La chiave di volta e i gocciolatoi del Palazzo Foscarini Giovanelli a San Stae, nel Sestiere di Santa Croce

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Palazzo Foscarini Giovanelli a San Stae. Sestiere di Santa Croce

La chiave di volta e i gocciolatoi del Palazzo Foscarini Giovanelli a San Stae, nel Sestiere di Santa Croce

La cittadinesca famiglia Coccina bergamasca, dello stesso sangue dei Salvetti, fattasi ricca col commercio di gioie, fondò in Venezia nel secolo XVI, oltre il palazzo a Sant’Apollinare, passato poi ai Tiepolo, anche questo a San Stae, ovvero Sant’Eustachio.

Non lo tenne però in sua proprietà per lungo spazio di tempo, per cui, a mezzo circa il secolo medesimo, lo troviamo posseduto dall’altra famiglia cittadinesca Cavalli, e precisamente da un G. Francesco figlio di Martino, il quale nel 1557 pose tomba a sè e famiglia in chiesa di Sant’Eustachio, e testò il 16 Novembre 1562 in atti del notaio Giuliano Mondo. Morto G. Francesco, Bartolammeo di lui figlio alienò l’edificio con lo strumento 1 Agosto 1581, in atti G. Antonio Callegarini, a Luca Antonio Giunta q. G. Maria, disceso da quella celebre famiglia fiorentina venuta fino dal 1482 ad esercitare in Venezia l’arte della stampa.

Per vari anni la tipografia Giunta fiorì in queste soglie, finchè, avendo Tomaso Giunta q. Luca Antonio maritato nel 1625 la proprie figlie Lucrezia e Bianca, l’una in Nicolò Foscarini q. Pietro, q. Renier da Sant’Agnese, e l’altra in Renier Foscarini fratello di Nicolò, ne avvenne che il palazzo di Sant’Eustachio, unitamente ad altre facoltà dei Giunta, passasse ai Foscarini.

A questa linea appartenne Antonio giustiziato sotto falsa accusa di fellonia nel 1622, e poi scoperto innocente. Ma non è possibile, come erroneamente congetturarono Romanin, Zanotto ed altri, che qui lo sventurato avesse domicilio, essendone avvenuta la condanna anteriormente all’epoca nella quale la di lui famiglia acquistò la signoria del palazzo. Egli, per quanto risulta da uno dei suoi testamenti ed altre prove, abitava a Sant’Agnese in un palazzo attualmente distrutto sulla Fondamenta Foscarini, ora Rio Terrà, e ben si pare che gli accennati scrittori fondarono la loro congettura sopra la semplice esistenza del busto e dell’iscrizione di Antonio nella cappella del Crocefisso della prossima chiesa di Sant’Eustachio, senza avvedersi che quel busto e quell’iscrizione furono posti più tardi, quando cioè, divenuti i Foscarini proprietari del palazzo, adornarono la cappella medesima con altri cenotafi della loro famiglia, il che, secondo il Cicogna nelle sue schede manoscritte relative all’epigrafi della chiesa di Sant’Eustachio, successe soltanto dopo l’anno 1711.

Ritornando al palazzo, non è da tacersi come il suo cortile venne dipinto da G. Battista Zelotti, e come uno di quegli affreschi, visibile tuttora, ma assai danneggiato dal tempo, trovasi lodato nell’opera di Anton Maria Zanetti con il titolo: Varie pitture a fresco dei principali maestri Veneziani. Quest’autore, dopo averci offerto quattro figure dallo Zelotti altrove dipinte, cosi continua: Per compiere questo saggio si aggiunse la bella figura che sta a sedere ad una finestra in atto di sonar il liuto, sola rimasa intatta fra le altre che adornavano il cortile di casa Coccina, oggi (1760) Foscarini a Sant’Eustachio.

Aggiunge poi in una nota che quella casa era allora abitata dai patrizi  Giovanelli. Infatti noi sappiamo che fino dal 1 Giugno 1755 i Giovanelli l’avevano presa a pigione dai Foscarini, laonde Sottoportico Giovanelli chiamasi una delle prossime vie. Non è da tacersi ancora come il palazzo Foscarini a Sant’Eustachio si scorge inciso nella raccolta del Coronelli con l’annotazione: Ha in frequenti occasioni prestato comodo alloggio a gran re e personaggi cospicui. Nè ciò deve recar meraviglia, trattandosi di fabbrica che per pregi d’architettura, per vastità di proporzioni, e per ricchezza di marmi siede non indegna sorella fra le altre fabbriche che torreggiano sopra il Canal Grande.  (1)

Sulla facciata del palazzo Foscarini Giovanelli, prospiciente il Canal Grande, sono infissi diciotto gocciolatoi e una chiave di volta: la chiave di volta sull’arco del portale d’acqua (opera di Alessandro Vittoria) con una testa di uomo barbuto, i gocciolatoi sotto i poggioli del piano nobile e sotto i davanzali le finestre dell’ammezzato e del piano ridotto sotto il tetto, con piccole teste di uomini giocosi

(1) Archivio Veneto. Tomo III. Tipografia del Commercio di Marco Visentini. 1872

 

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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