Le “furlane”, le ciabatte dei peàteri
Le stafèz o scarpèz sono calzature molto economiche e comodissime, fatte tutte in stoffa. Si dispongono sovrapposti numerosi pezzi e cenci di tela ed altre stoffe, ritagliate sulla misura del piede, quindi le si perfora col punteruolo, si cuciono fortemente a trapunto, e si ha cosi una suola ben grossa ed elastica, per cui il piede non si ammacca; è solida quanto una di cuoio. La tomaia è di feltro o di fustagno nero, foderato ed orlato con una cordella, la suola non ha tacco. Le ragazze eleganti le usano con la punta di scarlatto rivolta all’insù, e mettono un nastrino colorato sul collo del piede. Le usano tanto gli uomini che le donne. (1)
A Venezia, indicandone l’origine, vengono chiamate “furlane”, erano usate come scarpe di lavoro dai barcaioli, soprattutto dai peàteri. Quando, negli stretti rii della città la peàta non consentiva la voga tradizionale, i peàteri passavano all’andatura a spinta, immergevano il remo a prua fino a toccare il fondo, e spingendo con petto o con la spalla camminando curvi fino a poppa lungo gli stretti bordi della peàta, e per non inciampare o scivolare col rischio di cadere nella stiva e farsi male, usavano indossare queste caratteristiche pantofole di pezza e tenevano i pantaloni rimboccati al ginocchio o dentro le calze. (2)
(1) Pagine Friulane anno III 1890
(2) Giovanni Caniato (a cura di). L’arte dei remèri. Cierre Edizioni
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