La grande avventura del banchiere John Law

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Casimir Balthazarc. Ritratto di John Law. Museo della Compagnia delle Indie Orientali (foto dalla rete)

La grande avventura del banchiere John Law

Si tratta di un’avventura finanziaria, che fu a volta lucente come una chimera, grandiosa come una battaglia, triste come una sconfitta. E tutto questo avvenne, in un mondo dorato, al centro d’una società fastosa di pizzi, di tricorni gallonati, di spadini cesellati. Lezione dura, d’una grande importanza storica, in cui fiorì il paradosso e l’imprevisto intorno ad un uomo, che oggi ci pare insieme uomo di genio, truffatore sì e no, bizzarro sempre.

Quest’uomo moriva a Venezia nel 1729. Si chiamava Giovanni Law di Lauriston. Nato ad Edimburgo in Scozia, iniziò la sua gioventù audace con un duello, in cui uccise l’avversario. Chiuso nella torre di Londra, condannato a morte, abile, bello, fortunato, si salvò per l’intercessione d’una misteriosa principessa. Una notte, venne nella sua cella un ignoto, il quale lo guidò attraverso i labirinti del carcere, lo condusse al Tamigi e lo fece salire su di una nave dalle vele già gonfie di vento. Arrivò così in Olanda e prese a girare l’Europa, affascinando tutti con la sua eloquenza, portando in tasca i suoi progetti finanziari vasti come le sue speranze, destreggiandosi in speculazioni finanziarie sempre fortunate; per mezzo di corrispondenti disseminati nelle principali città era avvertito di ogni oscillazione politica ed economica, traduceva i suoi calcoli in realtà, si arricchiva, si divertiva, e trovava anche il tempo di sposarsi. Sempre in carrozza, correva le strade del continente, ruminando i suoi pensieri di potenza.

A Venezia, dove un altro carnevale l’avrebbe visto morire, in mezzo ad un turbinio di colori, di maschere e di vita febbrile, che mal si accordava con i toni smorti e sommessi dalla laguna, Law offriva invano i suoi progetti al Senato. A Torino si sentiva rispondere dal buon senso ironico di Vittorio Amedeo II: “Non sono abbastanza ricco per farmi rovinare da voi…”. Ad Edimburgo, sua patria, venne scartato il suo sistema, ed a Genova il governo lo pregò, spaventato, di portare altrove quella sua fortuna, che nella città mediterranea gli aveva fatto guadagnare un milione. A Parigi Law entrò da trionfatore in una società convulsa. Morto Luigi XIV, la Reggenza dava il nome ad un periodo, nel quale tutti erano presi dal desiderio di liberarsi dal passato, dai vincoli, dai limiti. E per trionfare gli servì una sua invenzione, una piccola cosa oggi comune. Sicuro! Egli inventò i gettoni da gioco: ognuno di essi, appositamente coniato, valeva diciotto luigi e portava il suo nome. Espulso una prima volta dal luogotenente di polizia, tornò in Francia sette anni dopo ed impose con simpatica loquela i suoi progetti.

Diciamo la verità: le sue idee finanziarie erano giuste e nuove per i tempi. Egli diceva in sostanza che quello che contava era il credito, magnificava i biglietti di banca come fonte di prosperità per tutti, e da un salotto all’altro ripeteva con gentile sorriso alla damina che aveva amicizie a corte, ed al ministro che conveniva allettare: “Più c’è moneta, più c’è ricchezza; più c’è carta, più c’è moneta; quindi, più c’è carta e più c’è ricchezza”. Sistema semplice, ma chimericamente semplice. Law sbagliò, perchè esagerò quello che vi era di buono nei suoi piani.

Passiamo al secondo atto, l’atto della follia. Qui tutto è cinematografico e per coglierne qualche momento bisogna affrettarci. La Rue Quincamcoix, sede degli uffici della Compagnia di Occidente che Law aveva fondato per appoggiare la Banca Stato (che era riuscito a creare), era affollata giorno e notte e la si dovette chiudere la sera, perchè gli abitanti potessero dormire. Vi dilagava una moltitudine immensa: gentiluomini, prelati, avventurieri, dame, popolane. I proprietari di casa della via sfruttavano ogni buco disponibile a 50 lire al giorno (erano lire del settecento! ). Si costruirono per fino baracche sui tetti e si scavarono nicchie nei muri per accontentare tutti i sensali … Un gentiluomo ben noto faceva il mestiere di offrire la sua schiena come tavolino per la firma dei contratti ed un gobbo guadagnò in tal modo 150.000 lire

Gente prima miserabile accumulò ricchezze inaudite che la fece quasi impazzire. Uno di questi pescecani compra in blocco un negozio d’orefice per ornare la sua mensa d’incensieri. Un altro si fa dipingere sugli sportelli della carrozza lo stemma reale e viene imprigionato. Una merciaia, venuta a Parigi per caso, vendeva e comprava e si trovava in possesso di molti milioni… . Il cocchiere di Law si presenta al padrone con due uomini e dice: “Scegliete il mio successore; io prenderò l’altro al mio servizio …” . Insieme alla febbre ed all’oro dilagano la corruzione, la rapina, gli assassinii. Intanto, in provincia si mettevano all’asta i posti delle diligenze per chi voleva correre a Parigi!

Tutti disprezzano l’oro e l’argento e vogliono biglietti ed azioni. Cortigiani e ministri assediano Law per averne: gli forzano la porta di casa, entrano nelle sue stanze dalle finestre e dal camino, vestivono la livrea dei suoi domestici per avvicinarlo. Una gran dama fece rovesciare la propria carrozza dinnanzi al palazzo di Law ed al banchiere accorso donandò  azioni. Intanto Law, che dirigeva le finanze dello stato francese, ordinava delle utili, interessanti riforme in vari campi, ma incominciava a preoccuparsi del fallimento imminente. Difese il suo sistema con tenacia disperata, ma invano. Fece divulgare delle voci meravigliose sul territorio della Luisiana, che era stata affidata alla sua Compagnia. Si disse che si era scoperta una roccia di smeraldo, che vi funziona vano fabbriche con 12.000 operai, si pubblicavano carte topografiche di città, che non esistevano ed incisioni di paesaggi incantevoli ed imaginari.

Law fece compilare un’ordinanza, mediante la quale tutti i vagabondi dovevano venire inviati alla Luisiana per colonizzarla, mentre un gran numero di uomini e di donne, scelti nelle prigioni e frettolosamente sposati, partivano con loro. Naturalmente, i francesi onesti, che si trovavano nella colonia, dinnanzi a quell’invasione patibolare facevano fagotto ed abbandonavano la regione americana a queste brave persone …

Tutti volevano cambiare in oro quei biglietti che pochi mesi prima domandavano in ginocchio. Torme sparute di operai e turbe preoccupate di ricchi attendevano dinnanzi agli sportelli, soffocando i ritardatari, pestando i più deboli. Un giorno si raccolsero 12 morti e scoppiò una rivolta. Lo scozzese, assalito nella sua carrozza, da cui aveva più volte buttato l’oro a piene mani, tenne testa ai rivoltosi, gridando: “Siete delle canaglie! “. La folla tacque, stupita, inerte; incominciava l’apatia triste dopo la crisi. Il terzo atto del dramma fu terribile, rovinò migliaia di persone ed iniziò quella rovina economica, che portò alla Rivoluzione.

Law, e questo lo diciamo a suo onore, dopo il colossale fallimento abbandonò la Francia senza denaro, mentre vi era giunto con un milione e mezzo. Riprese l’esistenza errante e rifiutò di dirigere le finanze russe, che avevano ancora fiducia in lui. Nel 1729 si sentiva vecchio, stanco, triste. Volle tornare a Venezia, vide un carnevale tripudiante, folleggiante di allegria. Come ai giorni della sua giovinezza, maschere civettuole e signori scintillanti gettavano sotto il pallido sole di marzo richiami di luce e di vita lungo le calli ed i canali. In mezzo a quel tumulto, Giovanni Law moriva e veniva sepolto nella Chiesa di San Geminiano, e poi alla demolizione di questa traslato nella Chiesa di San Moisè.

Così terminava la grande avventura del banchiere settecentesco. Egli fu l’ultimo, pericoloso trastullo di un adolescente troppo precoce, che non aveva avuto primavere e che attendeva la morte, illudendosi. Questo fanciullo si chiama Il Settecento. (1)

Testo dell’iscrizione sepolcrale di John Law nella Chiesa di San Moisè:

HONI ET MEMORIAE
JOANNIS LAW EDIBURGENSIS
REGII GALLARUM AERARII
PRAET ESTI CLARISSIMI
A. MDCCXXIX AET LVIII DEFUNCTI
GENTILIS SUI CINERES
EX AEDE D. GEMINIANI DIRUTA
HUC TRANSFERRI CURAVIT
ALEXANDER LAW LAURISTON
NEAPOLEONI MAXIMO
ADIUTOR IN CASTRIS
PRAEFECTUS LEGIONIS
GUBERNATOR VENETIARUM
A. MDCCCVIII

(1) Alessandro Tassoni Estense. La Festa. Rivista settimanale illustrata della famiglia italiana. 1930

 

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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