Insulti infamanti scritti sotto i portici del Banco Giro a Rialto, al tempo del doge Andrea Gritti

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Sotoportego del Banco Giro. Sestiere di San Polo

Insulti infamanti scritti sotto i portici del Banco Giro a Rialto, al tempo del doge Andrea Gritti

Scrive Marin Sanudo nei suoi Diari, che la mattina del 26 ottobre 1523, passando per Rialto, vide sotto i portici, dove i patrizi tenevano i banchi “di scritta“, diversi insulti infamanti scritti con il carbone contro i nobiluomini detentori dei banchi, e contro Cornelia Griffo “meretrice sumptuosa“, una delle più celebri cortigiane veneziane del Cinquecento.

Il buon diarista riporta poi con ogni particolare il contenuto di questi insulti: sul banco di sier Maffio Bernardo stava scritto “Banco di buzaron“; su quello dei MolinBanco de nulla tenentis“; ma il più preso di mira era il banco del  Pisani sul quale si potevano leggere: “Cornelia Griffo, che è in tal reputation, sapiate è una putana trista, per aver fato fioli un milion“, e “Alvise Pisani rebelazzo, sotto sto doxe ti vendarà el palazo“, e  poi “Polo Zigogna di cui si fa gran stima, fu a cha’ de Eugenia putana che el fé la cusina“, e ancora “Polo Zigogna panzon da vermi e merda, buzaron“, e con gli epiteti erano disegnate anche cose vergognose come “cazi et altro“. Non so se li Avogadori faranno provisione (prenderanno qualche decisione)”, commenta il Sanudo descrivendo il fatto, ma nel frattempo, in attesa degli Avogadori, il Provveditore al sal Nadalin Contarini faceva togliere le scritte, da alcuni facchini con l’acqua.  

Furono presto trovati i colpevoli, tutti giovani nobiluomini, che presi dal morbin (allegria smoderata), dopo avere cenato in casa di un certo Barozi, barbiere di Rialto, a conclusione della serata decisero di scrivere le frasi scandalose e di mala natura. Il doge rimise la questione al Consiglio dei Dieci il quale fece arrestare i giovani che erano: sier Zuan Francesco Giustinian, sier Domenego Mocenigo, sier Lorenzo Sanudo, sier Dario Contarini, sier Francesco Barbarigo, sier Antonio Valier, sier Vincenzo Pasqualigo, e sier Zuan Mocenigo. Gli otto giovani furono rinchiusi in stanze separate nel Palazzo Ducale e sottoposti a interrogatori.

Il Consiglio accertò che, oltre alle scritte sui banchi di Rialto, i giovani andarono anche  “a le guardie strazando le stuore” (probabilmente i giacigli delle guardie di Rialto), e agli ufficiali che li rimproveravano con le parole “el Doxe el saverà“, loro risposero “incago al Doxe“. Venne fuori anche, che tre degli arrestati, dopo aver pranzato andarono subito a casa, e che solo tre dei rimanenti scrissero le frasi ingiurose: Domenego Mocenigo confessò spontanemente (de plano) che aveva scritto le ingiurie contro Paolo Cicogna e Cornelia Griffo, mentre Vincenzo Pasqualigo e Zuan Francesco Giustinian confessarono di aver scritto il resto sui muri e sui banchi,   Lorenzo Sanudo e Dario Contarini  negarono tutto. 

La domenica del giorno 8 novembre venne pubblicata, in Maggior Consiglio, la sentenza di condanna fatta dall’Eccellentissimo Consiglio dei Dieci; i cinque giovani colpevoli delle scritte ingiuriose vennero condannati a tre mesi di carcere, privati per un anno di tutti gli uffici e dei benefici, e a una multa di 100 ducati, la durata della detenzione veniva conteggiata, ovviamente, dal giorno di pagamento della multa. Così si concludevava, scrive il Sanudo, l’avventura dei “zenthilomeni zoveni e morbinosi“. (1)

ConoscereVenezia

(1) Marin Sanudo. I Diari. Volume 35 (Ottobre 1523 – Febbraio 1524)

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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