Un libello contro il doge Leonardo Loredan, su una colonna di Rialto

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Campo San Giacomo di Rialto. Sestiere di San Polo

Un libello contro il doge Leonardo Loredan, su una colonna di Rialto

La mattina del 22 novembre 1505 fu pubblicato a Rialto un bando contro chi aveva messo, il giorno precedente, una poliza (un foglio) su una colonna di Rialto nella quale vi erano dei disegni e delle scritte ingiuriose contro la Signoria e contro il Serenissino doge, che era allora Leonardo Loredan.

Il bando prevedeva una taglia di 6000 lire e una rendita di 200 ducati in vita soa (a vita) o che gli fosse dato un oficio (lavoro pubblico) con un reddito equivalente alla stessa somma, a chi avesse denunciato l’autore della poliza, e se gli autori fossero stati due, e uno avesse accusato l’altro, questo sarebbe stato assolto, il bando continuava poi con l’elenco delle solite pene che erano previste in questi casi.

In questa poliza vi erano dipinti San Marco, Venezia rappresentata come una figura femminile seduta in trono con un leone a sui piedi, e un doge. Venezia piangeva e si doleva con San Marco, e San Marco gli domandava che cosa avesse di dolersi, e questa gli rispondeva che la città era “in le man di Lunardo Loredan, doxe, ch’è un tiran, et fin che l’è stà doxe sempre è stà carestia di pan, et fino el starà sempre sarà …“, e altre parole contro Lorenzo figlio del doge “ch’è un caxon (cazzone)”, e che il doge dovrebbe fare la stessa fine di “missier Marin Falier, che li fo tajà la testa“, concludeva l’anonimo autore con degli elogi a se stesso; che era un persona con un grande cuore e un grande ingegno, che era un ottimo scrittore e un degno pittore, e concludeva “el mio nome noi dicho per bon respeto“.

La poliza venne portata a capi dei Dieci, i quali dopo averla attentamente esaminata fecero arrestare un certo maestro Alberto di Padova, “ligador de libri” che aveva negozio a San Zulian. Dopo qualche giorno però lo dovettero scarcerare perché nel frattempo venne trovata un’altra poliza sulle porte del Palazzo Ducale, che diceva: “questo non è il modo di farmi taser, tu credi con taje far ch’io non dicha, sempre dirò ..”,  e giù altre ingiurie contro il doge Loredan, però questo fu l’ultimo libello del “bon versifichador et degno dipentor“, poichè di lui poi non si seppe più nulla. (1)

ConoscereVenezia

(1) Marin Sanudo. Diari volume IV 

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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