Famiglia Sagredo

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Stemma della famiglia Sagredo. Famiglie Venete con le loro armi. Biblioteca Estense universitaria

Famiglia Sagredo

Dall’antica Roma, dove cospicuamente fiorì, passava la famiglia Sagredo a Sebenico, città della Dalmazia, onde colà piantarvi una colonia romana, assumendo il cognome dei Segreti, corrotto poi in quello di Sagredo. Questa appellazione provenne alla famiglia in discorso dall’essere stata, per alcuni secoli, illustre depositaria dell’autorità e della gloria dell’impero romano in quelle parti, trasmettendosi ai suoi personaggi, come ai consiglieri secreti ed esecutori primari, gli ordinamenti imperiali in quelle provincie. Abbattuta la potenza latina sui barbari, e provato da essa famiglia il rigore, prima di Alarico, re dei Goti, poi di Attila, re degli Unni, riparò nelle venete isolette nel 480, secondo dice il Frescot, nei Pregi della nobiltà veneta. Ma il Alessandro Valle, nell’Orazione recitata al doge Nicolò Sagredo, vuole che partissero i Sagredo da Sebenico e si riducessero a Venezia l’anno 900. L’aggregazione di essi alla veneta nobiltà, continua il Frescot, accadde solo allora che la Dalmazia venne sotto il dominio della Repubblica, che fu nel 997, avendo questa famiglia cooperato alla dedizione di Sebenico antica sua patria. Stabilitasi quindi in Venezia, si è sempre conservata nell’ordine patrizio, confermatavi anche nella Serrata del Maggior Consiglio. (1)

Questa casa produsse uomini illutri, come Nicolò Sagredo che venne fatto doge nel 1675 per un breve periodo, e San Gerardo Sagredo, il quale, dopo avere assunto l’abito di San Benedetto nell’isola di San Giorgio Maggiore, si portò in Ungheria, e vi fu creato vescovo, ma, volendo ridurre al cristianesimo quei popoli, venne lapidato presso Buda nel 1047. (2)

Innalza per arma uno scudo d’oro con una fascia vermiglia, che alcuni, per distinzione, caricano di tre aurei gigli. (1)

(1) Il Palazzo Ducale di Venezia Volume IV. Francesco Zanotto. Venezia MDCCCLXI

I dogi della famiglia:

Nicolò Sagredo. Doge CV. — Anni 1675-1676

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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