semada”, bibita fatta di semi di popone e zucchero, specialità anche del Caffè Chioggia in Piazzetta. In questo caffè, sul finire dell’Ottocento, si crogiolava al sole caldo, irrompente dalle vetrate, un grosso gatto soriano di nome Nini.

Beniamino del padrone, sior Antonio Borgato, amico degli avventori, terrore dei topi era conosciuto in tutta la contrada. Ma un brutto giorno fu colto da paralisi e poi morì, e, come tutti i gatti di Venezia, fu gettato nel vicino canale. Ma gli avventori del caffè, venuti a conoscenza di una fine tanto ingloriosa, vollero, nel trigesimo dalla sua morte, riparare al mal fatto.

Si costituì un comitato per rendergli gli onori dovuti, furono stampati gli avvisi mortuari e l’epigrafe. Il caffè fu tramutato in camera mortuaria, alla cerimonia intervennero curiosi in gran numero, avventori habitué, e il comitato promotore. Dopo i discorsi di circostanza fu aperta fra i presenti una colletta che fruttò la somma di lire 140. Detratte le spese di addobbo, ne rimasero 100, che furono distribuite a cinque famiglie povere della parrocchia. (3)

(1) ConoscereVenezia

(2) Giuseppe Tassini. Curiosità Veneziane ovvero Origini delle denominazioni stradali di Venezia. (VENEZIA, Tipografia Grimaldo. 1872).

(3) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 1 dicembre 1925

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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