La Scuola (o Sinagoga) Italiana, in Ghetto Nuovo
Storia del Ghetto
Il trattenersi degli Ebrei in Venezia è antichissimo, trovandosi documenti che li ricordano sino dal 1152. Nel 1394 l’università ebraica venne scacciata da Venezia e confinata a Mestre. Troppo vicina a Venezia è questa località perché un tale confine non potesse essere infranto. Difatti prima alternativamente passavano gli Ebrei quindici giorni a Venezia e quindici a Mestre, e poi al tutto si stabilirono nella città senza essere ristretti in nessun luogo; ma sparsi vivendo per le contrade, dove avevano le proprie sinagoghe.
A differenziare gli Ebrei dai cristiani fu introdotto prima l’obbligo in essi di portare un O di tela gialla, e poi nel 1496 un berretto giallo, cambiato in seguito in un cappello rosso, dal quale erano dispensati nei soli viaggi.
Ma nel 1516, ricondotti gli ebrei legalmente da Mestre a Venezia, fu loro prescritto il domicilio nel Ghetto. Da quel momento il Ghetto si andò sempre più ampliando, instituendosi contemporaneamente le sinagoghe per le varie nazioni. Cinque tali sinagoghe: tre in Ghetto Vecchio, e cioè la Levantina, la Ponentina o Spagnola e la così detta Luzzato, le altre in Ghetto Nuovo e cioè la Grande Tedesca, la Canton e quella Italiana. (1)
Storia della Scuola Italiana
La Scuola Italiana venne costruita nel 1575 dagli Ebrei appartenenti alla “nazione” italiana, certamente la più povera e la meno numerosa. I restauri e le aggiunte compiute nei secoli successivi non ne hanno mutato l’aspetto originario. La sinagoga è riconoscibile per i cinque ampi finestroni ad arco, e per una bella cupola barocca ad ombrello. Sopra la finestra centrale è uno stemma con corona con scritto “Santa Comunità Italiana nell’anno 1575”; sotto una piccola lapide a ricordo del Tempio.
L’aula di culto ha pianta rettangolare, l’ingresso è posto al centro del lato lungo, l’Aròn e la Tevà, sono posti sui lati corti. Lungo le pareti corrono i banconi e un rivestimento ligneo fino all’altezza delle finestre, mentre i banchi sono posti paralleli al lato lungo. Il matroneo è inserito sopra l’ingresso, con grate abbassate in simmetria con i finestroni quadrangolari che immettono luce dall’atrio della sala. Il soffitto ha una decorazione a cornice con motivi geometrici rettangolari e circolari. L’Aròn ha le portelle intagliate all’esterno e con incisi i dieci comandamenti all’interno. Più appariscente è la Tevà o Bimà, un pulpito impreziosito da un coronamento sorretto da colonne e da un’abside che si apre sotto una cupola. (2)
(1) Ermolao Paoletti. Il fiore di Venezia ossia i quadri, i monumenti, le vedute ed i costumi. (Tommaso Fontana editore. Venezia 1839).
(2) Umberto Fortis. Ebrei e Sinagoghe. Venezia 1973
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