La festa per l’incoronazione di una Dogaressa

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Andrea Michieli detto Vicentino. Processione in piazza San Marco con il corteo della dogaressa Morosini Grimani. Fondazione Luciano Sorlini (foto dalla rete)

La festa per l’incoronazione di una Dogaressa

Non tutte le mogli dei dogi si incoronarono. Nel secolo XV furono incoronate Giovanna Dandolo, moglie di Pasquale Malipiero, Cristina Sanuto, moglie di Cristoforo Moro, e Dea Morosini, moglie di Nicolò Tron; nel secolo XVI Zilia Dandolo, moglie di Lorenzo Priuli, e Morosina Morosini, moglie di Marino Grimani. Poi nel 1646 tali incoronazioni vennero proibite, e soltanto si derogò alia legge nel 1694 a favore d’Elisabetta Querini, moglie di Silvestro Valier.

Giunta la giornata prefissa, il Senato, con i comandadori, e con i secretari, innanzi ai quali incedeva il Cancellier Grande, montava sul bucintoro indirizzandosi alla casa ove abitava la dogaressa. Usciva questa ad accogliere l’onorevole deputazione sull’alto della scalea, vestita di drappo d’oro, e coperta il capo di un candido velo. Si poneva quindi a sedere nel mezzo della sala ringraziando i venuti della loro visita. Colà, per mezzo del Cancellier Grande, prestava giuramento di fedeltà, e dopochè le era posta in capo una berretta d’oro alla foggia del corno ducale, presentava i sei Consiglieri della Signoria, ed il Cancelliere di un’aurea borsa per testa, contenente un’aurea medaglia con la propria effigie.

Levatasi poi da sedere, veniva condotta in bucintoro alla Piazzetta di San Marco con la compagnia di circa duecento giovani gentildonne in vesti bianche, e di venti matrone in vesti nere, e con il seguito di molte gondole, e di molti brigantini magnificamente addobbati dalle Corporazioni dell’Arti. Successo l’arrivo fra gli applausi, i musicali concenti, il suono delle campane, e le salve d’artiglieria, incominciava a sfilare il corteo verso la basilica, sotto archi trionfali.

Comparivano primi i bombardieri seguìti dagli artieri con i loro gonfaloni, e da molti suonatori di pifferi, trombe, e tamburi. Ad essi tenevano dietro gli scudieri del doge, le gentildonne giovani, le matrone, il chierico della principessa, i due gastaldi del doge, i secretari, il cappellano ed i cancellieri inferiori, venendo poi il Cancellier Grande con i figliuoli, con i nipoti, con i fratelli, e con le sorelle del doge e della dogaressa. Si avanzava quindi quest’ultima assistita da due scudieri, ed avente due caudatari, che le sostenevano il manto. Il Senato chiudeva la lunga processione, la quale, dopo aver fatto il giro di tutta la Piazza, veniva accolta alla porta principale della chiesa dal primicerio e dai canonici ducali con la croce innalberata, e con i cerei accesi. In quel sito il primicerio dava da baciare alla dogaressa la pace, accompagnavala con il di lei seguito innanzi l’altar maggiore, intonava in di lei onore il Te Deum, e presentavale il libro degli Evangeli perchè rinnovasse il giuramento di fedeltà. La dogaressa, montato l’altare, vi deponeva, a benefizio del capitolo, una borsa contenente un centinaio di ducati, dopodichè sedeva sul trono ducale, aspettando che uscisse di chiesa il corteo, dietro cui saliva al palazzo.

Frattanto, passando per il corridoio del primo piano, entrava nelle stanze delle vicine magistrature, ciascuna delle quali veniva in quell’occasione occupata dalle mostre d’Arti della nostra città. Splendidissimo era l’apparato di quelle stanze. I cieli si vedevano coperti di rasi azzurri, o di zendadi dello stesso colore, cosparsi di stelle; le muraglie di finissimi arazzi; il pavimento di vaghi tappeti, e tutto ciò in mezzo a stendardi e gonfaloni trapuntati in oro, e con le divise dell’Arti stesse, intrecciate al blasone della dogaressa. Le merci disposte nei singoli riparti recavano al di sopra un’ornata tabella, ove, in aurei caratteri, ed in lingua latina, si leggeva il nome dell’arte, a cui apparteneva la mostra sottostante.

La dogaressa, dopo aver ammirato tante cose preziose, entrava nella sala del Maggior Consiglio, e ponevasi a sedere sul trono ducale circondata dal suo corteggio. Allora succedevano le danze, rallegrate da una splendida refezione, che in vasi e sopra piatti d’argento, veniva prima, al lume di torce, portata in giro per la Piazza di San Marco dai rappresentanti le Corporazioni dell’Arti.

Il ritirarsi della dogaressa nelle proprie stanze, dopo aver presa licenza dai sei consiglieri della Signoria, dava termine alla festa, che talvolta durava fino a giorno avanzato. (1)

(1) Giuseppe Tassini. Feste, spettacoli, divertimenti e piaceri degli antichi veneziani. Venezia. Stabilimento Tipografico Fontana. 1891

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