Lo Studio di Padova e i suoi studenti

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Il Palazzo del Bò. Padova

Lo Studio di Padova e i suoi studenti

Un forte nucleo di scolari della celebre scuola di diritto di Bologna, per sottrasi nel 1222 a certe gelose imposizioni del Comune bolognese, venne alle scuole private di Padova, traendo con se anche parecchi maestri. Sorse in tal modo ufficialmente l’Università patavina, che ebbe rapido e floridissimo sviluppo.

Gli scolari, si portavano volentieri agli studi di questa città dove insegnavano reputati maestri, e si godevan ottimi privilegi, buone condizioni di vita, esenzione più completa di imposte, maggior mitezza di viveri, più decorosi alloggi, ecc. ecc. Fu un occorrere di studenti di ogni Nazione!

Quando algi inizi del secolo XV Padova si diede alla Repubblica Veneta, fra i patti della dedizione vi fu che questa conservasse inalterato lo studio con i suoi privilegi, Statuti e consuetudini.

E Venezia, dice il Manfroni, ben comprendendo l’utilità e il decoro che le venivano dallo Studio Patavino, si adoperò ad accrescerne lo splendore, chiudendo le alte Università del Dominio e vietando ai suoi sudditi di frequentare altre sedi di studio. Quanto poi ai privilegi di cui godevano gli scolari, e non erano pochi né di poco momento, con una sua abilissima politica, mantenne ed accrebbe quelli che non potevano nuocerle, e insensibilmente, ma continuovamente, venne limitando quelli che inceppavano la sua libertà d’azione.

L’Università, dapprima sparsa in vari edifici e in case private, venne sulla fine del secolo suddetto raccolta nell’antico Albergo del Bò, trasfomato da stalla in sontuoso edificio.

Se volgiamo uno sguardo alla scolaresca del XVI e XVII secolo restiamo sbalorditi dal mirabile spettacolo che presenta: Figli di sovrani, principi, gran signori, feudali d’ogni nazione convengono a Padova con i pedagoghi, coi servi, coi cavalli, e menano vita festosa, in tonei, banchetti, spettacoli svariati; e accanto a costoro, ecco i figli dei borghesi che vivono … alla giornata ed altri di più misera condizione che vengono mantenuti da speciali istituzioni di beneficenza.

Troviamo qui raccolti Tedeschi, Danesi, Svedesi, Polacchi, Boemi, Ungheresi, Inglesi, Spagnoli, Provenzali, Francesi, Veneti (che per legge non potevano frequentare altra Università) e italiani. Ultimi ma non meno organizzati, numerosi ebrei sostenuti con i ricchi sussidi del Ghetto. Una confusione babelica di idomi, un fermentar di passioni, una sfrenatezza di caratteri esuberanti, fatti più audaci dalla protezione dello Studio, dai privilegi di casta, di nazionalità, di censo!

La classe degli studenti fu sempre turbolenta, ma non tanto come in quei tempi dissoluti. Brigate di notambuli armati percorrevano spesso le strade di Padova, bastonando e oltraggiando uomini e donne che si attardavano per strada.

Nei primi giorni dell’anno scolastico, il matricolino che voleva varvar la soglia dell’Università, doveva sborsare, quale pedaggio ai colleghi più anziani, sei, otto e perfino dieci scudi. Chi vi si rifiutava, era privato del “ferarolo” (mantello) quando non era lasciato in camicia, o bastonato di santa ragione.

Le zuffe erano all’ordine del giorno, persino durante le lezioni e frequentemente con spargimento di sangue, poiché gli studenti, malgrado ogni proibizione, continuavano a portare armi di ogni specie.

Il 27 novembre del 1616 successe una zuffa sanguinosa tra Veronesi e Vicentini, e il 14 marzo 1626 tra Veronesi e Bresciani. Una lapide murata nell’Università ricorda che nel 1657 lo studente Giambattista Tonesio assassinò il dott. Guido Antonio Albanese, lettor pubblico nell’Università. Il 6, 7, 8 marzo 1678 la città messa in grave subbuglio per colpa degli studenti che divisi in fazioni, a seconda della loro nazionalità, si combattevano con le armi da fuoco, costringendo gli abitanti a starsene chiusi in casa. Nel 1777, in seguito ai reclami della cittadinanza per le continue molestie e violenze della scolaresca, il Consiglio dei Dieci ordinava, per via d’esempio, l’arresto di tre studenti che vennero condotti di notte in carrozza, circondati da settanta sbirri, alle porte Contarine, e di là in prigione a San Nicolò del Lido. Ma pochi giorni dopo erano rimessi in libertà per calmare le ire dell’Università che si era ribellata a simile arbitrio!. Nella vigilia del Natale 1784 nove studenti fecero un tale chiasso in Cattedrale da far scappare spaventati pubblico e sacerdoti. <processati, otto di essi furono assolti per mancanza di dolo; solo il nono, ritenuto più colpevole di tutti, fu posto al bando dal territorio della Repubblica.

Gli scolari di adesso possono davvero considerarsi tanti agnellini, in confronto a quelli del passato che si divertivano a tira archibugiate e colpi di spada, a violentar pulzelle, a ingiuriar cittadini, a martoriare ebrei, ad asportare oggetti dai negozi senza sborsare il prezzo dovuto, sdebitandosi magari con busse e pedate all’indirizzo del gabbato venditore. (1)

(1) ATI’. IL GAZZETTINO, 10 novembre 1934.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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