La Cleopatra di Giovanni Grimani e di Federico Contarini

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Cleopatra, o la riproduzione di una Musa di Filisco da Rodi. Museo Archeologico

La Cleopatra di Giovanni Grimani e di Federico Contarini

A Venezia, nel Cinquecento, molti erano i patrizi che possedevano ricche collezioni si “anticaglie“, sculture, bronzi, medaglie d’arte antica, formate in gran parte con il materiale dissotterrato nella Grecia, nelle isole dell’Egeo, nelle colonie veneziane d’Oriente e recate in patria nelle galere di San Marco. E così in parecchi palazzi si mostrava con orgoglio dai vecchi patrizi lo “studio d’anticaglie“, un sito ampio e pieno di luce che raccoglieva artisticamente disposte le bellezze antiche e singolari per vetustà, per fattura, per storici ricordi.

Molto lodati erano gli studi di Andrea Loredan, Gabrielle Vendramin, Leonardo Mocenigo, Giovanni Gritti e Domenico Duodo, ma due sopra tutti eccellevano, quello del cardinale Giovanni Grimani, patriarca d’Aquileia, e quello di Federico Contarini, procuratore di San Marco.

Nello studio del Grimani, specialmente nella celebre stanza delle medaglie e delle gioie antiche, stette quasi tutto un giorno Enrico III, buon intenditore di numismatica, nella sua visita a Venezia nel 1574 e nello stesso anno Alfonso, duca di Ferrara, accompagnato da Torquato Tasso, visitò ed ammirò quello del Contarini, famoso per le sue statue greche e romane. Il patrizio Contarini, nella sua qualità di procuratore, abitava in Piazza San Marco nelle Procuratie Nuove, presso il quinto arco dall’angolo della Biblioteca sansoviniana, e nel cortile quadrato all’uso romano, fra le statue degli imperatori di Roma Ottaviano, Claudio, Traiano, Caracalla, Nerone e molti altri, figurava una mezza statua bellissima “dall’umbelico in su” della regina Cleopatra, mentre il cardinale Grimani nel suo palazzo a Santa Maria Formosa, era proprietario dell’altra mezza “dall’umbelico in giù“.

Le due parti della statua, bella fattura di scuola romana, erano state trasportate da Atene a Venezia in due epoche diverse: l’una acquistata da sier Benedetto Contarini padre di Federico, l’altra dal cardinale Domenico Grimani, insigne figura di umanista e di teologo, zio di Giovanni.

Fra il procuratore di San Marco e il patriarca d’Aquileia erano corse trattative per completare la statua: il Contarini voleva comperare la parte in proprietà del patriarca, questi rifiutava proponendo a sua volta somma doppia per l’acquisizione della mezza statua posseduta dal Contarini. Dinanzi ai fatti tramontò qualunque accordo poiché ambedue i patrizi conclusero “di non voler vendere la mezza Clepatra neanco per tanti ducati quanti pesava il marmo“.

A questa singolare contesa molti patrizi cercarono una conciliazione tra i due proprietari che per la bella Cleopatra erano quasi diventati nemici, quando lo stesso doge Nicolò da Ponte, nell’agosto del 1578, chiamò i contedenti e propose un accomodamento. “Il pezzo dall’umbelico in su fusse dato al Grimani con patto che lo potesse godere tutto il tempo di sua vita, ma dopo la sua morte ambidue i pezzi fussero dati al Contarini o allo erede qual ne fosse il padrone“.

La proposta venne accettata e nel 1593 con la morte del cardinale Giovanni Grimani l’intera statua passò in proprietà di Federico Contarini il quale nel suo testamento la donò alla Repubblica con altre antiche sculture.

Oggi la bella Cleopatra, che da moderni studi risulta invece essere la riproduzione di una Musa di Filisco da Rodi, si trova nel nostro Museo Marciano nella sala dello “Sculture di arte pergamena“. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 20 maggio 1928

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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