Chiesa e Convento di San Giacomo di Galizia vulgo San Giacomo

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Joseph Heintz. La processione del Redentore. Particolare con la Chiesa di San Giacomo

Chiesa di San Giacomo di Galizia vulgo San Giacomo.  

Storia della chiesa e del convento

Grato ai benefici della Repubblica di Venezia, col di cui favore ricuperata aveva la Signoria di Padova, Marsilio Carrarese lasciò in testamento nell’anno 1338 una determinata quantità di soldo per fondar con esso nella città di Venezia, e dotarvi un nobile monastero con sua chiesa sotto l’invocazione e titolo di Maria. Assegnò pure il numero dei religiosi, i quali dovevano esser almeno venti dell’Ordine dei Servi di Maria, e costituì il monastero in perpetuo juspatronato del doge, dei consiglieri di Venezia, e dei procuratori di San Marco, perché lo dovessero difendere, e conservare.

Nello stesso anno della data del testamento furono intraprese le fabbriche in luogo opportuno dell’Isola della Giudecca, e nello spazio di quattro anni essendosi perfettamente compite, ne prese a nome del Sacro Ordine dei Servi di Maria nell’anno 1343, il solenne possesso Lamberto Malascotti procuratore della religione, destinato primo priore del nuovo chiostro. Perché però la religione potesse ricever il monastero quantunque soggetto a perpetuo juspatronato, si scrive negli annali dell’ordine che fu d’uopo impetrare la permissione apostolica da papa Benedetto XII, dopodiché fu stabilito per la ristrettezza delle rendite, che ristringere si dovessero al numero di 12 i religiosi destinati alla ufficiatura della chiesa, che per esser dedicata a Maria Vergine si chiamò da quei tempi Santa Maria Novella.

Si variò poi la denominazione, perché essendo la nuova chiesa stata piantata nel sito, dove era prima un oratorio dedicato a San Giacomo Apostolo, e frequentato da una devota confraternita, i confratelli di essa per lasciar intero il comodo alla fabbrica, ed all’ufficiatura della chiesa si trasferirono poi ad un altro luogo, ove istituirono la nobile confraternita di Santa Maria della Carità, prima fra le Scuole dette Grandi, ove collocati stabilirono in memoria dell’antica loro sede di visitare annualmente nella solennità dell’apostolo la chiesa di Santa Maria Novella, che a cagione dell’antico oratorio, e per un cospicuo altare eretto in essa ad onore di San Giacomo ricevette in poi comunemente il nome di San Giacomo della Giudecca.

Compita poi totalmente anche nei suoi abbellimenti la chiesa, ricevette nel giorno 26 di ottobre dell’anno 1371 il decoro dell’ecclesiastica consacrazione da Luca vescovo Cardicense dell’Ordine dei Servi, e vicario generale del vescovo Castellano, che con l’intervento di altri tre vescovi, di Teobaldo Caprulano, di Giovanni Buduense, e di Ugolino Gallipolense, la dedicò a Dio sotto il titolo della Vergine Madre Santa Maria, e dell’apostolo San Giacomo di Galizia, e di San Daniele profeta. Con lo scorrere poi degli anni le rendite del monastero, provenienti dal legato di Marsilio di Carrara, si andarono talmente diminuendo, che ridotte al niente, convenne ai religiosi vivere con estremo disagio, e di sole elemosine, e di pane mendicato. Provvide però la divina clemenza alle angustie dei suoi servi. Poiché avendo nell’anno 1466, Alessandro Turella, con suo testamento ordinata la fondazione di un assai comodo monastero per l’Ordine dei Servi nella Villa di Bagnuoli territorio padovano, sotto la direzione dei Procuratori di San Marco, furono poi nell’anno 1518, la maggior parte delle rendite di questo rurale monastero con apostolica permissione di papa Leone X, assegnate al veneto monastero di San Giacomo della Giudecca, onde non solo migliorò lo stato economico di esso, ma poterono ampliarsi, ed abbellirsi gli edifici troppo angusti, e disadorni.

Cooperò molto poi al decoroso ristabilimento Gabriele Dardano veneziano, figlio di questo Convento, e poi nell’anno 1603 priore generale dell’ordine, che nulla più avendo a cuore che la riedificazione della già vecchia chiesa, dispose tutto l’opportuno per rinnovarla; benché poi prevenuto dalla morte ne dovesse lasciare ad altri la esecuzione. Restò dunque dal zelo dei religiosi perfettamente adempito quanto il buon generale aveva in vita piamente disposto, e rinnovata dai fondamenti la chiesa fu anche con l’erezione di sette altari di scelto marmo formati a totale compimento ridotta. (1)

Visita della chiesa (1733)

La prima tavola entrando in chiesa a mano sinistra con un Crocifisso, che stacca il destro braccio dalla Croce è di Girolamo Brusaferro. Segue la tavola di San Giacomo del Pilotti. L’altra tavola con la Madre Addolorata nell’alto, e sul piano vari religiosi Serviti e pure del suddetto Brusaferro. Nella sacrestia vi è una tavola di Domenico Tintoretto, e due quadretti con la creazione dell’uomo, e della donna, di Andrea Vicentino, ed una Madonna del Zanchi. Nella testa del refettorio vi è un famoso quadro di Benedetto, e Carletto Caliari, che rappresenta il convitto del Levita, opera fatta molto sul gusto del maestro, e molto bella. Nel soffitto poi vi sono tre comparti; nell’uno l’Annunziata; nel fecondo l’Assunta; nel terzo la visita di Santa Elisabetta, ed intorno vi sono vari ornamenti, stanze, pergolati, e cartellami che adornano detti quadri; il Boschini mette indubbio che sia tutto di Paolo, il Ridolfi dice, che le tre nominate storie sono di Paolo, e che gli ornamenti sono di Benedetto, e Carletto sono cose però tutte di gran merito, e degne di essere considerate, può essere, che fossero inventate dal maestro, dipinte dai discepoli, e ritoccate certamente dal maestro stesso. (2)

Eventi più recenti

Nel 1807 i monaci vennero concentrati nel convento dei Servi di Venezia, chiusa la chiesa nelle avocazioni demaniali del 1810, tutto venne atterrato, né altro vedi che una spianata tener luogo di si religiosi monumenti. (3)

(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).

(2) ANTONIO MARIA ZANETTI. Descrizione di tutte le pubbliche pitture della città di Venezia ossia Rinnovazione delle Ricche Miniere di Marco Boschini (Pietro Bassaglia al segno di Salamandra – Venezia 1733)

(3) ERMOLAO PAOLETTI. Il fiore di Venezia ossia i quadri, i monumenti, le vedute ed i costumi. (Tommaso Fontana editore. Venezia 1839).

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