Famiglia Morosini

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Stemmi della famiglia Morosini. Famiglie Venete con le loro armi. Biblioteca Estense universitaria

Famiglia Morosini

Sono talmente disparate le opinioni degli scrittori intorno alla origine della illustre casa Morosini, che sarebbe opera perduta il qui riferirle distesamente. Pure, a toccarne di volo, e perché si veda quanto fantastici sono i genealogisti in generale, diremo, come Giulio Faroldo la faccia derivare da Maurizio Galbajo settimo doge; e ciò con errore manifesto, perché affatto diversa la famiglia di esso principe; e perché quella dei Morosini pervenne nelle isole realtine contemporaneamente alla Galbajo. Né meno fantastica è l’origine data da Jacopo Zabarella, nel suo Trasea Peto, che la vuole discesa dalli Virgili Maroni, nobili mantovani, sicché non si perita annoverare fra i di lei antenati l’illustre cantore di Enea, e con ridicola argomentazione, dal cognome Marone ne trae quello di Morosini. Seguita il Frescot, il quale, nei suoi Pregi della nobiltà veneziana, la dice di origine romana, volendola trapiantata nella Schiavonia con le colonie dell’imperatore Claudio; di dove trasferitasi a Mantova, giunse poi a ricoverarsi nelle lagune. Cesare Malfatti, nella sua Cronaca, afferma venuti i Morosini, parte da Mantova e parte dalla Schiavonia; per tal modo rimanendo in bilico tra le opinioni dei due ultimi accennati scrittori. Finalmente Scipione Agnelli, nel IV libro degli Annali di Mantova, senza rintracciare nella notte dei tempi l’origine di questa casa, la dice fuggita al tempo di Attila da quella città, con altri nobili venuti a porre stanza nelle isole realtine.

Da tutte queste varie e disparute opinioni non può che dedursi, essere qui pervenuta la casa in parola fino dalla fondazione di Venezia. E già la vediamo far parte delle dodici famiglie, nelle quali fu primamente stabilito il corpo del patriziato; e quindi divenire mano mano cospicua per la copia innumerevole di personaggi illustri da essa prodotti; sicché, oltre aver dati al trono quattro dogi, il sacerdozio, le armi, la toga, le lettere, contano fra le sue glorie molti uomini celebratissimi di questa casa; non escluse le donne; tra le quali annovera Tommasina, regina di Ungheria, e Dea e Morosina, quella moglie di Nicolò Trono, e questa di Marino Grimani, dogi, ambedue coronate, con tutta la pompa, principesse.

Godettero anche i Morosini il dominio del castello, o terra della Tisana in Friuli, e quello di San Vincenti nell’Istria, luogo ricco di boschi, che passò poi, per ragione dotale di Morosina accennata, nella famiglia Grimani; ed ebbe finalmente il contado di Sant’Anna nel territorio di Cittadella. Eresse la casa in discorso, la chiesa di San Mauro, detta poscia Sant’Angelo, ed il monastero di San Giorgio Maggiore, e restaurò le chiese di Santa Maria Maggiore e di Santa Giustina. Unita alla famiglia Pesaro, fabbricò la chiesa della Santissima Trinità nella villa di Prà nel Padovano, ed era suo juspudronato la parrocchiale di San Michele Arcangelo nella villa di Barbana. Ha poi cappelle, altari, memorie, inscrizioni nobilissime in molte altre chiese di Venezia e fuori, sicché poche famiglie al pari di essa può ostentare la pietà e la magnificenza dei suoi maggiori. (1)

Francesco Morosini, che, per le sue insigni vittorie riportate sopra i Turchi nel Peloponneso, venne chiamato il Peloponnesiaco. Datosi fino dalla sua giovanezza al mestiere dell’ armi, egli si rese famoso per la conquista di più che 37 piazze fortificate, per l’acquisto di oltre 1360 cannoni, e per la schiavitù, o morte, di quasi 200.000 nemici. Nel 1688, essendo supremo comandante nel golfo d’Eubea, ricevette il berretto ducale. Vissuto sul trono anni cinque e mesi nove circa, venne a morto nel 1694 in Napoli di Romania. Colà rimasero i di lui visceri, ma il corpo imbalsamato fu trasferito a Venezia, e sepolto nella chiesa San Stefano. (2)

Usarono i Morosini di parecchie armi, variate in tempi diversi e per diverse ragioni. Le più antiche sono quelle recanti una fascia azzurra in campo d’oro, e l’altra che convertì la fascia in banda dei colori medesimi. In seguito, Albertino fratello della regina Tommasina, alzò la croce d’argento in campo vermiglio; Andrea, che fu generale contro Zara ribelle, fece la croce vermiglia in un cerchio dello stesso colore, e la pose sopra la banda; ed altri ancora caricarono la detta banda di tre gigli d’argento, dono dei monarchi di Francia, appresso dei quali sostennero illustri ambascerie; ed altri, finalmente, in più modi variarono lo scudo, come si può vedere nel Blasone del Coronelli. (1)

(1) Il Palazzo Ducale di Venezia Volume IV. Francesco Zanotto. Venezia MDCCCLXI

(2) Giuseppe Tassini. Curiosità Veneziane ovvero Origini delle denominazioni stradali di Venezia. Tipografia Grimaldo Venezia 1872

I dogi della famiglia:

Agnello Partecipazio. Doge X. Anni 810-827
Marino Morosini. Doge XLIV. Anni 1249-1252
Michiel Morosini. Doge LXI. Anni 1382-1382
Francesco Morosini. Doge CVIII. – Anni 1688-1694

Dall’alto in basso, da sinistra a destra: Campo Rialto Novo, 524 (San Polo) – Campo San Simeon Grando, 929 (Santa Croce) – Riva del Vin, 723 (San Polo) – Riva del Vin, 723 (San Polo)

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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