“I luni di Santa Marta”, le sagre dei lunedì di Santa Marta

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Pietro Fragiacomo. Alle Zattere (La Sagra di Santa Marta, foto dalla rete).

“I luni di Santa Marta”, le sagre dei lunedì di Santa Marta

Agosto e settembre erano nel Settecento i due mesi preferiti dal popolo per le sagre veneziane: Santa Marta cadeva il 29 luglio ma le feste continuavano nei quattro lunedì successivi chiamati “i luni di santa Marta“.

Vuole la tradizione che nei vecchi tempi alla fine di luglio e ai primi di agosto parecchie barchette salpassero da “l’arzere di santa Marta” per la pesca della sogliola, detta volgarmente “sfogio“, che in quel tratto di laguna, tra “l’arzere e la ponta dei Lovi” cresceva rigogliosa e squisita.

Verso il tramonto i pescatori ritornavano a Santa Marta e accesi dei fuocherelli lungo la spiaggia, che correva parallela tra la chiesa e la laguna, cuocevano il pesce appena tratto dall’acqua e parte lo mangiavano essi e parte lo vendevano con discreto guadagno.

Una seconda tradizione invece narra che la festa di Santa Marta fosse istituita a ricordo del banchetto dato dalla santa a Gesù Cristo e difatti, nota il Cicogna, la sagra nostra aveva per scopo principale i banchetti e le cene; ma entrambe le ipotesi non danno la certezza ancora oggi non si sa precisamente le origini di questa festa che si rinnovava per quattro lunedì consecutivi.

Era una sagra celebre: il popolo affollava “l’arzere” di Santa Marta, dov’erano baracche di venditori ambulanti, cucine improvvisate, e suonavano musiche, e salivano fumi di ogni odore, e dovunque un’allegria sana, un vociare festoso, un’amabile cordialità correva tra la folla. E intorno alle botteghine provvisorie di “sfogi” fritti, conditi con una salsa speciale composta di cipolle, di aceto, olio, uva, finocchi e un po’ di zucchero che si chiamava “saor“, si raccoglieva il popolo e i cittadini seduti sulle panche dinanzi a rustiche tavole illuminate con piccole lanterne che diffondavano un chiarore scialbo rendendo la festa più intima quasi famigliare.

Nella laguna invece davanti “l’arzere” si cullavano “tartane” peschereccie, battelli, gondole, barche, “peote” e tutte spledidamente rischiarate da palloncini colorati, raggruppati a festoni, a ciocche, a pendoni sulle tavole riccamente imbandite di vivante e di vini generosi. Tutta la notte musiche, canti e balli, e la festa si ripeteva per ben quattro lunedì con lo stesso concorso di popolo, con la stessa allegria, con l’identico entusiasmo, con la stessa allegria, con l’identico entusiasmo, con la medesima festosità bonaria delle feste veneziane.

In quelle notti nella vasta contrada di San Marta non si vedeva nè un fante dei Signori di Notte, né uno sbirro; la contrada era sotto sorveglianza degli stessi abitanti che si facevano mallevadori presso il Consiglio dei Dieci della tranquillità e della quiete, e difatti le sagre dedicate alla santa che ospitò Gesù Cristo non conobbero mai nessun fatto di sangue, nessuna rissa feroce. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 1 settembre 1932

FOTO: dalla rete. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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