La Madonna della Scarpa, nella Cappella Zen, Basilica di San Marco
Morendo nel 1501 il cardinale Giovanni Battista Zeno, nipote di Paolo II, lasciava ai commissari testamentari i Procuratori di San Marco de Citra, affinchè eseguissero, le molte opere pie in conformità delle sue disposizioni. E perchè i di lui legati erano designati a beneficio di chiese e di poveri, non solo dell’ordine patrizio, ma anche dei cittadini e del popolo, per tal ragione il Senato assentì, che dai predetti Procuratori gli fosse eretto un monumento decoroso nella basilica di San Marco per riconoscenza di tanti benefici. Il luogo scelto fu in testa dell’atrio, presso la Cappella del Battistero, per cui prese il nome di Cappella Zeno.
L’opera consiste di un magnifico sarcofago, ove sta nella parte superiore sdraiata la figura del cardinale, ed è ornato all’intorno della cassa dalle simboliche virtù principali che spiccarono nell’animo dell’insigne prelato. In testa alla cappella poi si eresse un’altare quasi tutto di bronzo, essendo di bronzo le colonne, il ciborio col Padre Eterno in gloria, il parapetto con la resurrezione di Gesù Cristo e le tre figure grandi al vero di tutto tondo sulla mensa, figuranti la Vergine col Putto nel mezzo, e dai lati i Santi Giambattista e Pietro.
La premura che avevano i Procuratori di vedere compiuta l’opera, fu il motivo che venisse assegnata a due artefici insigni, cioè ad Antonio Lombardo e ad Alessandro Leopardo: ma insorte alcune differenze fra loro nel 1505, furono scelti Zuanne di Alberghetto e Pier Zuanne dalle Campane, in luogo del Leopardo, affinchè insieme con Antonio Lombardo dovessero tirare innanzi quell’opera. Non per tanto essa non progrediva con quei modi che richiedeva il loro impegno. Per ciò i Procuratori vollero, che si costituisse capo di questi lavori Pietro padre di Antonio, obbligandosi di far le figure, e di gettarle quindi Zuanne dalle Campane. Altri inconvenienti protrarono l’opera fin all’anno 1515, in cui toccò il suo compimento, come appare dall’iscrizione posta sul piedistallo di bronzo che sorregge il simulacro della Vergine Madre, in cui leggesi anche il nome del fusore Pietro Giovanni Campanato, o dalle Campane.
Chi poi volesse indagare il motivo per i quale la Madonna che siede nel mezzo dell’altare sia chiamata della Scarpa, e non fosse pago dedurlo dal vedervi questa immagine non con i sandali antichi e propri dell’età in cui visse la Madre di Dio, ma realmente con le scarpe, potrà ripescarlo in quelle popolari tradizioni che hanno origine il più di sovente dalle favole popolari. (1)
La leggenda racconta che un giorno un povero fedele donò alla Vergine l’unica cosa che possedesse, un paio di vecchie scarpe ed esse miracolosamente si trasformarono in oro. Dice il popolo che una delle scarpe manca, perchè la Vergine, allungando il piede, la lasciò cadere e la donò al povero devoto.
(1) Emporio Artistico Letterario. Volume VI Stabilimento Nazionale di G. Antonelli. Venezia 1854
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