La Morte, in un graffito in Callesela Rota a Sant’Agnese

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La Morte. Graffito su uno stipite della porta di terra del Palazzo Contarini dal Zaffo in Callesella Rota a Sant'Agnese

La Morte, in un graffito in Callesela Rota a Sant’Agnese

Gli antichi fecero della morte una divinità figlia della notte, le dettero per fratello il sonno eterno, di cui il sonno dei viventi non è che una debole immagine. Pausania parla di una statua della notte che teneva in braccio due fanciulli, il Sonno e la Morte; l’uno che vi dorme profondamente e l’altro che fa sembianza di dormire.

Si dipingeva la morte come uno scheletro con una falce e gli artigli avente una veste seminata di stelle di color nero, con ali nere. Mors atris circumvolat alis, dice Orazio. Le si sacrificava un gallo, quantunque la si guardasse come la più spietata delle divinità. Di tutti gli spettri di questa terra, la morte è il più spaventoso. In un anno di carestia, un contadino si trova in mezzo di quattro figli, che si mordono le mani, che dimandano pane, ed egli non ha di che sfamarli. La disperazione s’impadronisce di lui, afferra un coltello, sgozza i tre maggiori, il più giovane che stava per colpire, gli si getta ginocchioni davanti e grida: non uccidetemi non ho più fame.

La Morte così poetica perchè riguarda le cose immortali, così misteriosa a cagione del suo silenzio, esalta talmente l’immaginazione in certe situazioni di spirito, che si crede che si annunzi in mille modi, che ora si faccia sentire con un tintinnio di campana che suona da sè; ora chi deve morire sente tre colpi sul soffitto della camera; che certi segni predicono la morte dei nostri più cari.

Fra gli ebrei tosto che l’ammalato è abbandonato dai medici si fa venire un rabbino, accompagnato per lo meno, da dieci persone. L’ebreo ripara il male che ha potuto fare; poi cambia di nome, onde l’angelo della morte che, deve punirlo, non lo riconosca; poi dà la benedizione ai figli, se ne ha, e riceve quella di suo padre se non lo ha ancora perduto. Da quell’istante non si lascia più solo, per paura che l’angelo della morte, il quale è nella sua camera non gli faccia qualunque violenza.

Questo cattivo spirito, dicono, con la spada che stringe nella sua destra, appare cosi spaventevole, che l’infermo ne è atterrito. Da questa spada che tiene brandita sopra di lui, colono tre goccie di un liquore funesto: la prima che cade l’uccide: la seconda lo rende pallido e deforme: la terza lo corrompe e lo fa divenire infetto e fetente. Appena l’infermo è spirato, gli astanti gettano per la finestra tutta l’acqua che si trova nella casa, la credono avvelenata perchè l’angelo della morte, dopo aver ucciso l’infermo, vi immerge la sua spada, onde lavarla dal sangue. (1)

La Morte, rappresentata come un scheletro che reca in mano una clessidra, è incisa su uno stipite della porta di terra del Palazzo Contarini dal Zaffo, in Callesela Rota a Sant’Agnese.

(1) Dizionario infernale ossia esposizione della magia. Milano Editore Francesco Piagnoni 1874.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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