La Madonna di Rimini, nella Chiesa di San Marziale

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Madonna delle Grazie. Chiesa di San Marziale. Sestiere di Cannaregio

La Madonna di Rimini, nella Chiesa di San Marziale

La Divina Providenza, la quale bene spesso si serve di mezzi umili per operar cose grandi impiegò l’opera di un innocente pastore per arricchire Venezia di un incomparabile tesoro, quale è la prodigiosa immagine di Maria Vergine onorata nella chiesa di San Marziale detta volgarmente di San Marcilian.

Nell’anno di nostro Signore 1286 sedendo sul trono di San Pietro Nicolò Papa IV, nel territorio di Rimini, città dello Stato Pontificio posta in vicinanza alle sponde del mar Adriatico, viveva un semplice pastorello di nome Rustico; quanto abbietto agli occhi del mondo per la povertà di sua condizione, altrettanto grato a Dio per l’innocenza dei suoi costumi, e per una tenera devozione che professava alla divina madre Maria.

Conducendo egli un giorno d’estate, secondo il solito del suo impiego, il gregge al pascolo, si ritirò nel meriggio per difenderli dagli ardori troppo cocenti del sole all’ombra di alcuni faggi, ove mentre stava riposando, gli parve di vedere in un vicino dilettevole boschetto irrigato da freschissime acque, alle quali aveva ridotto a dissetarsi le sue pecorelle uno sterpo, ovvero tronco d’albero, che in gran parte aveva l’apparenza di figura femminile per uno scherzo prodotto dalla natura. Quantunque però egli di scultura altri principi non avesse, che per fare zampogne pastorali, e rustiche tazze, contuttociò si sentì suggerire dalla propria devozione di formare di quel tronco una statua rappresentante Nostra Signora.

Intraprese dunque con devoto fervore l’opera, e dopo alcuni giorni di lavoro la ridusse a tal termine, che nulla mancava a perfezionarla se non il formarne la venerabile faccia. A quella dunque, che era la parte più delicata del suo lavoro, si accinse con particolare attenzione, ed impiegò intera una giornata a tirarne i primi lineamenti per continuare nel susseguenti giorni a renderli compiti. Ritornato dunque nei primi momenti dell’alzarli del sole al proseguimento del suo lavoro, vide con somma sua sorpresa e dolore sfigurata l’incominciata faccia, per opera del nemico infernale, che voleva in tal modo far desistere il devoto giovane dall’intrapresa.

Fu però dalla devozione superato il timore, e si accinse nuovamente il buon uomo a proseguire l’opera incominciata; ma anche nei giorni seguenti trovò nella notte distrutto quanto aveva egli lavorato nel di antecedente. Disperato adunque Rustico di poter arrivare al fine di sua fatica, mentre il terzo giorno colto dalla tristezza disegna di abbandonare l’impresa, ecco si vede comparire avanti due giovinetti, che mostrando dì aver smarito il sentiero, al vederlo così malinconico, li richiesero della ragione del suo dolore; e risaputala cortesemente si esibirono di compiere essi perfettamente il lavoro. Rise il buon pastore alla proferta dei due fanciulli, ed additando loro il diritto sentiero per riporsi in strada gli esortò alla partenza. Fingendo essi di dipartirsi disparvero, e Rustico alquanto raserenato diede nuovamente mano all’opera, benché aspettasse il consueto disturbo dell’ostinato nemico.

Così appunto ritrovò esser nella mattina feguente; onde rinnovatisi il dolore, e la turbazione, mentre si va querelando di sua sciagura, si vide nuovamente avanti i due vaghissimi fanciulli di bianchi lini vestiti, che graziosamente rinnovandogli la proferta di perfezionare il lavoro. Nella disperazione del suo dolore più per levarsi il tedio delle puerili esibizioni, che per speranza di felice esito, consegnò ai due giovinetti il tronco difformato nella faccia, ed i rozzi suoi ferri, che adoperati tosto maestrevolmente da essi perfezionarono in breve ora la maestosa faccia della prodigiosa figura.

Attonito il pastore ad una così inaspettata riuscita, mentre li va interrogando del loro essere, e condizione, si udì rispondere, essere riuscito molto grato alla Madre di Dio il di lui buon animo, ed esser da essa stati mandati a compiere l’opera disturbata per la diabolica invidia, doveva egli portarsi al vescovo ed al governo di Rimini, ed intimare loro, che per ubbidienza al divino volere, dovessero porre l’ammirabile statua in una barchetta senza umano governo, e lasciarla in mare a disposizione della divina previdenza.

Disparvero ciò detto, e l’ubbidiente pastore si portò tosto dal vescovo per rendergli nota la divina volontà; lo che risaputosi ben pretto per la città di Rimini accorsero in folla quei cittadini ad accertarsi della verità del prodigio, che viddero anche susseguitato da miracolose sanazioni.

Conosciuta avendo frattanto con certezza il prelato la verità dei fatti espotti, e risaputi gli occorsi miracoli, ordinò una solenne processione del suo clero, e si portò accompagnato da numeroso popolo al luogo, ove situata era la sacra immagine, la quale essendo stata levata su le spalle dei più qualificati cittadini, s’incamminarono tutti festosi per introdurla in città. Arrivati con così nobile accompagnamento al porto, si fermò con tanta forza la statua della Madre di Dio, che non vi fu sforzo valevole a muoverla; onde connobbero essere precisa ordinazione di Dio, che riposta fosse in una navicella senza condotta di uomo, ed abbandonata alla direzione del cielo.

Così dunque si eseguì, e decentemente adornatala fu riposta in una barchetta, la quale subito a diritto viaggio avvanzò verso Venezia, susseguitandola in altra barca alcuni dei cittadini riminesi desiderosi di vedere l’esito del prodigioso viaggio. Attraversato dunque felicemente il mare, entro la piccola barca carica del sacro peso nel porto di Malamocco, e per i canali della laguna si avviò a Venezia, in cui entrò per quella parte, che si chiama volgarmente Sacca della Misericordia, vicina ad un antica abbazia dedicata a Nostra Signora sotto il titolo di Santa Maria della Misericordia.

Si ritrovavano per loro buona sorte allora in vicinanza dell’abbazia due miserabili; cioè un vecchio cieco con un suo bambino in braccio d’età di anni sette nato muto, per questuare dalla pietà dei fedeli elemosina al loro sostentamento. Al primo comparire della fortunata barchetta sciolse miracolosamente per la prima volta, la lingua il muto fanciullo, ed eccitò il padre a riverire genuflesso quella maestosa matrona, che in seno aveva un vaghissimo bambino, e per di cui beneficio ottenuta aveva la favella.

Attonito il vecchio padre al non più inteso parlare del figliuolo, si sentì riempire di allegrezza, egualmente che di fiducia, e spargendo dai ciechi lumi divote lagrime implorò dalla Santissima Vergine, che riconobbe accennata nella veneranda matrona, la grazia di voler a suo favore raddoppiati i miracoli. Non aveva per anco terminata la fervorosa sua orazione, quando ad un tratto gli si apersero gli occhi, ed ottenne perfettamente la vista.

Frattanto niente fermando il fuo corso la piccola barca si portò  alla riva più vicina alla Chiesa di San Marziale, ove sopravvenendo poco dopo i divoti cittadini di Rimini diedero ragguaglio, e fecero solenne testimonianza dello stupendo e mirabile fuccesso. Si diffuse tosto per Venezia la fama del fortunato arrivo, ed accorrendo il popolo devoto alla venerazione di Maria nell’angelico lavoro, il piovano della chiesa, si portò immantinenti a ragguagliarne il vescovo di Castello, esponendogli tanto l’opera della statua, ed il prodigioso viaggio, accreditati dalla testimonianza dei devoti riminesi, come il duplicato miracolo del cieco padre, e del muto fanciullo, accaduto alla prima comparsa dell’ammirabile simolacro.

Benedisse il prelato (era allora nell’anno 1286 Bartolomeo Quirin) la divina clemenza, che voluto aveva visitare la sua città con si pregevole tesoro, e disegnando di arricchirne la sua cattedrale, prescrisse al piovano, che accompagnato dal suo clero condurre la dovesse alle rive di San Pietro di Castello per trasportarla con decoro a qualche altare della cattedrale.

Ubbidì, il piovano, ma nel voler eseguire gli ordini del fuo prelato; si rinnovarono i prodigi successi nel porto di Rimini, resasi la veneranda statua immobile, e resistente a qualunque umano sforzo. Si palesò con quella nuova maraviglia essere volere di Dio, che collocata fosse nella Chiesa di San Marziale, alla quale poi, acconsentendovi il vescovo, fu con pompa solenne tradotta, onorando la sacra funzione il Doge Giovannni Dandolo con l’accompagnamento della nobiltà, e di numerosissìmo popolo lodando ognuno il Signore, che avesse in quella miracolosa immagine voluto dare a Venezia una nuova testimonianza della protezione di Maria Santissima principale sua avvocata e madre.

Infervorandosi poi alla vista di sì stupende maraviglie la divozione dei fedeli fu delibeiato nell’anno 1296, di adunare sotto il nome di Santa Maria delle Grazie per onorarne la sacra sua immagine, una confraternita, o, come si chiama a Venezia, una Scuola di divoti, i quali assieme dappoi congregati deliberarono di mandare a Roma per impetrare dal sommo pontefice una qualche indulgenza per infervorare i fedeli nel culto di Maria sempre Vergine.

Erano ai quei tempi rarissime, e perciò piu pregiate le indulgenze, che pero dal pontefice furono replicatamente rigettate le suppliche dei divoti confratelli, i quali addolorati già si erano disposti al ritorno. Ma la Vergine Santissima volendo consolata la loro fede, apparve di notte tempo in candida veste col divino suo Figliuolo fra le braccia al Pontefice, e lo esortò ad esaudire le fervorose istanze dei buoni confratelli, comecché avevano per oggetto il di lei culto, ed il vantaggio spirituale dell’anime. A tale celeste avviso si mutò il cuore del papa, e fatti a se chiamare quei buoni uomini, manifestò loro la visione, e ricercò di veder quel, fortunato pastorello, il quale aveva cominciata un’opera perfezionata poi dagli angeli. Alle ricerche del pontefice si riseppe esser egli per alcune disgrazie stato posto nelle carceri di Rimini, che però fu ordinata tosto la di lui liberazione, e fu concessa a favore della nuova confraternità un’indulgenza, che rese consolati gli animi dei confratelli, e gli infervorò vie più nel culto e divozione verso la Madre Santissima, la di cui intercesssione si rese, (come si rende tutt’ora), benefica a molti, che ad essa a cor fiducia ricorrevano.

Col corso del tempo però si andò raffreddando la pietà dei di voti nell’onorare quella ammirabile immagine, finché nell’anno 1504 se ne riacese la devozione, e si rinovò numerosa la confraternità già presto che estinta, risorgendo così più fervorosa nell’universale della città la venerazione alla Madre di Dio rappresentata in quello sacro simulacro, celebrandosi con solenne apparato la di lei festa nel giorno secondo di luglio consacrato alla caritatevole visita da lei fatta a Santa Elisabetta.

Così viene scritto negli antichi registri delle Confraternita sudetta, nei quali consiste sinceramente la piena fede della relazione. (1)

(1) Notizie storiche delle apparizioni e delle immagini più celebri di Maria Vergine Santissima nella città e Dominio di Venezia. Venezia 1761.

 

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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