Famiglia Valier (o Valiero)
Valiero. Dalla famiglia romana Valeria trasse l’origine quella Valiero veneziana, siccome affermano parecchi scrittori, tra i quali lo Zubarella, nella sua opera Gli Valerii; Giulio dal Pozzo, nel Valeriae gentis elogium; Pier Giustiniano, nella Historia Venetiana ; Domenico Longo, nella sua Soteria. Da Roma quindi, per le dissenzioni di Mario e Silla, passarono i Valerii ad abitar Padova e la Venezia terrestre, fino a che, per le irruzioni dei barbari, fuggiti da colà, vennero, nel 423, a por stanza nelle isolette della Laguna, sotto la condotta di Lucio Massimo delli Valerii. Cessate però quelle correrie funeste, ritornarono i Valeri a Padova, e questa restaurarono: ma irrompendo Attila nell’italiane Provincie, ripassarono novellamente, nel 453, nelle isolette della Laguna, ove fissarono da quel punto il lor soggiorno, mutando poi, coll’andare degli anni, il cognome, per semplice trasposizione di lettere, da Valerii in Valieri. Quindi sostennero il tribunato, ed uscirono dal seno loro infiniti uomini illustri in ogni facoltà, delle azioni dei quali è fatta ricordazione onorata nelle istorie.
A segno della imperiale discendenza romana porta questa famiglia, nell’unico usato suo scudo, l’aquila coronata, in campo diviso d’oro e di vermiglio, dei colori contrapposti, e per cimiero un’altra aquila nera.
Il doge Bertuccio Valiero nacque da Silvestro q. Bertuccio, nel 1596. Incominciò la carriera delle magistrature fino dal 1621, in cui lo troviamo savio agli ordini; poi camerlengo di comune; capitano a Bergamo; savio di Terraferma, e, nel 1629, commissario delle milizie venete nella Valtellina. Fu indi censore, capo del consiglio dei X; ambasciatore straordinario al gran duca di Toscana; e nel 1633, al cardinale infante, fratello del re cattolico, che era venuto a Milano; nella quale occasione usò tale pomposa magnificenza da lasciarne per lungo tempo memoria. L’anno stesso fu eletto savio grande e consigliere, la qual carica fu da lui più volte sostenuta. Nel 1642, fu provveditore e commissario all’esercito appo il gran duca di Toscana, nella guerra contro li Barberini; e nel 1644 si recò ambasciatore d’obbedienza ad Innocenzo X, nella sua esaltazione al pontificato, dal quale gerarca fu creato cavaliere. Negli anni 1645 e 1650 fu riformatore dello studio di Padova, indi generale a Palma; provveditore straordinario nel Friuli; e, nel 1655, ambasciatore a papa Alessandro VII, per il suo avvenimento al trono. Fu eletto in seguito podestà di Brescia, ma venne dispensato, ed in quella vece venne nominato provveditore di Terraferma. Fu savio del consiglio, e concorse due volte al principato, finché, morto Francesco Cornaro, fu esultato a quell’onore supremo. Narra il Palazzi, che a motivo di aver perorato il Valiero con molto calore in Senato sull’argomento di proseguire la guerra col Turco, cadde malato di pleurisia, da cui mori in età d’anni 62. Nell’atto che ricevette il santissimo Viatico, fervorosamente pregò il cielo, affinché concedesse vittoria e pace alla cara sua patria.
Il doge Silvestro Valiero nacque nel 1630 da Bertuccio, e non appena indossata la toga patrizia, travagliata la patria dalla dispendiosa guerra col Turco, in seguito alla parte presa dal Maggior Consiglio il 26 luglio 1649, verso lo esborso di 25.000 ducati, fu creato procurator di San Marco de supra. Nel 1666, fu mandato ambasciatore straordinario a Margherita infanta di Spagna, moglie di Leopoldo I imperatore, in occasione che passava per gli Stati Veneti, dalla quale, a nome di Cesare e del re Cattolico, fu creato cavaliere. In quella occorrenza, Silvestro, emulò la splendidezza e generosità del padre suo, quando incontrò il cardinale Infante. Salito al trono pontificale Clemente X, nel 1670, fu mondato il Valiero ambasciatore d’obbedienza a Roma. Rimpatriato, coperse la magistratura di riformatore dello studio di Padova, e per decreto del Senato, 5 gennaio 1678, fu eletto bibliotecario di San Marco, in luogo del defunto cavaliere Giovanni Battista Nani; carica che persolse con grande zelo e attività, ponendo norma e regola alla pubblica biblioteca, e massime in riguardo alla custodia dei codici preziosi del Bessarione. Sostenne questo uffizio fino al suo esaltamento al trono ducale, consegnando il dì primo giugno 1694, la biblioteca al suo successore Francesco Cornaro, procurator di San Marco. Durante questo tempo, cioè nel 1689, fu nuovamente spedito a Roma ambasciatore straordinario, per gratulare Alessandro Vili, nella sua assunzione al solio pontificale. Finalmente, come più sopra dicemmo, veniva eletto doge il 25 febbraio 1694, morendo dopo circa sei anni di principato. Dalla moglie Elisabetta, figlia di Paolo Quirini Stampalia, procurator di San Marco, non ebbe figliuoli, sicché in lui si estinse il ramo di sua famiglia, che abitava in Cannaregio, redando l’avere l’altro ramo della casa stessa che abitava a San Maurizio. Silvestro fu giusto, prudente, magnanimo, di spiriti veracemente reali. Zelator di religione, ebbe in cuore la patria, fu misericordioso verso i poverelli; in una parola, nacque e visse da vero ed ottimo principe. Nel suo testamento, scritto il 20 ottobre 1696, edito col suo ritratto, beneficò i congiunti e gli amici, lasciò molto oro a vantaggio di monasteri ed ospitali; instituì mansionarie nella capitola e fuori; legò una collana di preziose margherite alla Vergine del Rosario, verso la quale nutrì particolare devozione; assegnò 46.000 ducati per maritar povere donzelle, e 50.000 ne lasciò alla Repubblica. Queste ed altre beneficenze e le sue grandi virtù raccolse il p. Silvestro Rovere, monaco cassinese, nella vita di diffusa che di luì ne dettò, pubblicata nel 1601 in Venezia dal Bortoli. (1)
(1) Il Palazzo Ducale di Venezia Volume IV. Francesco Zanotto. Venezia MDCCCLXI
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[…] legame con la nobiltà veneziana. Pare, infatti, che il nome derivi dall’antica famiglia Valier, proprietaria di vaste campagne in Polesine. L’abitato sorse nel XVII secolo per dare corso […]