Cristoforo Moro. Doge LXVII. Anni 1462-1471

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Cristoforo Moro. Doge LXVII. Anni 1462-1471

Il di 12 maggio 1462 veniva eletto a doge Cristoforo Moro, nella grave età di anni 72. Il suo avvenimento al trono fu celebrato dal popolo con giostre, danze, cacce e con altre dimostrazioni di gioia, ed i principi cristiani si congratularono seco lui quasi tutti in iscritto.

Nei primordi del suo reggimento, vale a dire nel 1463, si ruppe guerra ai Triestini, a motivo degli impedimenti che avevano frapposto al commercio veneziano nell’Istria, rotte le strade, molestato i mercadanti; ma interpostosi papa Pio II, a cui stava a cuore la sacra lega da lui promossa contro il Turco, fu il dì 17 dicembre e conchiusa la pace. Già fino dal dì 19 dell’ottobre antecedente erasi stretta essa lega tra il Papa medesimo, la Repubblica e Filippo duca di borgogna; e già per le invasioni del Turco stesso operate nella Bosnia, Moldavia, Valacchia, ed altre terre, erasi incominciata nella Morea una guerra, durata sedici anni. Già preso dai Turchi il castello d’Argo, avevasi spedito colà a ricuperarlo Luigi Loredano, il (piale ricevuto poi rinforzo da Lorenzo Moro, duca di Candia, acquistato aveva il castello di Valica, visitate le isole dell’Arcipelago, ripreso Argo, restaurato l’istmo di Corinto, intorno al quale ultimo fatto é da vedersi quanto dicemmo nella illustrazione della Tavola CXLVIII, recante il soffitto della sala del Maggior Consiglio, ove per mano di Leonardo Corona, a chiaroscuro, fu espresso quel memorando restauro. Perduto poscia quell’istmo, ed assunto il comando della flotta Orsato Giustiniani, questi assaltò Metelino, però con avversa fortuna, sicché ne moriva dal dolore a Modone. Nella lega conchiusa, come dicemmo, sia il Papa come il duca di Borgogna obbligavansi di recarsi in persona all’armata, e così pure disse il doge di fare. Se non che, armata la flotta comandata da Jacopo Loredano, pentitosi il Moro della fatta promessa, scusavasi adducendo la sua vecchiaia e la mal ferma salute. Ma alzatosi in senato Vittore Cappello, dimostrò esser doveroso ed utile che il doge partisse; sicché egli domandò ed ottenne in sua compagnia Lorenzo Moro, e partiva al primi giorni di agosto 1464, conducendo seco ventiquattro galee, con le quali giunse in Ancona il dì 42 del mese stesso. Il Papa, che era pur giunto colà, caduto malato, moriva il dì appresso, attalché imbarcatosi il doge ritornava in patria il 23 del medesimo agosto.

Innalzato frattanto al soglio pontificale Pietro Barbo veneziano, che prese il nome di Paolo II, la Repubblica mandava dieci ambasciatori a gratularlo; e così la disegnata spedizione finiva in vane ciance. Non pertanto Jacopo Loredano, succeduto al Giustiniano nel comando della flotta, la conduceva nel canale di Gallipoli, e Jacopo Venier osava penetrare oltre lo stretto sfidando i progettili che dalle rive scagliavano i Turchi; ma nulla di decisivo accadeva. Surrogato al Loredano Vittore Cappello, prendeva Modone (29 settembre 1464), e le isole d’Imbro, Taso, Samotracia, e più tardi Atene (3 settembre 1466), da cui dovette però poco poi ritirarsi non avendo forze bastanti a sostenervisi. Nello stesso tempo Scanderbeg, rotta guerra ai Turchi con esito avverso, cedeva Croja ai Veneziani; e del pari con esito infelice combattevano per terra Sigismondo Malatesta, e sul mare sotto Patrasso Jacopo Barbarigo e Vittore Cappello, onde la Repubblica procurò almeno di formare una tregua, le cui lunghe trattative però finirono a nulla.

I grandi preparamenti a nuova guerra, cui dava mano il Turco; la lega stretta per opporvisi, procurata da Paolo II; la perdita dell’isola di Negroponte e l’eroica morte sostenuta da Paolo Erizzo, fino alla presa delle Smirne, operata più tardi dal nuovo capitan generale Pietro Mocenigo, potrannosi leggere nella illustrazione alla Tavola CL, che reca inciso il dipinto di Paolo Caliari, collocato nel soppalco della sala del Maggior Consiglio, mostrante appunto il conquistamento di quella città.

II fine però di questa guerra tremenda, per la quale la Repubblica spese fino ad un milione e duecentomila ducati l’anno, non poté vedere il doge, che, domato dagli anni, moriva il dì 9 settembre 1474. Le solenni sue esequie compievansi nella chiesa dei Frati Minori, ove gli intesseva orazione funebre Antonio Bernardo dottore; e la di lui salma veniva tumulata nella cappella maggiore di San Giobbe, il cui vicin monastero avea egli fatto ampliare, beneficandolo poi largamente in morte.

Al suo tempo accaddero nell’interno vari fatti degni di nota. Nel 1463 Pio II donava una spada al doge, la cui lama conservasi tuttora nell’arsenale. Nel 1467, Borso, duca di Ferrara, veniva a visitare il doge. Caterina Cornaro, figlia di Marco, nel 1468, impalmava Jacopo Lusignano re di Cipro. L’anno stesso, il cardinale Bessarione donava alla Repubblica la preziosa sua biblioteca, la quale, collocata da prima nel palazzo ducale, veniva poi data al cenobio dei Santi Giovanni e Paolo. II seguente anno s’introdusse l’arte della stampa a Venezia per opera di Giovanni di Spira, il quale ottenne privilegio di stampare le Epistole di Cicerone per cinque anni. Intorno poi alle fabbriche nuove erette al tempo del Moro, ricordiamo la continuazione dei lavori nel palazzo ducale, sopra cui si legga quanto dicemmo nella storia di questa fabbrica. Nel 1463, si fondò il campanile di San Pietro di Castello, finito nel 1474. Circa il 1465 si eressero i due altari di San Paolo e di San Jacopo in San Marco: nel 1469 si costruì di nuovo la chiesa di San Michiele in isola, con architettura di Mordo di Lorenzo da Venezia, e da ultimo si continuò, per volontà e con l’oro di questo doge, la fabbrica della maggior cappella di San Giobbe e del vicino cenobio. A regolare maggiormente alcuni rami della pubblica amministrazione s’instituirono i seguenti magistrati. Nel 1463, per decreto del Senato 25 giugno, si creò il collegio dei dieci Savi sopra le decime, ai quali fu devoluta l’imposizione del balzello sopra gli affitti delle case, molini, beni di qualunque sorta posseduti dai cittadini, tanto ecelesiastici che secolari. Nel 1468 fu aggiunto un secondo provveditore ai boschi dello Stato per la provista della legna ad uso della città; e da ultimo, nel 1471, s’instituì il magistrato Sopra Gastaldo, a cui fu commessa la esecuzione delle sentenze delle varie magistrature; ufficio che antecedentemente spettava ai gastaldi ducali. Notiamo ancora, come la peste irruppe nel 1464 e nel 1468, nel quale ultimo anno si eresse il Lazzaretto nuovo, per cessione fatta dai monaci di San Giorgio Maggiore della vigna in quell’isola da loro posseduta.

L’inscrizione tenuta nella sinistra mano del ritratto di questo doge é la seguente, riportata dal Sanudo con la variazione di Teucris, in vece di Turco.s, siccome leggesi :

IVSTITIAM COLVI PIVS, ET SI FATA FVISSENT,
PRO PATRIA IN TVRCAS DVX MORITVRVS ERAM. (1)

(1) Il Palazzo Ducale di Venezia Volume IV. Francesco Zanotto. Venezia MDCCCLXI

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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