La leggenda del Leone di San Marco nel Mosaico della Resurrezione di Cristo, nella Basilica di San Marco
Le quattro mezze lune che addornano la parte superiore della facciata principale della Basilica di San Marco, rappresentano in mosaico, sui disegni di Maffeo Verona, la Deposizione di Gesù Cristo dalla croce, la sua Discesa al limbo, la sua Resurrezione, la sua Ascensione. Merita particolare attenzione la circostanza, che, nel mosaico rappresentante la Resurrezione (opera di Alvise Gaetano), si vede il Redentore con in mano una bandiera bianca, ma non già insignita, secondo il solito, di ampia croce rossa, che ne tocchi i quattro lati estremi. Vi è invece effigiato il leone di San Marco, stemma della repubblica veneziana. Della quale stranezza rende ragione lo Stringa, nella sua Descrizione della Chiesa di San Marco, le cui parole sono qui sotto riportate.
Ciò accadde nel tempo quando Venetiani et Genovesi havevano tra di loro quegli odij intensissimi, onde non ad altro si attendeva, che di cercar modo tra loro, con che si potessero maggiormente danneggiare; occorse, che essendo venuto da Genova uno ambasciatore a questa Signoria per trattare di cose importanti, et havendo il doge, come cortesissimo, (anco co’ nemici stessi) mandati molti de’ suoi principali senatori per levarlo dalla casa, ov’egli stantiava in contrada di San Moisè vicino alla piazza, occorse tra essi, che toccò, nel venire al palagio, di accompagnarsi seco al paro, ad Orsato Giustiniano (così vogliono alcuni) huomo per virtù et ingegno ammirabile.
Questi passando per la piazza verso il palagio venne all’Ambasciatore veduto per caso la detta figura di Christo risorgente, che nel mezzo della bandiera (sì come hanno nella loro et sogliono portare i Genovesi, et è comune anco di molte città) teneva dipinta (pur in musaico) la Croce rossa in campo bianco: la qual veduta da lui, subito con viso lieto verso il Giustiniano voltatosi, disse: “Rallegratevi, Signore, con noi Genovesi, ch’io veggio pronostico di felice successo per le cose nostre”. Si maravigliò il Giustiniano di ciò, nè sapendo la causa di così subito affronto, gli e ne fece moto, a che egli rispose: “Eh non vedete voi, che Christo là sù nella principal vostra Chiesa, et sù la vostra piazza hà rizzato la trionfante bandiera nostra, come certo segno che noi qui habbiamo di certo a signoreggiare?”
Rise a queste parole il Giustiniano et fingendo di non havere intorno a ciò il pensiero, trasportò il parlare ad altra materia; ed indi fatto di cenno bellamente ad un suo fidatissimo et diligente servitore, che se gli accostasse, gl’impose, che secretamente et di subito andasse a ritrovar uno de maestri in mosaico, salariati della Chiesa, che sono quattro, come in altro luogo si dirà, et in quell’istante facesse, che levata via la croce rossa della bandiera suddetta, vi ponesse, o dipingesse in mosaico un San Marco in leone; et che tantosto che ciò finito fosse, corresse a darne a lui notizia su nel collegio; ma che in questo non mancasse di usar ogni esquisita diligenza per farlo et tosto et bene. Obedì l’accorto servitore, et finito in breve tempo l’opra, andò subito a farne moto al patrone, che su in collegio haveva con diverse nuove proposte et inventioni ritardata la partenza dell’Ambasciatore: onde ciò inteso, senza dir altro, permise ch’egli si licenziasse; et così con lui avviatosi per accompagnarlo, dove lo haveva già da prima levato, se ne venne giù di collegio.
Pervenuti nella piazza, et vedendo, che il popolo (il quale ignaro di quanto significar volesse lo haversi così d’improvviso, ov’era la Croce, depinto nella bandiera il San Marco, stava tuttavia rimirando su all’alto, chi una et chi un’altra cosa discorrendo) si voltò anco il Giustiniano, et alzati gli occhi, disse ridendo verso l’Ambasciatore: “Potete ben credere hora fermamente, o Signore, che i Genovesi habbiano affatto perduta ogni speranza di poter in tempo alcuno aver mai signoria in queste parti: et che ciò sia vero, guardate all’alto, et, vedete, che Christo per muovervi totalmente d’essa speranza, nell’animo vostro conseguita, ha mutata la insegna et invece della vostra Croce ha levato il Leone alato, figurato per San Marco, ch’è l’impresa invincibile et gloriosa di noi Venetiani“; et così dicendo gli mostrò il Leone nella bandiera, pur novellamente fatto (qual pur fin al dì d’hoggi si vede): di che restando l’Ambasciatore molto affrontato et senza risponder altro, continuò il suo viaggio, maravigliatosi sopra modo della prontezza et prestezza del Giustiniano nel risolvere et cangiar la proposta di lui, con tanto suo con tento già da prima promossa.
Altri vogliono, che invitato l’Ambasciatore dal Doge ad udir Messa cantata in San Marco in un certo giorno solenne, nell’andar in chiesa occorresse il detto fatto tra il Doge e l’Ambasciatore, et che il Doge fatto fare il San Marco, in tanto che si cantasse la Messa, desse poi all’Ambasciatore la predetta risposta. (1)
(1) Giuseppe Cappelletti. La Basilica di San Marco. Venezia Tipografia Armena di San Lazzaro. 1854
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