Chiesa e Monastero di San Ludovico (Aloisio) di Tolosa vulgo Sant’Alvise

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Chiesa di Sant'Alvise - Cannaregio

Chiesa di San Ludovico (Aloisio) di Tolosa vulgo Sant’Alvise. Monastero di monache Agostiniane

Storia della chiesa e del monastero

Una mirabile apparizione del Santo Vescovo di Tolosa Lodovico, fatta nell’anno 1388 fu cagione che si fabbricasse in Venezia una chiesa, ed un monastero sotto la di lui invocazione. Viveva in quei tempi nella stessa città una nobile matrona di nome Antonia Veniera, la quale da qualche tempo priva di marito non si applicava nella sua vedovanza che ad acquistare le virtù, e ritirata nella sua casa passava i suoi giorni in orazione, ed in esercizi d’opere buone.

Mentre dunque nella notte precedente la solennità del Dottor Massimo San Girolamo si applicava con maggior fervore alla meditazione delle cose celesti, sorpresa dal sonno, le parve di vedersi quasi condotta a mano in un luogo preciso della città ampio, ed incolto, e da un giovane di nobile aspetto vestito in abito lungo e grigio udì dirsi: Antonia, il sito che tu vedi, deve essere da te acquistato per fabbricarvi sopra una chiesa, ed un monastero sotto l’invocazione del mio nome. Dubitando però quantunque oppressa dal sonno la prudente donna della verità di tale visione sentì replicarsi: Antonia, comprato che avrai, quanto prima sia possibile, questo campo, in esso vi fabbricherai un chiostro di devote vergini, e lo dedicherai al mio nome. Io sono Lodovico già Vescovo di Tolosa, quale avendo per amore di Gesù Cristo conculcate tutte le caduche grandezze del secolo, ora sono coronato di un diadema d’ immortale gloria da Dio, il quale vuole, che la memoria del mio nome, come in altre città, così risplenda gloriosa anche in Venezia.

Svegliata che fu la pia matrona andò seco stessa riflettendo al misterioso sogno, e dubbiosa dell’esito per aver con recente legge il Senato vietata l’istituzione di nuovi monasteri, mentre tanti dei vecchi andavano in rovina, credette di essere incapace per tanta impresa. Mentre dunque tra la speranza, e il timore si stava essa inoperosa, le apparve in visione nuovamente il Santo Vescovo, e addittandole il luogo destinato alla fabbrica, le mostrò anche un marmo quadro di colore cenericcio, che teneva in mano, e soggiunse: Procura che sopra questa pietra sia fabbricata la chiesa. Lo Interrogò allora Antonia dove fosse il disegnato luogo, e replicò il santo, ivi esser ove abitavano lavoratori di corde. Dalla replicata ammirabile apparizione si rese certa la buona donna del Divino volere. Che però postasi a ricercare nei più nascosti luoghi della città, finalmente rinvenne un sito esteso, e paludoso, ove si lavoravano corde per strumenti musicali, ed a prima visa lo riconobbe per il sito additatole dal Santo Vescovo. Si portò dopo ciò a partecipare a Leonardo Pisani, sacerdote egualmente nobile che pio, le visioni avute, ed il luogo riconosciuto, e confortata da esso all’adempimento dei Divini voleri, si presentò al Doge Antonio Veniero a lei stretto di parentela, ed esposto il suo desiderio ne implorò la protezione. Quantunque però facesse il buon Principe ogni sforzo per renderla consolata, opponendosi all’ideato disegno la fermezza dei pubblici consigli del Senato, convenne dilazionarne l’adempimento. Apparve frattanto per la terza volta San Lodovico all’angustiata vedova, ed esortandola a riporre in Dio la sua confidenza l’assicurò del felice esito di sua intrapresa; il che secondo il vaticinio del Santo poco dopo seguì.

Ottenuto dunque il rescritto della pubblica permissione, fece compera del sito, in cui mentre si stava scavando per la nuova chiesa le fondamenta si ritrovò quello stesso marmo cenericcio, e quadro veduto già dalla fondatrice in mano del Santo, e destinato base fondamentale dell’opera. Questo dunque fu benedetto solennemente, e posto per prima pietra della fabbrica. Mentre ciò si eseguiva uscì improvvisamente dai fondamenti un ammirabile splendore, in mezzo di cui apparve un uomo venerando, il quale dopo aver col grave suo aspetto ricreati per qualche tempo gli spettatori devoti disparve. Consumati però avendo nell’erezione della chiesa la pia vedova pressoché tutti i suoi averi, fabbricò poi in ristretta e povera forma il contiguo monastero di sole tavole, ed entrò in esso con alcune compagne per professarvi la regola di Sant’Agostino.

Mentre dunque nell’anguste abitazioni la nuova comunità serviva a Dio in austerità di vita, ed in continuo studio d’orazione, volle Dio provare la costanza della sua serva, permettendo, che per lungo tempo niuna più ricercasse d’essere ricevuta nel monastero; onde si temeva, che dovesse aver il suo fine poco discosto dai suoi principi. Accrebbe perciò la buona fondatrice nelle sue angustie il fervore di sue orazioni, e meritò d’ottenere per suo conforto una nuova visita del Santo Vescovo Titolare, il quale nuovamente apparendole; Orsù, le disse, confida in Dio, e consolati, perché dopo che sarai passata a più felice vita, verranno da quei monti (e mostrandole i monti vicini a Serravalle) Donne di santa conversazione, per il merito e santità delle quali moltiplicato il numero del convento, si accrescerà anche nei tempi avvenire in odore di soavità. L’esito comprovò la verità del celeste vaticinio. Poiché essendo mossa nell’anno 1411 da Lodovico Re d’Ungheria asprissima guerra contro la Repubblica di Venezia, alcune Monache del Convento di Serravalle essendo per la maggiore parte Veneziane di nascita, per timore dei militari insulti si rifugiarono in Venezia, ed offerta loro dai Procuratori del Monastero di San Lodovico la povera abitazione di quel chiostro, ivi fissarono la loro permanenza. Entrate dunque in esso vi ritrovarono due sole monache di avanzata età, state già compagne della defunta fondatrice, e tante celle vuote, quante appunto corrispondevano al numero delle religiose raminghe. Una così ammirabile disposizione, di cose era stata prima rivelata ad una virtuosa suora del Monastero di Serravalle, alla quale nei primi principi di quella guerra, mentre oppressa da grave infermità era vicina a spirare, e si rammaricarono in quegli estremi del grave pericolo delle sue religiose sorelle apparve il Santo di lei Padre Agostino, e dolcemente confortandola le dimostrò il giovane Vescovo Lodovico a lui vicino, e soggiunse: confortati figlia, il monastero di questo nostro fratello ti attende in Venezia per accoglierti. Dopo tali parole parve all’inferma monaca; che il santo con faccia ilare la ricevesse sotto la sua protezione, e la conducesse in una celletta di legno dentro un angusto monastero. Riebbe ella dopo questa celeste visione la sua salute, e ricoveratasi con le sue compagne in Venezia tale appunto ritrovò la cella assegnatale, quale dal Santo le era stata mirabilmente dimostrata.

Aumentatosi poi nel monastero già dilatato con nuove fabbriche il numero di esemplari religiose, il Santo Vescovo di Castello Lorenzo Giustiniani ottenne nell’anno 1436 a favore di esse dal Pontefice Eugenio IV plenarie indulgenze con facoltà di potersi eleggere un confessore, cui nel caso di morte fosse concesso assolverle non solo dalle colpe, ma dalla pena ancora per qualunque colpa ad esse dovuta, privilegio che in quei tempi rare volte soleva concedersi.

La Chiesa, in cui si solennizza l’annua memoria di sua consacrazione nel giorno 5 di aprile, fu in diversi tempi arricchita di molte, e riguardevoli sacre reliquie, fra le quali sono le più venerabili due sacre Spine della Corona del nostro Redentore, ed in esse tuttavia appariscono i contrassegni di quel prezioso sangue, che le consacrò; conservandosi anche l’antica tradizione fra le monache, che si siano più d’una volta nel Venerdì Santo vedute rosseggiare di vivo sangue.

L’ altre Reliquie, che decentemente custodite si conservano agli altari di questa chiesa, tradotte per la maggior parte da Costantinopoli, e donate nell’ anno 1456 da un veneto mercante chiamato Niccolò Carpentario, sono le seguenti; parte del corpo incorrotto di un San Basilio stato già (come si rileva da un documento Greco) Vescovo nella Natolia, e morto nell’anno 917; un osso del braccio di Sant’Anna Madre della Santissima Vergine; un osso intero di una coscia di San Gregorio Nazianzeno; due coste di Santa Maria Cleofe; alcuni frammenti di Santa Teodosia Vergine e Martire, e di altri molti insigni Santi, ed il corpo di San Felice Martire , il quale dalle Cristiane Catacombe di Roma fu portato a questa chiesa. (1)

Visita della chiesa (1839)

Ad una sola navata è questa chiesa, e chi vi entra trova alla destra una buona copia della cena in casa del Fariseo di Paolo Veronese, alla quale segue un pezzo del quadro con cui nella facciata della chiesa di San Marco si eseguirono i due mosaici dell’inganno fatto ai Saraceni per trasportare il corpo di San Marco e del trasporto di quel corpo a Venezia. Bello però si troverà poi il quadro esprimente San Lodovico consacrato vescovo e dipinta da un allievo di Paolo. La disposizione delle figure, una certa verità, un avanti indietro colto opportunamente, il debbono far considerare in mezzo a molte scorrezioni nel disegno.

Al magnifico altare del santo titolare succede una cena di Nostro Signore; indi vengono due quadri di Giambattista Tiepolo, dei quali uno solo se ne è formato: l’uno esprime la Flagellazione, l’altro l’Incoronazione di spine. Si calcoli al magistero di entrambi; si veda con quali piccoli mezzi ottenesse buon effetto Tiepolo; quanto conoscesse egli l’espressione, quale arte arcana infine possedesse.

Passiamo ora nel coro per osservare, nel quadro al lato destro, un’altra opera del Tiepolo, un altro incantesimo per chi sa apprezzare la scienza. Esprime Cristo che porta la croce sul Calvario. Boccone al suolo è già il Nazareno; a piramidare il quadro si vedono due cavalieri strascinare Gesù, mentre astanti indifferenti si scorgono al di dietro, ed un masso alpestre far campo a tutte queste figure, e lasciare tenere leggere e particolarizzate le altre che sono più da lungo nel lato sinistro. Tra esse osservi i rei cenciosi destinati al supplizio stesso del santo, dell’impolluto: contrapposto vivissimo che rabbrividisce! Peccato che sia negletto così bel dipinto! Gli sta di riscontro al lato sinistro altro quadro di Angelo Trevisan con Cristo catturato nell’orto. Nobili pensieri in esso pur sono; ma è troppo patito.

Scendendo dal maggior altare, intorno al pulpito, si scorgono le migliori cose della scuola di Bonifacio: l’Annunziata superiormente, ed i Santi Lodovico ed Agostino ai due lati. Niente più vuol in questa chiesa essere osservato. (2)

Eventi più recenti

Con il decreto napoleonico del 1810 la chiesa e il monastero passarono al Demanio e le monache vennero espulse. In seguito alla demolizione del monastero di Santa Lucia per l’erigenda stazione ferroviaria (1847) Sant’Alvise fu dato alle Figlie della Carità Canossiane.

(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).

(2) ERMOLAO PAOLETTI. Il fiore di Venezia ossia i quadri, i monumenti, le vedute ed i costumi. (Tommaso Fontana editore. Venezia 1839).

 

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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