Chiesa di San Marziale di Limoges vulgo San Marzilian
Storia della chiesa
Nei principi del secolo VIII, allorché Venezia con l’aggiunta di nuove fabbriche, e di più numeroso popolo andava rendendosi grande, la famiglia Dardana, che in quei tempi era venuta a stabilirvi il suo domicilio, aiutando col soldo, di cui era ricca i nuovi cittadini a moltiplicare abitazioni, fu la cagione che si fabbricasse tutto quel tratto di luogo, che ora forma la contrada di San Marziale, detta volgarmente San Marcilian. Perché poi gli abitanti assai accresciuti di numero avessero i loro spirituali sovvenimenti, la patrizia famiglia dei Bocchi eresse ad onore di San Marziale vescovo di Limoges una chiesa, che accolse sotto la sua cura parrocchiale tutte le case circonvicine. Resa essa chiesa cadente per l’antichità, verso il fine del XVII secolo si pensò a rinnovarla, e la pia diligenza del di lei piovano Giuseppe Pasquini col proprio, e con l’altrui caritatevole soccorso ben presto la rinnovò assai ornatamente dai fondamenti, cosicché nell’anno 1693 si vide compita, e fu poi con solenne pompa consacrata dal patriarca Pietro Barbarigo nel giorno 28 di settembre dell’anno 1721. È formato il capitolo di questa chiesa dal piovano, da due preti, da un diacono, e da un suddiacono titolari.
Per tre illustri vittorie riportate dai veneziani nel giorno festivo di San Marziale a Zara, e nel Golfo di Romania contro i Turchi, e nell’anno 1373 contro i padovani, ed altri loro collegati, deliberò l’autorità del Maggior Consiglio nel giorno 3 di luglio dello stesso anno, che per rendimento di grazie a Dio, dalla di cui pietà, ed all’intercessione di Maria Vergine di lui Madre, e dei Santi Marco e Marziale si riconoscevano sì gran beneficenze, dovesse per l’avvenire esso giorno essere fra i solenni, che sogliono comunemente chiamarsi Feste di Palazzo.
È celebre in questa chiesa così per la frequenza dei miracoli, come per l’antico costante culto, una devota immagine di Nostra Signora, di cui riferisce la tradizione, essere dai lidi di Rimini pervenuta direttamente senza opera umana alla Chiesa di San Marziale, ove a di lei venerazione fu istituita una devota confraternita. Nei vecchi libri di questa si legge registrato, benché in tempi posteriori, questo mirabile avvenimento, le di cui circostanze senza aggiunger loro, o diminuire fede sono queste con fedeltà ed esattezza trascritte.
Tenendo la sede di San Pietro Niccolò Papa IV, un devoto pastore per nome Rustico nel territorio di Rimini mentre pascolava le sue pecore alla riva d’un fiumicello, ritiratosi per fuggir le ore calde del meriggio all’ombra di una pianta, vide non lontano un tronco d’albero, che aveva in sé come un abbozzo di umana figura. Come però egli nutriva per la Vergine Madre di Dio una tenerissima devozione, così si sentì internamente mosso, benché affatto ignaro nell’arte della scultura, di formarne un simolacro della Vergine Santissima, e tosto posta mano all’opera condusse il lavoro a tal termine, che per renderlo perfetto gli mancava, la sola faccia. Mentre dunque con più attenta diligenza ne va formando il volto, sopravvenuta la notte lasciò imperfetta l’opera, che nella susseguente mattina vide con suo grave dolore malamente guastata. Ciò poi essendogli replicatamente accaduto, il buon uomo timoroso della rabbia del comune nemico, risolse di desistere dall’intrapresa. Ora fluttuando egli addolorato tra diversi pensieri, gli apparvero all’improvviso due vaghi, e ben vestiti fanciulli, che mostrando d’aver fallata la strada lo interrogarono della cagione di sue angustie, si esibirono pronti a compire l’incominciato lavoro. Rise il buon pastore alla fanciullesca profferta, ed indicata loro la retta strada gli accomiatò, ed indi confortato anco dai giovani stessi si pose con maggior efficacia all’opera, che per il terminare del giorno lasciò pur imperfetta. Al susseguente mattino vide pur anche questa si stata deformata la virginale faccia, del che mentre egli si querela, nuovamente se gli fecero vedere i due giovani, e rimproverata la di lui miscredenza intrapresero il lavoro, che nel breve tempo di un’ora restò perfettamente compito.
Attonito a tal prodigio l’innocente pastore gli interrogò chi fossero, e ne ebbe in risposta essere stati mandati dalla Regina del Cielo, affinché il di lei simulacro, il di cui compimento si disturbava dalla rabbia del demonio, si perfezionasse per ministero degli angeli. Gli commisero poi che portar si dovesse al vescovo di Rimini, e per comando della Madre di Dio dignificargli, doversi il prodigioso simulacro riporre in una vuota barchetta e lasciarlo alla direzione della provvidenza divina.
Conosciuta dal vescovo la verità del meraviglioso successo, si portò a venerare il virginale simulacro, e comandò che per mano dei sacerdoti fosse trasportato in Rimini. Mentre ciò si eseguiva, arrivata che fu la sacra pompa al porto della Città, si rese la sacra immagine tanto pesante, che non valendo forza alcuna più a muoverla, si risolsero di ubbidire al divino volere, e la collocarono in una piccola barca a discrezione dell’acque. Ma ne subentrò tosto al governo la disposizione di Dio, e la piccola navicella con stupore di molti Riminesi, che l’andarono seguitando, a diritto cammino entrando nel porto di Malamocco per li interni canali della laguna, si portò a dirittura alle rive, della Chiesa di San Marziale. La vide venir da lungi un fanciullo nato muto, il quale stando fra le braccia di suo padre povero mendico, e privo affatto di vista, con improvvisa festosa voce l’ammonì di venerare devotamente il verginale simulacro della Madre di Dio. All’udir le voci ben articolare del figlio piegò tosto le ginocchia a terra il cieco padre, e ne rese umili grazie alla potente intercessione della Vergine. Indi mentre la prega a raddoppiare a di lui favore i prodigi si sentì in un istante aprire gli occhi al godimento della luce.
Alla fama di tanti miracoli accorse il Vescovo di Castello, ed avendo risaputa dai cittadini riminesi la serie dell’ammirabile arrivo, comandò tosto al piovano di San Marziale, che condur dovesse la venerabile immagine alla chiesa cattedrale; ma essendosi rinnovato in tale occasione il miracolo d’una insuperabile immobilità, fu lasciato alla Chiesa di San Marziale il godimento di sì riguardevole tesoro, che con l’intervento del principe, e del senato fu solennemente collocato ad un altare ad onore della Vergine Madre di Dio decentemente eretto. Fu poi dopo la fabbrica della nuova chiesa, riposa la sacra immagine in un magnifico altare di marmo, continuando tuttavia la divozione frequente del popolo a venerarla, massimamente nel giorno secondo di luglio sacro al mistero della Visitazione di Maria. (1)
Visita della chiesa (1839)
Ad una sola nave è questa chiesa, né un’altra ve ne è che la uguagli nel gusto barocco e caricato proprio del secolo in cui sorse. Antonio Zanchi fece la tavola del primo altare, e quella del secondo col Redentore ed i Santi Pietro e Paolo è opera assai pregiata di Jacopo Tintoretto. Antonio Molinari fece quelle del terzo coi Santi Francesco d’Assisi ed Antonio di Padova, e Domenico Tintoretto, nei due quadri a fianco dell’altare maggiore, eseguì l’Annunziazione.
Il gran quadro con la Risurrezione nella cappella maggiore è di Antonio Aliense. Dotta immaginazione, nobile partito è in questo dipinto. Il quadro opposto con la Crocifissione, di molto a questo inferiore, è di Domenico Passignano.
Passando al sinistro fianco della chiesa, il transito di San Giuseppe nel primo altare è bel lavoro di Antonio Balestra, nel secondo sta l’anzidetto simulacro della Beata Vergine e nell’ultimo altare si ammira la tavola del Tobia guidato dall’Angelo, dipinta da Tiziano nel sesto lustro dell’età sua. Tutto è genio in essa e dottrina nell’artifizio. La testa del Tobia non può avere più di vita e quella dell’angelo è tutta grazia e vivacità. Si osservi come esso si muove spiritosamente senza che ombra vi appaia di affettazione veruna. In questo stava il grande secreto di Tiziano: nascondere coll’arte ciò che l’arte pur tutto faceva.
Non più che una scuola era in questa chiesa, oltre quella del Santissimo, cioè quella della Madonna delle Grazie. (2)
(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).
(2) ERMOLAO PAOLETTI. Il fiore di Venezia ossia i quadri, i monumenti, le vedute ed i costumi. (Tommaso Fontana editore. Venezia 1839).
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