Famiglia Gradenigo

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Stemma della famiglia Gradenigo. Famiglie Venete con le loro armi. Biblioteca Estense universitaria

Famiglia Gradenigo  

Se incerto e gravide di contraddizioni sono le origini di parecchie famiglie veneziani, quella dei Tradonico, detta poi Gradenigo, sovrabbonda oltre misura. Pier Antonio Motti la vuol derivata dalla gente romana Anicia, trasferita da Roma in Aquileia, e quindi, per la incursione di Attila, venuta nell’isola di Grado, che essa gente edificò ed appellò Nuova Aquileia; e perché quest’isola emerse dalle acque, ottenne il nome di Grado, che unito con il cognome di Anicio, si formò, dice il Motti, né si saprebbe come, quello di Grado-Nicio, e più volgarmente Gradonico e Gradacio, assunto allora da quella famiglia. Aggiunge egli, contraddicendosi poi, che la famiglia stessa portasse già il pronome di Grado, e per ciò lo desse alla nuova città da essa edificata. Codesta novella è riconvenuta di falso da Giovani Battista Pigna, nella Storia dei principi d’Este.

Lo Zabarella, nella Trasea Peto, vuole invece derivata questo casa dagli Adretizii Gradeili, che da Roma provennero in Aquileia: ed esso pure si contraddice poi, nell’altra sua opera appellata Aula Heroum deducendola dalla genie Memmia romana, fantasticando derivato il cognome Gradonico dalle isole di Grado e Nico da essa abitate. Al contrario, in una vecchia cronaca, citata dal Cappellari, si dice, provenuta la casa in parola dalla Transilvania, ove teneva signoria e possedimenti amplissimi, da cui poi venne cacciata, ignorandosene positivamente la causa; e quindi pervenuto in Aquileia vi dimorò fino alla distruzione di quella citta, accaduta per opera di Attila: percui, unitisi i Gradonici col vescovo Paolo, ripararono nelle lagune e fondarono Grado, passando, con l’andare degli anni, a Rialto. Ma è pur questa una favola; essendo che Paolo vescovo pervenne nelle lagune quasi due secoli dopo, e per la incursione dei Longobardi.

Giorgio Pisoni e Giovanni Francesco Palladio, quello nella sua Storia di Belluno, e questo, in quella del Friuli, dicono, con poco diversità, che provenne da Aquileia nelle isole, e che da essa derivarono le due altre famiglie Delfino e Gradolino. Concordano con questi due storici il Malfatti, nella sua Cronaca, il Gualdo, nella Vita del patriarca Giovanni Delfino, ed il Frescot, altre volte citato, nel dedurre li Gradenighi da Aquileia o Grado, e da questa a Rialto. Il Frescot è indeciso però, se Grado ricevesse il nome dalla famiglia, o questa dalla città che portassi od abitare. Il Pagliarini, il Marzari, il Barbarano, ed altri cronicisti vicentini, ai quali si aggiungono Giovanni Pietro Crescenzio, nello Corona della nobiltà d’Italia, e Francesco Scotto, nell’Itinerario d’Italia, sostengono, in quella vece, che da Vicenza riparassero nelle lagune per le incursioni dei barbari. A ciò li muove a credere il vedere per lunga età, e fino al 1250, vive le memorie di questa casa in Vicenza; di che ne fa prova a una lapide sepolcrale che esisteva nel chiostro di San Michele.

Per quantunque modo sia il fatto, certo è però, che per molto spazio di tempo i Gradenigo governarono l’isola di Grado, ed eressero ivi la chiesa di San Giovanni, e forse l’altra degli Apostoli. Fabbricarono anche la chiesa di San Cipriano di Murano, ed in Caorle quella di santo Stefano, e contribuirono allo edificazione delle chiese di San Paolo, di Sant’Agostino e dei Frari, in Venezia. La remota nobiltà di questa casa apparisce più spiccatamente, dal vederla annoverata fra le dodici famiglie, che costituirono il primo corpo della Repubblica, e perciò detto Apostolica. (1)

Vanta questa famiglia un Giovanni, che seguì nella fuga il doge Pietro Orseolo, suo suocero, e che, vestito l’abito di San Benedetto, morì nel 1016 a Montecassino in odore di santità. Vanta pure, in mezzo a molti patriarchi, vescovi, generali, senatori ecc., tre dogi, fra i quali Pietro fece adottare nel 1297 la famosa legge che riformò l’antica costituzione Veneta, sostituendo all’originaria democrazia, l’aristocrazia ereditaria. Questo doge domò anche la ribellione di Baiamente Tiepolo, e morì nel 1311 avendo sepoltura in chiesa di San Cipriano di Murano, fondata nel 1108 dalla di lui famiglia, e juspatronato della medesima. Di un’altra linea famigliare fu quel Pietro Gradenigo, che, sullo scorcio del Settecento, raccolse nel suo palazzo di Santa Giustina un museo, ed una scelta biblioteca. Egli ci lasciò alcune opere manoscritte, come le Memorie concernenti le Vite dei Veneti Cancellieri Grandi, i Casi Memorabili Veneziani, gli Anni Emortuali di diversi personaggi distinti, ed altre che si conservano nella Marciana. (2)

Innalza per arme uno scala d’argento posta in banda in campo vermiglio. (1)

(1) Il Palazzo Ducale di Venezia Volume IV. Francesco Zanotto. Venezia MDCCCLXI

(2) Giuseppe Tassini. Curiosità Veneziane ovvero Origini delle denominazioni stradali di Venezia. Tipografia Grimaldo Venezia 1872

I dogi della famiglia:

Pietro Gradenigo. Doge XLIX. Anni 1289-1311
Bartolomeo Gradenigo. Doge LIII. Anni 1339-1342
Giovanni Gradenigo. Doge LVI. Anni 1355-1356

Dall’alto in basso, da sinistra a destra: Ramo de Cà Bernardo, 2181A (San Polo) – Riva del Carbon, 4169 (San Marco) – Salizada San Lio, 5473 (Castello) – Calle de le Balote, 4869 (San Marco)

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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