Giovanni Gradenigo. Doge LVI. Anni 1355-1356

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Giovanni Gradenigo. Doge LVI. Anni 1355-1356

Alli 21 aprile 1355 gli elettori nominarono a doge Giovanni Gradenigo, uomo che, quantunque toccasse il quintodecimo lustro di età, fu per zelo e rettitudine reputato il migliore in tanto commovimento degli animi per l’accaduta congiura.

E, per verità, amator della pace e del ben essere della nazione, cercò tosto di por termine alla lunga e dolorosa guerra con Genova; sicché, aderendo agli inviti del duca di Milano, ivi spedì ambasciatori, i quali, uniti con quelli di Genova, conchiusero finalmente, il dì 1 giugno, trattato di pace, nel quale furono compresi il duca stesso di Milano, ed i signori di Padova, Verona, Mantova, Ferrara e Faenza.

Questa pace fece che poco stette Venezia a risorgere, imperocché presto ebbe modo di rimettere in mare nuova flotta, e riprendere con alacrità i suoi traffici, stringendo trattati coll’Egitto, con la Barberia, con le Fiandre e col gran can dei Tartari; e ciò ad onta che avvolta si trovò poco stante in una nuova guerra, a cagione di Lodovico re d’Ungheria. Il quale, cogliendo pretesto da alcuni danni recati ai suoi sudditi da legni siciliani entro il Golfo, di cui i Veneziani si vantavano protettori e difensori, dichiarava leso, per quell’avvenimento, il trattato, onde i rispettivi sudditi dovevano esser sicuri e tutelati.

Appena la Repubblica seppe la nuova emergenza, mandò provveditori in Istria, in Dalmazia, in Slavonia a ben presidiare le piazze; spedì a protezione del Golfo una flotta; e nella prossima Terraferma, e massime a Treviso, prese non minori provvedimenti.

Assumeva la guerra larghe proporzioni, in quanto che collegati si erano al re unghero, Alberto e Mainardo conti di Gorizia e il patriarca di Aquileja; e si temeva ancora che vi aderisse il Carrara, signor di Padova, il quale all’ambasciatore speditovi, Lodovico Vital, rispondeva parole ambigue, che intraveder facevano il suo animo maldisposto.

Intanto re Lodovico penetrava nella Dalmazia, e, entrato nel Friuli, si impadroniva di Sacile e Conegliano, giungendo fin sotto Treviso. In questo stato erano le cose, allorquando, il dì 8 agosto 1356, veniva a morte doge Gradenigo, uomo dotato di ferrea memoria e dottissimo nelle patrie leggi, egli voleva strettamente osservate, come dice il seguente suo breve; ed otteneva sepoltura nel capitolo dei Frari, entro un’urna dorata, senza iscrizione.

Il suo ritratto tiene nella destra mano un cartellino, su cui si legge:

MEMORIA ET IVRIS PERITIA CLARVI,
CVM LANVENSIBVS VTILE FOEDVS INII. (1)

(1) Il Palazzo Ducale di Venezia Volume IV. Francesco Zanotto. Venezia MDCCCLXI

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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