Chiesa e Monastero di Gesù e Maria vulgo de le Muneghete

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Calle de le Case Nove. Luogo dove si ergeva la Chiesa di Gesù e Maria vulgo de le Muneghete - Santa Croce

Chiesa di Gesù e Maria vulgo de le Muneghete. Monastero di Monache Agostiniane. Chiesa e Monastero demoliti

Storia della chiesa e del monastero

Tutto il corso dell’ammirabile vita di suor Angela Maria Pasqualigo, fondatrice del monastero dedicato a Gesù e a Maria, può dirsi sia stata una disposizione della Divina Providenza, che la volle istitutrice malgrado molte umane contrarietà, che vi si opposero. Nacque questa buona vergine in Venezia nel giorno 29 di settembre dell’anno 1562. e ben dalla prima sua infanzia diede contrassegni di essere stata prescelta da Dio, e prevenuta con benedizioni di santità. Aspra contra il suo delicato corpo non sapeva concedergli altra quiete, che quella dell’orazione, a cui donava quanto tempo le restava dall’operare domestico. Nell’età di nove anni restata orfana dei suoi genitori si adottò per Madre Maria Santissima, di cui ne senti poi sempre utile il patrocinio, massimamente allorché caduta tra le fiamme prodigiosamente ne restò illesa. Dalla casa di una sua zia materna, ove insieme con Lucia sua sorella si era ricoverata, passò non molto tempo dopo ad abitare con Antonio suo zio paterno, che destinato dalla Repubblica ad un governo nell’Isola di Candia, là seco condusse le nipoti, dove richiesta in matrimonio Angela da un giovane ugualmente nobile che ricco, mai poté né per minacce, né per preghiere essere rimossa da quel costante proposito, che fatto aveva di conservare la sua verginità intatta a Gesù Cristo. Morto lo zio nel fine di sua reggenza, entrò con la sorella nel Monastero di Santa Caterina di Candia, ove fecero ogni sforzo le monache per seco trattenerla, offrendole persino il governo del monastero; ma sentendosi ella chiamata altrove, mai poté quietarsi di stabilire ivi una perpetua dimora.

Superata frattanto molte difficoltà, ritornarono le povere giovani alla loro patria, ove ributtate dai parenti, ed abbandonate da tutti convenne che si riducessero a miseramente vivere in un’angusta cameretta. Quasi però che la loro miseria fosse poco per saziare l’animo ansioso di patire, ai domestici disagi aggiunse le volontarie penitenze di lunghi, e frequenti digiuni, per lo più sofferti in pane ed acqua, di quotidiane discipline a sangue, e di un orrido cilicio, con cui dì e notte teneva coperte e afflitte l’innocenti sue carni. Matura dunque alla grande opera, a cui Dio la destinava, essendosi già appresso tutti sparsa la fama della di lei santità, cominciarono prima a frequentemente visitarla alcune nobili e civili donzelle, che sempre più animate e dalla dolcezza del suo tratto, e dall’esempio di sua virtù, se le diedero per discepole e compagne; dal che intese la Serva di Dio essere ella destinata alla fondazione di un monastero. Per disporne però i mezzi, procurò ella prima di ricuperare dalle mani di chi illegittimamente li aveva usurpati i beni di sua casa paterna, il che ottenuto, mentre sperava tranquillamente procedere nell’ideata impresa, ebbe a provare contro di sé gli sforzi dell’inferno per divertirne i principi.

Sparsa la fama del nuovo monastero, che si disegnava, chi derideva la povertà della fondatrice, chi né esagerava troppo coraggiosa l’impresa, come contraria alle pubbliche leggi, né vi mancò chi ardisse di sciogliere la sanguinosa lingua contro gli irreprensibili costumi di Angela, e delle di lei compagne. Fra tante, e sì orribili persecuzioni intrepida la buona vergine tutto soffrendo in pazienza, altro non fece che raddoppiare l’austerità contro sé stessa, e le orazioni a Dio; onde merito di vedere talmente cangiate le cose, che i di lei più gagliardi persecutori rapiti dalla di lei virtù ne divennero benefici protettori.

Spiccò la forza del Divino aiuto, allorché avendo per il numero assai dilatato di sue compagne ricercato di avere una casa più comoda, che serviva allora per l’adunanza di divertimento di alcuni giovani nobili, quantunque questi facessero ogni sforzo in contrario, pur loro malgrado l’ottenne, e con eguale facilità ricevette dal Magistrato de Sopra Ospitali una casa, quantunque al principio i Giudici se le mostrassero mal inclinati, e contrari; disponendo così la divina provvidenza, che tutti gli emuli di essa o si rivolgessero a proteggerla, o durando ostinati nella loro malizia soggiacessero ad esemplari castighi della
giustizia di Dio.

Furono dunque disposte le acquistate case in forma regolare di un piccolo monastero bensì ristretto, ma altamente acconcio, nel di cui Oratorio dedicato a Gesù e Maria celebrò il primo la messa nel giorno 25 di febbraio dell’anno 1623 il Patriarca Giovanni Tiepolo, ammettendo alla partecipazione della celeste mensa Angela col coro delle verginelle di lei figlie. Fu scelta al vivere spirituale delle religiose la regola di Sant’Agostino, ed intrapresa poi nell’anno 1633 la fabbrica della nuova angusta chiesa sotto la stessa invocazione, in cui era il primo Oratorio di Gesù, e Maria, fu ridotta nel breve giro di un anno a perfezione; sicché nel giorno 26 di luglio dell’anno seguente poté essere solennemente benedetta.

Mentre ciò si andava col divino aiuto compiendo, volò al cielo l’ottima di lei sorella Lucia, colpo che quantunque gravissimo al cuor di Angela fu da lei ricevuto con rassegnazione e tranquillità. Si rivolse ella poi a ciò che riguardava lo spirituale esercizio del monastero, che però avutane per missione dal Senato, fece porger umili suppliche al pontefice, acciocché la regola di Sant’Agostino già da lei scelta a direzione delle sue figlie, fosse con autorità apostolica nel nuovo monastero istituita, ed approvate pure fossero alcune costituzioni da lei formate per il governo del monastero. Si andò tanto dilazionando il rescritto, che già vi era chi si avanzava a consigliare la fondatrice a desistere dall’intrapresa; ma piena ella di fiducia in Dio con la forza, dei digiuni, e delle orazioni, ottenne finalmente da papa Innocenzo X, nel giorno primo di luglio dell’anno 1647, l’affermazione della regola, e la conferma delle costituzioni; onde il luogo restò canonicamente eretto a monastero. Recatone a Venezia l’avviso, rese Angela devote grazie a Dio; indi elesse con permissione del patriarca da Monastero di Sant’Andrea Cherubina Balbi, vergine di pietà, e prudenza esimia, perché a norma del pontificio diploma piantasse nel nuovo chiostro la religione di Sant’Agostino. Dopo ciò, quasi ché nulla più le restasse che operare in terra, sorpresa la venerabile fondatrice da infermità; mortale con acuti dolori da lei tollerati con miracolo di pazienza, placidamente riposò in pace nel giorno 12 di aprile dell’anno 1652, e dell’età di novant’anni. Il di lei corpo fu dalle afflitte figlie deposto in un luogo appartato.

A consolazione di quelle vergini, che piangevano la perdita della loro Madre, il patriarca Giovanni Francesco Morosini loro condusse dai chiostri di Sant’Andrea nello stesso anno 1652, la sopra lodata Cherubina Balbi, istituendola prima priora del nuovo monastero, che tale formalmente divenne per l’imposizione della clausura. La piccola, ma ben adorna chiesa fu poi arricchita col dono del corpo di Santa Sabina martire e delle teste dei Santi Flavio, e Massimino pure martiri, tratti dai romani sotterranei, ove giacevano sepolti. (1)

Visita della chiesa (1839)

La clausura terminò nel 1805, anno in cui passarono queste monache nel convento di Sant’Andrea. Per opera del parroco di San Cassiano Domenico Bazzana nel 1821 in questo convento furono introdotte le monache servite eremitane con titolo dell’Addolorata.

Aveva nei diversi altari pitture di Pietro Mera di origini fiamminghe, un soffitto e altri quadri di Angelo Venturini, un dipinto di Domenico Tintoretto (1560-1635) rappresentante la Vergine con San Giuseppe, Sant’Anna e San Giovanni Battista. Nel 1955 la chiesa e il monastero vennero demoliti, al loro posto vennero costruite delle case popolari. (2)

(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).

(2) ERMOLAO PAOLETTI. Il fiore di Venezia ossia i quadri, i monumenti, le vedute ed i costumi. (Tommaso Fontana editore. Venezia 1839).

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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