Famiglia Barbarigo

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Fondamenta Zattere ai Gesuati, 785 (Dorsoduro) - Stemma Barbarigo

Famiglia Barbarigo

Barbarigo. Tutti i genealogisti si accordano nel dire venuta da Trieste nelle isole Realtine la famiglia Barbarigo; e solo alcuni, come il p. Ireneo della Croce ed il co. Jacopo Zabarella, la vogliono venuta a Trieste da Roma, mentre altri, tra quali Giulio Strozzi, nel suo poema eroico dei Barbarighi, la sostengono da Aquileia trasferita in Trieste. Diverse affatto poi sono le origini da cui vogliono gli scrittori derivato il cognome a questa casa; e, per tacere di ogni altra, accenneremo quella soltanto recataci dal citato p. Ireneo, nella sua Storia di Trieste, da lui tolta da un’antica cronaca fededegna. Narra adunque, che il primo che assunse il cognome di Barbarigo fu Arrigo, signor di Muggia, terra dell’Istria distante cinque miglia da Trieste, il quale, avendo l’anno 880 conseguita splendida vittoria sopra i Saraceni, delle recise barbe dei vinti formò una collana, e di questa cinto entrò trionfalmente in Muggia: onde dal suo nome di Arrigo e dalle barbe suddette, compose ed assunse il cognome di Barbarigo, passato quindi ai suoi posteri: dal qual motivo pur derivò lo scudo innalzato da essa casa, che è una banda azzurra in campo d’argento, carica di tre leoncini d’oro, nel mezzo di sei barbe nere. Per la irruzione dei barbari, si trapiantò la casa dei Barbarighi prima in Eraclea, poscia a Malamocco, e da ultimo in Rialto, e ricevuti, nell’897, nel Maggior Consiglio, in riguardo alla originaria nobiltà, produsse molti uomini insigni in ogni classe, sicché non invidia le glorie delle case più cospicue veneziane. Opera della sua pietà furono, fra le altre, le chiese di Santa Maria del Giglio, dei Santi Gervasio e Protasio, di San Matteo Apostolo di Murano, alla costruzione delle quali concorse con ricchi doni. Tiene molte cospicue memorie in parecchie altre chiese, e possedeva la rocca di Valbona nel territorio di Padova.

Il doge Marco Barbarigo nacque nel 1414 da Francesco procurator di San Marco de supra, e fu uno dei più illustri senatori del tempo suo. Dopo aver sostenute parecchie cariche in patria, lo troviamo, nel 1469, capitano di Brescia, e nella stessa qualità a Padova nel 1474, ottenendo la stoia procuratoria di supra il dì 18 ottobre 1478, in luogo del defunto Andrea Lion. Fu poi correttore della Promissione ducale dopo la morte di Giovanni Mocenigo, a cui successe, come dicemmo. Prima di morire, chiamò al letto i suoi figliuoli, e raccolte in quel punto le poche forze che gli rimanevano, ripete loro con ferma voce i doveri del cittadino verso la patria, e l’armonia dei legami che questa a quello congiungono: diede loro l’estremo bacio, e, prostese ambedue le mani sul capo di quei genuflessi, rimase come assorto in atto d’impartire la paterna benedizione, e poco dopo spirava, da tutti desiderato e compianto, nell’età sua d’anni 72. Ebbe a moglie Lucia Ruzzini, bellissima e saggia, ed alla morte del marito, che molto amava, si trovava pur essa pericolosamente malata, sicché nulla seppe della perdita che fatto aveva se non quando risanò. Da essa ebbe Marco quattro figli ed altrettante figliuole: i primi furono, Andrea senatore, Bernardo, Pierfrancesco e Gregorio; le seconde impalmarono, una Pier Contarini q. Nicolò; un’altra Andrea Cappello q. Vittore; la terza Girolamo Gritti q. Triadano; e l’ultima, che premorì al padre, Francesco Foscari q. Filippo, procuratore.

Il monumento di Marco Barbarigo, che era unito a quello del doge Agostino suo fratello, occupava tre archi della chiesa della Carità, nel centrale dei quali accoglieva un altare, gli altri due le statue genuflesse delli due dogi. Soppressa la chiesa e ridotta ad Accademia di Belle Arti, venne distrutto barbaramente il monumento, né si salvò che la sola statua del doge Agostino, che si conserva nel seminario di Santa Maria della Salute; opera degnissima d’ogni laude e che fa più desiderare il perduto simulacro di doge Marco.

Il doge Agostino Barbarigo, fratello del doge Marco, nacque nel 1449, e dal Cappellari sappiamo, che essendo nel 1482, capitano di Padova, fu mandato al governo di Rovigo e del Polesine, allora acquistato dalla Repubblica: indi fu provveditore dell’esercito, e nelle guerre contro il duca di Ferrara e gli altri principi collegati, mostrò il suo valore e prudenza, sicché, a causa dei patimenti, caduto infermo, chiese ed ottenne di ritornare in patria, ove, il dì 2 novembre 1485, fu decorato della stola procuratoria de supra in luogo del fratello creato doge; al quale pur sussegui nella ducea, come dicemmo. Narra il Sanudo, che dalla moglie, di casa Soranzo, ebbe un figlio di nome Francesco, il quale, mortogli nel 1482, egli, a segno di duolo non volle più radersi la barba. Ebbe pure quattro figlie, una maritata in Giorgio Nani, la seconda, in Domenico Pisani, di Giovanni, e le altre due si monacarono in San Lorenzo e in Santa Maria degli Angeli a Murano, al quale ultimo cenobio Agostino fu largo di doni.

Dicemmo già che il monumento di questo doge, unito a quello del fratello, eretto nella chiesa di Santa Maria della Carità, fu distrutto, e che si salvò soltanto la statua di lui, conservata nel Seminario della Salute. (1)

(1) Il Palazzo Ducale di Venezia Volume IV. Francesco Zanotto. Venezia MDCCCLXI

Dall’alto in basso, da sinistra a destra: Canal Grande, 2252 (Cannaregio) – Fondamenta Nani, 960 (Dorsoduro) – Fondamenta Zattere ai Gesuati, 785 (Dorsoduro) – Fondamenta Zattere ai Gesuati, 785 (Dorsoduro)

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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