Loggetta e campanile

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Loggetta e Campanile - Piazza San Marco

Loggetta e campanile

Loggetta ai piedi del Campanile.

Ci resta ancora, trai singolari oggetti della Piazza, a considerare questo brillante edificio che spicca da uno dei lati del Campanile. Serviva esso in antico all’unione dei patrizi per intrattenersi in virtuosi ragionamenti. Ruinata l’antica loggia da una saetta nel 1489 venne rifatta da Sansovino, e sembra che fosse allora divisamento del governo di estenderla intorno al campanile per dar alla base di quella gran mole una nobile decorazione. Però non solo fu abbandonato il progetto di tale ampliazione, ma, dopo il memorabile incendio del palazzo ducale (an. 1569), si restrinse il suo uso a servire soltanto di residenza a quello fra i procuratori cui a vicenda spettava di comandare alla guardia posta a custodia del palazzo ducale quando i padri raccolti sedevano in maggior consiglio. Da quei giorni in fuori la loggetta rimaneva sempre chiusa. Caduta la Repubblica venne, come attualmente, adoperata pei pubblici incanti e per le estrazioni del lotto.

Si innalza questo piccolo edificio per quattro gradini sopra il piano della Piazza, ove forma un vestibolo scoperto, o terrazzino cinto da balaustrata. In quel vestibolo sorge un prospetto d’ordine composito che chiude l’interna sala alta piedi 24, ovvero i metri 8,34 (compresa la balaustrata al di sopra dell’attico), e lungo piedi 45, ossia metri 15,65. Otto colonne di breccia orientale ne sostengono l’ordine delle arcate e quattro nicchie, distribuite negli interstizi delle colonne medesime, portano quattro statue di bronzo di grandezza quasi naturale raffiguranti Pallade, Apollo, Mercurio e la Pace: opere molto pregiate dello stesso architetto Sansovino.

Nei tre spazi maggiori dell’attico, corrispondenti alle tre sotto poste volte, sono innestati finissimi bassi-rilievi esprimenti, nel mezzo Venezia sono le forme della Giustiziize circondata dagli emblemi di sua grandezza; a destra Venere simbolo dell’isola di Cipro, a sinistra Giove, simbolo di quella di Candia: regni a quel tempo signoreggiati dalla Repubblica. Tiziano Minio da Padova, Girolamo Lombardo da Ferrara ed altri celebri maestri si sono distinti nel trattare quelle sculture, fra le quali meritano particolare attenzione, per la. squisitezza dell’intaglio, la Cadula di Elle dal montone di Frisso e Teti che soccorre Leandro , pezzi sottoposti alle due statue di bronzo verso gli Stendardi.

Benché potesse desiderarsi qualche maggior altezza nell’ordine composito, e qualche maggiore depressione nell’Attico, nondimeno la ricchezza, la finissima esecuzione, l’intreccio dei vari marmi greci, africani, carraresi, le sculture e l’insieme in fine di questa opera la rendono sommamente pregevole e l’additano come un pegno delle immense risorse trovate dal genio di Sansovino per adattare lo stile a seconda delle varie circostanze.

Campanile

Trattando della chiesa di San Marco non se ne debbono disgiungere le notizie riguardanti il solido e grandioso suo campanile; uno dei più antichi edifici di Venezia. Gettate le fondamenta di esso con lunghi speroni all’intorno a guisa dl stella, si diede nel 945 cominciamento alle mura che, lavorate a varie riprese, furono condotte alla cella delle campane. Pare che condotto a quell’altezza si ristesse dal lavoro fino al 1170 in cui fu principiata la vecchia cella, nana e goffa d’assai. Varie vicende soffrì questa torre, ma un fulmine caduto nel 1489 ne arse la cima. Allora la signoria, che ebbe già caparre dell’ingegno di Mastro Buono nell’edificio delle procuratie affidava a lui pure, intorno al 1510, la ricostruzione della nuova cella quale si vede al presente. La compì egli in sei anni, conformandola a tale semplicità di poche e ben pronunziate divisioni, e con tali ornamenti di grandioso stile, che la più armonica proporzione si è per lui ottenuta tra la cima è la parte inferiore. Si narra che depauperato l’erario per le gran spese, il procuratore Antonio Grimani pensasse progredire in siffatta ricostruzione coll’approfittare di certe cassette che nei registri gli venne fatto di trovare essere state deposte nel pubblico tesoro fino dal 1114, senza che mai venissero aperte. Aperte adunque in quell’occasione, vi si rinvennero gioie, oro ed argento per il valore di 60.000 ducati applicati opportunamente a pro della nuova fabbrica.

Questo campanile ha due canne concentriche, come sarebbe a dire due torri l’una dentro l’altra alla distanza di sei piedi tra loro; spazio occupato dalle scale giranti all’intorno, 52 rami hanno quelle scale 8, per lato, non già a scaglioni, ma stesi sopra archi a guisa di ponte, e da un pianerottolo all’altro dolcemente inclinati, fino a che si giunga alla cella. Con altre scale di legno si montava un tempo al solo terrazzino; ma furono rinnovate quello scale e condotte ai due terzi della piramide nel grandioso restauro fatto alla cima nel 1805. L’altezza di questa torre, dal piano presente della piazza sino al basamento della cella, e di piedi ven. 158; quella della cella di piedi 26; l’attico di piedi 27 1/2; la piramide di piedi 63 1/4; l’angolo di 9 1/4, o la totalità di piedi 284, pari a metri 98,6. La sua larghezza poi è di piedi 37, o metri 12, 8, rastremando di 3 piedi dalla base sino alla cella.

Di tanta importanza si teneva nei tempi della Repubblica il campanaro di San Marco che nel 1596 fu stabilito in pieno Consiglio dover essere cittadino originario, avere l’età di 25 anni, e dover venire confermato nel carico dal Collegio, coll’intervento dei capi del Consiglio dei X e con due terzi dei voti, premesso sempre in lui l’obbligo d’esercitare l’ufficio personalmente.

Né si vuole dimenticare inoltre come nell’età di mezzo si punivano si certi gravi delitti degli Ecclesiastici con un genere di supplizio detto la chebba, cioè la gabbia, la quale costrutta essendo di legno, mercé un palo si sospendeva in aria alla metà del campanile di San Marco. Il reo vi chiuso restava esposto giorno e notte all’inclemenza del tempo e delle stagioni, sia per certo determinato tempo e sia per tutto il resto dei giorni suoi, ricevendo il cibo mediante una funicella opportunamente calata abbasso. Ma nel 1518, tentando un condannato di uscirne, fu abolito quel genere di supplizio, e per ogni specie di delitto furono invece adottate le prigioni.

Presso e dietro il campanile stava finalmente uno spedale poi poveri, detto Ospedale di San Marco. Di esso si sa solamente che, fondato dal santo doge Pietro Oracolo I, accoglieva in sulle prime cinque donne, ciascheduna delle quali oltre l’abitazione aveva 50 annui ducati, 50 derivati dalle rendite dell’ospedale, ed altri 20 dal pio legato di un priore chiamato Giovanni. Stette quell’ospedale sulla piazza sino al 1581, in cui essendo stata decretata l’erezione delle nuove procuratie, si è trasportato non molto lungi dalla piazza medesima nel così detto Campo Rusolo, corruzione di Orseolo, dappoiché ivi quella famiglia possedeva molti stabili. (1)

(1) ERMOLAO PAOLETTI. Il fiore di Venezia Vol II. Venezia Tommaso Fontana Tipografo 1839

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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