La Madonna con Bambino già nella Chiesa della Celestia, ora nella Chiesa di San Francesco della Vigna

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Madonna col Bambino (sec. XII). Chiesa di San Francesco della Vigna. Sestiere di Castello

La Madonna col Bambino già nella Chiesa della Celestia, ora nella Chiesa di San Francesco della Vigna

Diffondendosi con lode universale la fama del monastero di monache Cisterciensi fondato dalla Vergine Santa Franca nella Città di Piacenza, ottennero i Veneziani, che alcune di quelle esemplari religiose venissero a Venezia per fondarvi un chiostro di uguale osservanza, la di cui chiesa dedicata a Maria Vergine Assunta al Cielo si chiamò poi communemente La Celestia.

Vivevano in quel monastero nel secolo XIV due monache sorelle della famiglia Contarini, le qual per il riverente amore che professavano alla Madre di Dio, instarono con efficaci preghiere appresso due loro fratelli, che navigare dovevano in Oriente, acciocché le provedessero di qualche devota immagine di Nostra Signora.

Dispose Iddio che nel loro viaggio s’incontrassero quelli nobili con alcuni mercanti di Pisa, che ritornavano da Constantipoli, e nel racconto che fecero quelli di molte cose, dissero, come sopra un tal nominato monte si ritrovava una bella figura di Maria Vergine con il divin suo Figliuolo in braccio, e che volendo essi toglierla non poterono mai, lasciandosi prima spezzare attraverso, (come tutt’ora si vede) che spiccarsi da quel macigno.

A tal notizia i due fratelli quanto prima fu loro permesso, si ridussero a quel monte, e riconosciuta con venerazione la statua, videro due vaghi giovinetti alla custodia di un carro tratto da due buoi, i quali esibendo il loro aiuto, posero sul carro la facra immagine, e condottala fino alla nave immantinente disparvero.

Lieti di tale tesoro acquistato deliberarono i due nobili di arricchirne la loro parrocchial chiesa dedicata a Santi Apostoli; ma una burrasca improvvisamente insorta li distolse da tal pensiero, e avendo nuovamente deliberato di consegnare la prodigiosa immagine alle devote loro sorelle cessò instantaneamente il vento e si placò il mare. L’affetto però che portavano alla loro parrocchia li rese instabili nel loro proposito, e per ben tre volte s’infuriò, poi si tranquillò la procella secondo il diverso loro sentimento, dal che chiaramente conosciuto il Divino volere, posero la venerabile immagine in una barchetta lanciandola a disposizione della Previdenza divina, con la di cui ammirabile direzione ella venne a diritto cammino fino alla riva del Monastero della Celestia.

Ad accogliere si raro dono uscirono (allora era loro permesso) le devote religiose, e nel susseguente giorno, che fu il 2 agosto 1541, il vescovo di Castello Nicolò Morosini con l’accompagnamento del clero, e con l’intervento pure del Doge Andrea Dandolo, e del Senato la trasportò solennemente sopra un altare ben ornato della chiesa, ove tosto cominciò a risplendere di cospicui miracoli.

Tra i molti prodigi però, dei quali fu spettarrice tutta la città, deve singolarmente rammemorarsi quello, che avvenne ad un muratore nell’atto di collocare la sacra statua sopra l’altare. Incredulo quelli ai decantati miracoli, mentre innalzava il martello per operare, gli cadde quello in terra, restandogli assiderato il braccio, e mentre nella notte seguente pentito di sua durezza implorava l’aiuto della Divina Madre, addormentatosi vide in sogno Maria, e l’udì promettergli la primiera sanità, quallora con una perfetta confessione lavate avesse le macchie dell’anima fua. Eseguì egli ma imperfettamente l’ordine avuto, onde la benignissina Madre apparsagli nuovamente in visione notturna l’avvisò dell’invalidità di sua confessione, perlochè avendola esso replicata con più esatto esame, riebbe ad un tratto la salute dell’anima, e del corpo.

Furono poi tante, e così meravigliose le grazie, che impetrò Maria Vergine a favore di quelli che la riverivano, e invocavano in quella benedetta immagine che attrassero a quella chiesa il concorso non solo del popolo Veneziano, ma di quello ancora delle circonvicine Provincie, e per accrescerne il culto Clemente VI, sommo pontefice arricchì la Chiesa della Celestia di molte spirituali indulgenze, cosa in quei secoli pregiatissìma e rara.

Diruppe poi nell’anno 1569 il tempio con la maggior parte del monastero per fuoco accesosi nel vicin Arseriale, ed essendosene poi perfezionata la riffabrica nell’anno 1606, fu scelta la giornata 26 di maggio per condure nella rinovata chiesa il venerabile simulacro. Ma disturbata quella da improvviso turbine restò differita la funzione al giorno susseguente. Incaminatasi dunque la festosa processione, quando la sacra immagine che si portava trionfalmente, giunse ad un ponte posto dirimpetto alla Chiesa della SS. Trinità detta volgarmente Santa Ternita, divenne così pesante, che dove prima sei persone agevolmente la portavano, una turba numerosa di uomini non fu bastante per muoverla. Riconosciuta dunque la volontà della Vergine, rivolsero i passi verso la Chiesa della Celestia ove sopra decente altare fu onorevolmente collocato il pregevole simulacro. Continuò Iddio ad onorare la divina sua Madre nella di lei immagine, e frequentemente i divoti, che la onorano con fiducia, sentono il valore della sua intercessìone ottenendo le grazie, per la quali ricorrono.

La relazione di tanti prodigi fu fedelmente attratta da antica scrittura conservata ed appesa all’altare stesso della venerabile immagine. (1)

Dopo la soppressione nel 1810 e la successiva demolizione nel 1848 della Chiesa della Celestia, l’immagine venne portata nella Chiesa di San Francesco della Vigna e posta nella controfacciata, il bassorilievo in marmo bianco raffigura la Vergine in piedi con in braccio il Bambino, dentro un arco sostenuto da colonnine e su uno sfondo celeste con delle stelle dorate. (2)

(1) Notizie storiche delle apparizioni e delle immagini più celebri di Maria Vergine Santissima nella città e Dominio di Venezia. Venezia 1761.

(2) Alessandro Gaggiato. Le Chiese Distrutte a Venezia e nelle Isole della Laguna. Supernova

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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