La Scuola Popolare a Venezia

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Giovanni Grevembroch. Gli abiti de Veneziani di quasi ogni età con diligenza raccolti e dipinti nel secolo XVIII. Maestro di Sestiere

La scuola Popolare a Venezia

La Repubblica di Venezia abbandonò sempre l’istruzione popolare nelle mani del clero. Ogni sestiere aveva le sue scuole maschili e femminili sorvegliate dai rispettivi parroci che spesso facevano anche da precettori; in esse insegnavasi il leggere, lo scrivere e il far di conto. Fondatore di tali benefici istituti fu il patriarca Antonio Contarini nel XVI secolo.

Non esisteva obbligo alcuno di frequentare dette scuole, che però erano aperte a tutti coloro i quali avessero voluto approfittarne.

Oltre a tali istituti parrocchiali di educazione, esistevano in Venezia, specie negli ultimi anni della Repubblica, scuole pubbliche e private di diverso tipo, in prevalenza fondate e tenute da sacerdoti. Conosciamo quelle dei Domenicani Osservanti alle Zattere, degli Agostiniani a Santo Stefano, dei Conventuali ai Frari, dei Somaschi alla Salute.

Dice il padre Zanon dei Cavanis. Fino al 1773 avevano tenuto in Venezia scuole celebratissime i Gesuiti che vi insegnavano Umanità, Rettorica, Filosofia, Teologia, Dogmatica ed Eloquanza Sacra. Erano frequentate da molti alunni e contavano ottimi insegnanti.

Due seminari erano specialmente destinati alla formazione dei giovani agli studi sacri. L’uno, Seminario Ducale per i chierici dipendenti dal Primicerio di San Marco ed anche per i giovani secolari, durò fino al 1807; l’altro, sotto il nome di Seminario Patriarcale, aveva allora la sua sede nell’Antica Abbazia di San Cipriano in Murano. Ambedue erano tenuti dai Chierici Regolari Somaschi.

Per i patrizi decaduti vi era l’Accademia dei Nobili alla Giudecca; per la Marina la Scuola dell’Arsenale, e un’altra di Nautica sulla Riva degli Schiavoni.

Nello studio di Padova si erano infine riunite le facoltà di Giurisprudenza, Medicina e Teologia che un tempo si trovavano dissemiante, senza stato giuridico vero e proprio, nelle capitale.

Tutti questi istituti, ad onta dei difetti dei tempi, godevano il beneficio della libertà dell’insegnamento.

Subito dopo la soppressione della Compagnia di Gesù, nello stesso locale già ad essa appartenente, furono istituite per decreto del Senato delle nuove scuole pubbliche, con un corso di otto classi che conducevano l’alunno dalle prime cognizioni della grammatica fino allo studio della Teologia dogmatica e morale. Anima di questa riforma fu il conte Gaspare Gozzi.

Il senato riformò pure in questa epoca le Scuole dei Sestieri e ne fondò altre due per i chierici che non potevano essere ammessi nei due seminari sopra indicati.

Alla caduta della Repubblica, nel maggio fatale del 1797, il Governo Provvisorio Rivoluzionario si affrettò ad accusare di ignoranza i maestri dei Sestieri (e ve ne erano di assai benemeriti!) e a chiudere le scuole del popolo con il pretesto che erano un nuovo aggravio per le finanze della Patria. “Se i Parroci vogliono educare la gioventù (diceva presso a poco un decreto) lo faciano essi a loro spese; ma il Governo non può occuparsene“. Fu così che il Governo democratico rivoluzionario, per amor del popolo, abolì le scuole dei poveri, e mantenne quelle dei ricchi.

Solo più tardi, con il trionfo di Napoleone sul caos democratico, l’istituzione popolare salì a nuova floridezza. Ogni comune del Veneto ebbe la propria scuola, mantenuta con i bilanci muncipali, dove si insegnavano gli elementi del leggere, dello scrivere, l’aritmetica, la lingua italiana e la latina.

I fanciulli vi venivano iscritti dai 6 ai 12 anni e nessuna classe poteva avere più di cinquanta alunni. Il corso elementare era di due anni nei comuni minori; di tre in quelli maggiori. I libri di testo venivano determinati dal governo e nessun maestro poteva cambiarli a suo capriccio.

Napoleone a Venezia non trovò difficoltà alcuna per dare all’istruzione l’impulso richiesto dai tempi; mentre in altri luoghi, desolati da secoli di sciavitù e di profonda ignoranza, i popoli fiaccamente rispondevano alla sua azione riformatrice. (1)

(1) ATI’. IL GAZZETTINO, 1 dicembre 1934.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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