La giustizia a Venezia; i Pozzi o Prigioni de Signori Capi, i Giardini e i Piombi

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Ingresso e uscita sul Rio de Palazzo dei Pozzi. Palazzo Ducale - San Marco

La giustizia a Venezia; i Pozzi o Prigioni de Signori Capi, i Giardini e i Piombi

Le carceri che si estendono lungo il Rio de Palazzo dette Prigioni de Signori Capi o Camerotti, e solo dal volgo Pozzi, stavano sotto l’ala del Palazzo prospiciente il canale e ci si andava per mezzo di una scala oscura di sedici gradini, la quale dava a queste carceri anche il nome di Scalette. E’ assolutamente falso che i Pozzi fossero carceri sotterranee ed è forse a causa dalla lunga discesa dal piano superiore per la scala stretta e buia che si formò la leggenda, che può anche oggi essere distrutta con una semplice visita esistendo tuttora una di queste celle.

Queste prigioni non si chiamavano Pozzi se non dal 1580, ma si chiamavano Prigioni de Signori Capi. Sono poi distinte con l’appellazione di Forti da infiniti altri documenti, in alcuni dei quali si dicono anche Orbe: e sia l’un nome che l’altro provenne certamente dall’esser desse più munite e più cieche dell’altre tutte, erano nove celle di cui sei completamente cieche nel piano terra e dieci al piano superiore di cui quattro con finestre verso il canale e sei cieche come al piano terreno, altre due segrete, chiamate “giardini”, ospitavano i detenuti a disposizione del Consigli dei Dieci. Nessuna memoria quindi abbiamo che si appellassero Pozzi, queste prigioni, prima che costruite fossero le nuove carceri oltre il Rio de Palazzo. In alcun pubblico atto non si incontra tale nome, né in cronache, né in altre scritture. Forse fra il popolo si conoscevano con tal distinzione prima di quel tempo, ma ciò è incerto.

Se i Pozzi erano a l’umido e quasi all’oscuro, i Piombi invece erano esposti alla canicola, essi stavano in alto, sotto il tetto del palazzo. Queste carceri stavano nello stesso piano dove stava anche l’archivio del Consiglio de Dieci, ed altri luoghi, erano qual più qual meno ampie; nessuna però sì angusta e bassa che la persona non potesse tenersi ritta comodamente. Corrispondevano a lunghi corridoi ed al tetto dell’edificio; la luce veniva da corridoi medesimi, i quali la ricevevano o dalli finestrini aperti nel fregio superiore dal lato del rio, o dai grandi abbaini; e un ventilabro praticato all’uscio valeva a cambiarvi l’aria. Si chiamavano Piombi, perchè di piombo coperto il grosso tavolato formante il tetto del Palazzo Ducale, dove, forse, per la potenza di tale scaricatore di elettricità, non si ha memoria che sia stato colpito da alcun fulmine. I corridoi erano, durante la notte, irradiati da alcuni fanali. (1)

(1) FRANCESCO ZANOTTO. Il Palazzo Ducale di Venezia vol. I (Venezia, 1842)

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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