Case dello IACP alle Chiovere di San Girolamo, nel Sestiere di Cannaregio

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Case IACP alle Chiovere di San Girolamo, a Cannaregio

Case dello IACP alle Chiovere di San Girolamo, nel Sestiere di Cannaregio

Nell’area delimitata a nord dal Rio de San Girolamo, ad ovest dal Rio de Cà Moro, e a sud dal Rio del Batelo, denominata Chiovere di San Girolamo, vennero costruiti nel 1947, diversi edifici, per complessivi 273 appartamenti.

Posta nel sestiere di Cannaregio in prossimità dell’insediamento del Ghetto, l’isola delle Chiovere di San Girolamo deve il suo nome all’antico monastero benedettino fondato nel 1364 e in particolare all’esistenza, dalla fine del XIV secolo, di un impianto per l’asciugatura dei panni di lana, conseguenza della massiccia colonizzazione da parte di artigiani di provenienza prevalentemente toscana e friulana. L’arrivo di gruppi forestieri determinò infatti in quel periodo un rapido intervento di bonifica delle aree poste ai margini del tessuto urbano, trasformandole in luoghi adatti ad ospitare nuove unità abitative e rispondendo contemporaneamente alla domanda sempre crescente di ampi terreni per l’insediamento delle nuove attività produttive. Cardatori, follatori, lavandai necessitavano di spazi aperti dove lavare, tingere e lasciar asciugare i propri prodotti di manifattura artigianale; proprio quest’ultimo processo di lavorazione richiedeva zone ampie e ventilate, diversamente connotate, il cui elemento comune era dato dalla presenza di particolari chiodi ricurvi su cui venivano appesi i tessuti e dai quali deriva il nome attribuito al sito, appunto “chiovere”. (1)

TOPONOMASTICA:

Le nuove strade che si vennero a formare in seguito alla nuova urbanizzazione furono chiamate: Calle Tintoria, Calle e Campiello de la Porpora, Calle Longa de le Chiovere di San Girolamo, Campiello Chiovere, Ramo de la Vernise, Ramo del Turchese.

Calle Longa de le Chiovere di San Girolamo. Con il termine “chiovere” venivano in passato denominati vasti tratti di terreno dove, dopo la tintura, erano posti ad asciugare i panni di lana e le pezze di seta o lino. Il nome è con grande probabilità derivato dal gran numero di grossi chiodi (chiovi o ciodi) infissi sui tavolati sui quali venivano stese le pezze per l’asciugatura.

Calle Tintoria. L’arte della tintura di stoffe a Venezia vantava una tradizione molto antica che si espanse a partire dal XV secolo accanto all’industria della lana e della seta. La produzione non serviva solo la richiesta interna, ma anche quella estera Le formule delle tinture furono tenute rigorosamente segrete con successo fino alla metà del XVI secolo quando vennero divulgate a mezzo stampa. Le sostanze impiegate per ottenere i vari colori erano di origine sia animale che vegetale ed avevano le provenienze più varie; esse erano descritte nella Mariegola dell’Arte, ma erano le diverse proporzioni, fra coloranti e fissanti nonché qualche elemento che ciascun tintore teneva segreto, a rendere uniche le tinte ottenute dai veneziani. La scoperta dell’America e quindi l’arrivo di merci e sostanze nuove dovuti allo spostamento dei traffici commerciali verso occidente, costituirono per la attività veneziana la perdita dell’esclusività e quindi un danno economico. Di solito i tintori, che si dividevano in tre classi: di tele, di fustagni e di sete, erano proprietari delle attrezzature che utilizzavano, ma potevano anche costituire delle società nelle quali alcuni ponevano i capitali ed altri le cognizioni tecniche e la manodopera. I tessuti, prima della tintura, venivano cimosati e follati, trattati con mordenti che rendessero omogeneo il colore e infine posti ad asciugare su ganci appositi chiamati chiovere. (2)

Calle e Campiello de la Porpora. Il pigmento si estrae dal murice comune, un mollusco gasteropode appartenente alla famiglia dei Muricidi. Viene secreta da una ghiandola, come liquido vischioso di colore violaceo e già nell’antichità veniva utilizzata per la colorazione delle stoffe. In realtà, la porpora poteva avere diverse sfumature di colore, in base alla preparazione. Il più ricercato era sempre il colore rosso porpora come conosciuto oggi, simile al colore del sangue e del fuoco. Per riuscire a tingere anche una sola veste occorrevano migliaia di esemplari.

(1) Insula Informa. N. 11 Trimestrale Dicembre 2000

(2) http://www2.comune.venezia.it/statistica/Territorio/Toponomastica/indice.asp

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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