L’andata del doge alla Chiesa di Santa Marina per la festa per il recupero di Padova

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Edificio sorto sul luogo della Chiesa di Santa Marina. Sestiere di Castello

L’andata del doge alla Chiesa di Santa Marina per la festa per il recupero di Padova  

In Campo Santa Marina anticamente sorgeva una chiesa fabbricata dalla famiglia Balbi, e la cui facciata principale s’innalzava a levante del campo dove oggi, a ricordo, si vede un piccolo tabernacolo.

La cronaca di Andrea Dandolo narra, che da un monastero, poco lontano da Costantinopoli, un tale Giovanni De Bora, di antica famiglia veneziana, tolse nel 1231, seducendo con denaro i custodi, il corpo di Santa Marina, e recatolo a Venezia, venne deposto in questa chiesa che da allora fu chiamata dal nome di quella santa.

Accanto alla tomba sacra, e destra dell’altare maggiore, fu sepolo il 26 febbraio 1413 il doge Michele Steno, e sopra il sarcofago furono appese le chiavi della città di Padova presa per la prima volta dai veneziani nel 1405 sotto il suo dogado, e fin da allora considerata figlia prediletta della Repubblica. Ma un secolo dopo nello scatenarsi di quella famosa lega di Cambray, Padova fu presa dalle armi imperiali e la perdita sarebbe stata ben grave per la Serenissima su due valorosi non vi avessero subito posto rimedio. Andrea Gritti provveditore di campo, e Taddeo Volpe, capitano di una compagnia di cavalli, il 17 luglio 1509, giorno dedicato a Santa Marina, si disposero a recuperare la città, ed in quel giorno stesso, con abile assalto, s’impadronirono della piazza scacciandone le truppe imperiali.

Corse allora tra il popolo esultante la voce che Michele Steno avesse pregato la Santa di ritornargli Padova e la Santa glielo aveva promesso nel suo onomastico, e così fu, diceva il popolo, che la Repubblica in questo giorno decretava dover il Doge con il suo augusto corteo visitar ogni anno la Chiesa di Santa Marina per assistere alla Messa solenne.

I superbi “peatoni” dorati, messi con il solito sfarzo di tappeti, drappi, gonfaloni, approdavano nel canale che allora lambiva il campo a sinistra della chiesa e colà scendeva il Doge, i sei Consiglieri ducali ed i tre Capi della Quarantia criminale, seguiti dagli ambasciatori e dai Senatori, mentre nel campo echeggiavano a festa le trombe d’argento dei scudieri ducali. Quel giorno era giorno di festa per tutta la città, e nel Campo di Santa Marina alzavasi il gonfalone della Santa con il distico latino in lettere d’oro che volgarmente diceva: “Memori del tuo aiuto, a Marina santa, a te dobbiamo la città del troiano Antenore“.

Caduta la Repubblica la chiesa da parrocchiale divenne succursale e dopo qualche anno si chiuse: Santa Marina fu trasportata nella Chiesa di Santa Maria Formosa dove oggi riposa nel primo altare a sinistra di chi entra per la porta maggiore; Michele Steno fu accolto nel tempio dei Santi Giovanni e Paolo, e le famose chiavi di Padova furono infisse nel muro del peristillo del Seminario Patriarcale. La chiesa, non più chiesa, divenne poco dopo un deposito di vini, con vendita al minuto, due anni dopo fu demolita. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 2 aprile 1924

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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