Famiglia Faliero

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Rio dei Santi Apostoli Cà Falier , 5645 (Cannaregio) - Stemma Faliero o Falier

Famiglia Faliero

Faliero. Vogliono alcuni genealogisti, sull’appoggio di quanto biascicano lo Zabarella e Giulio Dal Pozzo, nella sua Matilde, che la famiglia Faliero avesse comune l’origine colla famiglia Anafesta ed Antenorea, vale a dire, che discendesse dal sangue troiano, fondasse Padova e propagasse la gente Asconia romana: cose tutte, come ben si vede, cavate dalla fantasia di quegli scrittori bizzarri.

Dall’altra parte, Pier Antonio Motti, nel suo Mavors, deduce li Falieri dalli Falerii romani, usciti forse, come egli dice, dalla città di Faleria, ora appellata Montefiascone, già capitale dei popoli falisci. Il Malfatti ed alcune cronache antiche, riferiscono, in quella vece, che dalla città di Fano si trasferisce in Venezia, col cognome però di Anastasii. Altre cronache ancora variano, originando la famiglia in parola da Fermo; ma trovandosi stanziata a Padova prima di giungere sulle lagune, secondo ne dicono l’Orsato, nella sua Storia di Padova, ed il Frescot, nei suoi Pregi della Nobiltà Veneziana, ritenere conviene che da Padova appunto qui emigrasse nella persona di quell’Alberto Fallero, accennato siccome primo console alla edificazione di Rialto.

In qualunque modo sia la cosa, è però certo, che questa casa fu una delle prime dodici antiche, che formarono il corpo della nobiltà patrizia, e però soprannominata apostolica. Non diremo, come fu affermato anche, che dai Faliero provennero le altre famiglie dei Broccardi, Scapini e Brodenighi; e ciò, dice il Malfatti, sull’appoggio degli armeggi usati da quelle case, simile a quello dei Falieri. Il Sansovino poi ed il Crescenzio, vogliono ancora che da essi uscissero gli Ordelaffi, signori di Forlì, mentre il cognome Faledro, rilevato a ritroso, suona Ordelaf; testimoniando il Burchiellati, nell’Istoria Tarvisina, che la casa Ordelaffo fu piantata nella stessa città di Porlì da Sinibaldo Ordelaffo, da altri appellato Faledro, nobile di Treviso, che colà passò nel 1257, fuggito dalla tirannia di Alberico da Romano; e quindi, il nipote di lui, non pure appellato Sinibaldo Ordelaffo, per concessione dell’imperatore Lodovico V il Bavero, fu signore di Forlì stessa.

Edificarono del proprio i Faliero in Venezia le chiese di San Vitale e di San Benedetto.

Innalza questa casa due scudi diversi, il primo diviso d’oro e di argento, col secondo quarto d’azzurro, ed è quello sottoposto al ritratto del nostro doge: il secondo ha aggiunta una fascia vermiglia, carica di tre gigli d’oro, che anticamente erano tre conchiglie.

Il doge Vitale Faliero ebbe a padre Angelo ed a madre Candiana, figlia di Vitale Sanudo; ed a figliuolo Ordelaffo, che vedremo poi doge; Angelo, creato il dì 10 agosto 1105 procuratore di San Marco, e fu il primo col titolo de Supra, morto nel 1031, e la memorata Enrica, tenuta al sacro fonte dall’imperatore Enrico. Sebbene molti cronacisti dicano avere ottenuto il Faliero anche il titolo di duca della Croazia, appoggiandosi al documento in seguito da noi citato, pure altri affermano con maggior fondamento averlo primamente goduto Ordelafo suo figlio. Ciò si conferma, non dal documento riportato dal Sansovino, come riferisce il compilatore della Storia documentata di Venezia, ma dalla sottoscrizione usata da Vitale, che il Sansovino ricorda questa sola: e più si conferma dal breve che si legge nel ritratto del doge Ordelafo, come vedremo, cosa quest’ultima non avvertita da alcuno.

Il doge Ordelafo Faliero, ebbe a padre il doge Vitale, e venne decorato, come esso, dalla corte di Costantinopoli del titolo di protosebaste. Condusse a moglie Matilde, principessa di Puglia, nipote di Riccardo re di Napoli, o, come altri la chiamano, Matilde d’Este. Furono suoi figliuoli, Vitale, che, nel 1119, venne spedito ambasciatore a Stefano II, re d’Ungheria, per conchiudere una tregua di cinque anni: e Bonifacio, monaco eremitano di Sant’Agostino, eletto vescovo costellano il di 17 dicembre 1120, morto nel 1133.

Il doge Marino Faliero, conte di Valmurino, nacque da Jacopo q. Ordelaffo. Fino dal 1312 lo troviamo fra gli elettori del doge Giovanni Soranzo. Negli anni 1329, 1338 e 1350 sostenne la podesteria di Padova; fu rettore di Serravalle nel 1336: e nel 1337, provveditore nelle guerre contro Mustino Della Scala. Era podestà a Trevigi nel 1339, quando, per il suo carattere violento ed impetuoso, percosse nel volto il vescovo di quella città, nel giorno del Corpus Domini, perché aveva alcun poco tardato a venire in processione; e, ad onta di ciò, lo troviamo un’altra volto ivi podestà nel 1346. Nel 1343, unitamente ad Andrea Cornaro, fu ambasciatore a Roma appo Clemente VI, e nel 1345 veniva eletto sopraintendente alla armata terrestre contro Zara ribelle. Lo troviamo quindi, nel 1350, ambasciatore a Genova, per ottenere la liberazione dei prigionieri ed il risarcimento dei danni inflitti alle navi veneziane commercianti. L’anno appresso lo troviamo fra i tre legati scelti al maneggio dallo guerra, e poscia l’anno seguente, 1352, spedito provveditore e legato nell’isola di Candia, affine di assicurare quel regno dagli assalti dei Genovesi, e, l’anno stesso, ambasciatore al re d’Ungheria, per trattare la pace. Fu anche mandato ambasciatore all’augusto Carlo IV, dal quale, nel marzo 1351, fu creato cavaliere essendo in Praga, e del quale, secondo il Cappellari, fu anco compare. Era finalmente in Avignone, siccome ambasciatore a papa Innocenzo VI, quando veniva assunto aldogado, come dicemmo. Ebbe due mogli; la prima, Andriana dei Doni dei Santi Apostoli, la seconda Lodovica Gradenigo (e non Tomasina Contarini, giusta il Barbaro ed il Coppellari), e fu padre di due figliuole, Lucia e Pinola. (1)

(1) Il Palazzo Ducale di Venezia Volume IV. Francesco Zanotto. Venezia MDCCCLXI

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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