Pietro Mocenigo. Doge LXX. Anni 1474-1476

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Pietro Mocenigo. Doge LXX. Anni 1474-1476

Al defunto doge Nicolò Marcello fu dato a successore, il dì 16 dicembre 1474, Pietro Mocenigo, famoso per i grandi fatti operati sul mare contro i Turchi. Egli contava quasi il quarto decimo lustro di età, era malaticello per le sostenute fatiche e per le ferite sofferte sui campi di Marte, sicché poco godé dell’onore con cui la patria lo rimeritò.

La guerra che ardeva tuttavia col Turco, era speranza dovesse cessare: imperocché la matrigna del Sultano mandato aveva a Venezia, il di 6 gennaio 1475, un messo con proposte di pace. Girolamo Zorzi fu spedito ambasciatore affine di trattarla: ma intanto che i principi cristiani discutevano intorno la lega da stringersi contro il Turco medesimo, senza nulla operare, l’armata ottomana preso aveva Caffa; e le pretensioni del Sultano per venire a pace essendo tali da non potersi accettare, fu il di 6 ottobre rotta ogni pratica; dandosi quindi più vigorosamente a conchiuder la lega, per cui fare Sisto IV convocava in Roma, il di 16 del mese stesso, gli ambasciatori di tutte le potenze cristiane, impiegandosi il verno seguente nel mandarla ad effetto, sicché il doge non poté vederne gli effetti, morendo il dì 23 febbraio 1476.

Ben vide represse le nuove turbolenze suscitatesi in Candia, per le mene di Carlotta; e vide al morire del generale Bartolommeo Coleoni, lasciato da lui alla patria ricco legato, affine di continuare la guerra col Turco, domandando però che gli fosse eretta una statua nella piazza di San Marco; il che, non parendo proprio alla Repubblica, fu trovato 1’espediente innalzarla nella piazza della scuola di San Marco, ove tuttavia si ammira; opera insigne fusa in bronzo da Alessandro Leopardi nel 1496, sopra modello di Andrea del Verocchio.

Al tempo di Pier Mocenigo, cioè nel 1475, s’incendiò la chiesa di San Giovanni Crisostomo, e venne, nel1’anno stesso, riedificata quella di San Giovanni in Bragora.

Il doge morendo lasciava tutto il suo al fratello Nicolò, giusta il Sanudo, ordinando, che gli fosse eretto un monumento nel tempio dei Santi Giovanni e Paolo, ove ebbe pompa funebre, elogio da Domenico Balani e sepoltura.

Il breve tenuto nella destra mano del suo ritratto, dice:

ILLE EGO QVI PHRYGIAS VRBES, ASIAEQVE POTENTIS
OPPIDA, QVI CILICVM CLASSEM, CYPRVMQVE RECEPI,
AEQVORA P1RATIS, SCODRAM OBSIDIONE LEVAVI,
PATRVM CONSENSV, POPVLI DVX VOCE CREATVS. (1)

(1) Il Palazzo Ducale di Venezia Volume IV. Francesco Zanotto. Venezia MDCCCLXI

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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