Gli Albanesi a Venezia

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Calle e Campiello dei Albanesi. Cannaregio

Gli Albanesi a Venezia

Le memorie della Scuola degli Albanesi danno un valido esempio della gratitudine del Governo veneziano per tutti coloro che difendevano l’onore nel vessillo di San Marco. E tra questi furono gli Albanesi, legati a Venezia contro le prime invasioni dei Turchi, ai quali la Signoria decretava la sua riconoscenza in un atto pubblico senatoriale in data 28 giugno 1479 (quando Scutari, capitale allora d’Albania, fu presa dai Turchi) che concludeva: “a tutti questi Scutarini venuti qui intendano per nui esserli facte quelle provision che sono rexonevole de aiuto et de nostra protectione“.

Fin dal 1442 gli Albanesi residenti a Venezia, con la permissione del Consiglio dei Dieci, si riunivano nel convento di San Gallo nella contrada di San Severo riconoscendo il patronato di quel santo insieme a quello della loro vera e propria protettrice nazionale, la “Madonna del Buon Consiglio” o come essi comunemente la chiamavano “Nostra Signora di Scutari“.

Accolti dovunque con simpatia perché onesti, coraggiosi, lavoratori, portavano tra la folla multicolore una nota gaia e vivace con i loro ricchi costumi di seta e di panno porporino, dal berretto rosso con la grossa nappa di seta nera.

Nel 1447 il sodalizio passò nella vecchia chiesa di San Maurizio ed avuto in enfiteusi dal pievano uno stabile accanto, con restauri ed ampliamenti, fondò la vasta scuola sorta nel 1489 e compiuta verso il 1530. Sulla facciata di marmo che reca lo stemma di San Marco e quelli delle famiglie Loredan e Lezze fece scolpire alcuni rilievi di scuola lombardesca raffiguranti “san Gallo, la Vergine e san Maurizio“, i santi patroni del sodalizio, nonché il “Sultano Maonetto che osserva il castello di Scutari“, doloroso ricordo della vittoria ottomana. Nelle ampie sale della scuola rifulgevano in cinque grandi tele di Vittore Carpaccio le “Scene della vita della Vergine“; la magnifica croce di Antonello maestro dei coni della Zecca, “ricca di oro, di argento, di fino cristallo et di gran valuta“; il turibolo e la navicella ancora più presiozi della precedente croce.

Agli Albanesi non sfuggiva nessuna occasione di onorare la Repubblica; ogni solennità della patria di adozione era sollenità propria, perfino quando la Signoria attraversava il Campo San Maurizio per recarsi a San Vito, vulgo San Vio, nella festa del 15 giugno che ricordava la vittoria sui ribelli capitanati da Baiamonte Tiepolo.

I quel giorno il campo era tutto addobbato a spese della confraternita; damaschi, arazzi, bandiere e attraverso il campo e lungo la Calle del Dose fino al ponte provvisorio di legno che metteva nella piazzetta di San Vio, si stendevano dei tappeti d’Albania durante il passaggio della processione, mentre i confratelli erano schierati nel campo presso il gonfalone della scuola coi pifferai che suonavano mottetti albanesi, interrotti di tratto in tratto da grida di “Viva San Marco!“.

Negli ultimi tempi della Repubblica, nel 1780, alla scuola degli Albanesi vennero, d’ordine del Consiglio dei Dieci, ascritti i “Pistori” o panettieri, e perciò nel campo di San Maurizio fino a pochi anni or sono si scorgeva una lapide incastrata nel selciato con l’iscrizione” “Loco dello stendardo della Scuola della Beata Vergine dei Albanesi ora dei Pistori“.

Abolite le scuole di devozione nel 1808 i quadri del Carpaccio appartenenti alla Scuola, furono dispersi in varie collezioni(*) e uno “La visitazione della Vergine“, si conserva oggi nel nostro Museo Correr. (1)

(*) Natività della Vergine (Accademia Carrara, Bergamo), Presentazione della Vergine al Tempio (Pinacoteca di Brera, Milano), Miracolo della verga fioritaSposalizio della Vergine (Pinacoteca di Brera, Milano), Annunciazione (Galleria Franchetti, Venezia),  Visitazione (Galleria Franchetti, Venezia), Morte della Vergine (Galleria Franchetti, Venezia).

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 2 settembre 1928

Da sinistra a destra, dall’alto in basso: Calle, Ramo e Campiello dei Albanesi (Cannaregio)

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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