Il Gattamelata: un condottiero tra Padova e Venezia

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Monumento equestre al Gattamelata. Padova

Il Gattamelata: un condottiero tra Padova e Venezia

Sin dai tempi antichi, nell’armeria di Palazzo Ducale, si riteneva fosse conservata l’armatura appartenuta al celebre uomo d’arme e capitano di ventura Erasmo da Narni detto il “Gattamelata”, che dopo aver servito il Papato passò nel 1434 alle dipendenze della Serenissima e tre anni più tardi (in seguito al tradimento del marchese di Mantova passato ai Visconti) venne nominato capitano generale delle milizie veneziane fino alla sua morte.

Nato a Narni verso il 1370, era figlio di un semplice fornaio; secondo il biografo Giovanni Ercoli, il giovane Erasmo venne soprannominato “Gattamelata” per la leziosità dei modi, simile a quella di un felino; molti storici però confermano invece che il soprannome derivi da una storpiatura del cognome della madre, Melania Gattelli.

L’appellativo influenzerà lo stemma ufficiale del capitano di ventura, composta da tre cappi e una gatta. Morì a seguito di un ictus, il 16 gennaio 1443 in palazzo Lion a Padova. I veneziani, consci di una correttezza e lealtà ben rare, decretano una giornata di lutto in tutti i territori della Serenissima e solenni esequie stanziando duecentocinquanta ducati. Nell’orazione funebre pronunciata a Padova Lauro Quirini lo definisce “homo pius, vir humanus, modestus, prudens”; e poi la massima lode: “patriam patresque salvavit”.

Dodici giorni dopo le esequie si ripeteranno a Venezia, in presenza di doge e senatori, dove sarà Giovanni Pontano a recitare l’orazione funebre. Francesco Barbaro e Ciriaco d’Ancona scrissero due epitaffi in latino, il napoletano Porcelio Pandone dettò invece l’epitaffio scolpito sulla tomba, un’arca nella Basilica del Santo in una cappella originariamente dedicata ai santi Francesco e Bernardino da Siena. Sul coperchio marmoreo del sarcofago, secondo tradizione, è sbalzato il Gattamelata supino, ammantato della sua armatura, con la spada d’onore e il bastone di comando scolpiti dal maestro Gregorio di Allegretto.

Il decoro pittorico fu affidato al veneziano Matteo dal Poro, al padovano Pietro Calzetta e a Jacopo da Montagnana.

Il suo monumento equestre, opera di Donatello, venne posto dalla Repubblica in piazza del Santo dove tutt’ora lo si può ammirare: è Giorgio Vasari a ricordare, nelle Vite, quanto compiuto a Padova dall’artista che, quando viene incaricato dell’esecuzione del monumento, aveva un solo precedente di rappresentazione del Gattamelata a cavallo; si trattava di una scultura in argento, dono dallo stesso Erasmo da Narni alla chiesa della Santissima Annunziata di Firenze. Concepito come un cenotafio, sorge in quella che all’epoca era un’area cimiteriale, in una collocazione attentamente studiata rispetto alla vicina Basilica, ossia lievemente scostata rispetto alla facciata e al fianco, in asse con un importante accesso viario (ora Via del Santo): la posizione ne garantisce la visibilità da molteplici punti di vista.

Donatello è con certezza già a Padova nel gennaio 1444, al lavoro sul Crocifisso per la Basilica del Santo. Al bronzo del Gattamelata dovette lavorare tra il 1444 e il maggio 1447, impegnandosi con numerosi aiuti, come testimoniano una serie di preziosi documenti.

L’artista scelse di rappresentare Gattamelata nel pieno del suo vigore, offrendo l’immagine di un uomo energico e fiero. Il capitano è alla guida delle sue truppe, con il bastone di comando (che gli offrì Venezia nel 1438) indica il movimento che condurrà alla vittoria. Gattamelata avanza esprimendo un sentimento di gravitas romana: ha il capo scoperto: un elmo avrebbe reso il guerriero nulla più di una macchina da guerra, governata da una volontà superiore, come quella divina nella caratterizzazione medievale. Il volto concentrato, le sopracciglia aggrottate tradiscono la determinazione di chi deve condurre gli uomini in battaglia seguendo uno schema mentale vittorioso perché lungamente meditato. Le mascelle e le labbra serrate significano consapevolezza e forte determinazione, così come le guance e le tempie scavate, l’occhio fermo e profondo, i capelli cortissimi, seguono un’idealizzazione more romano che guarda ai modelli dei duces di epoca tardo-imperiale, esprimendo la ferrea volontà di un carattere indomito. Se il viso è quello di un uomo ormai avanti con gli anni è probabile la somiglianza del ritratto, considerata la profonda caratterizzazione dei lineamenti: dalle rughe tra guancia e bocca alla tensione delle labbra; dagli alti zigomi, che incorniciano un naso importante, alla fronte spaziosa.

Donatello può essersi servito di una medaglia che ritraeva il condottiero di profilo, come in uso all’epoca, mirando poi a un equilibrio tra realismo fisionomico e idealizzazione psicologica. Le gambe tese sulle staffe, Gattamelata fissa un punto lontano, inevitabilmente concentrando tutta l’azione nello sguardo fiero, trasmettendo determinazione, potenza, forza di volontà, attitudine al comando, lealtà e integrità morale. Al giovane bello e fisicamente perfetto ​dell’antichità classica si sostituisce la rappresentazione dell’uomo razionale, l’eroe moderno, rappresentato nella sua umanità, aggiornando modelli e sfuggendo ogni citazione sterilmente antiquaria.

Dell’armatura quattrocentesca Donatello mantiene solo alcuni elementi, facilmente identificabili: le cubitiere con alette, gli antibraccia, i gambali completi di cosciali, ginocchielli, stincaletti, schiniere, scarpe a lame con sproni a tallone, con tutto un rimbalzo d’echi riferibili al mondo classico e cristiano. Il centro del pettorale è occupato da una magnifica testa di gorgone alata, allusione alla fama del personaggio e sua immortalità, motivo ripreso sulle frange pendenti al di sotto del cinturone e negli snodi dei ginocchielli.

Ribadito dai motivi fitomorfi e dai numerosi putti e cherubini alati, simboli di protezione: sei musicanti a decorare il cinturone; altri, in volo reggendo delle trecce, decorano la coperta della sella da parata. Un’armatura molto diversa da quella conservata a Palazzo Ducale, come vedremo in seguito. La simbiosi tra cavaliere e destriero, la loro comunione d’intenti porgono allo spettatore il messaggio di un Gattamelata vittorioso grazie alla sua intelligenza nel dominio di un animale le cui proporzioni sono leggermente superiori a quelle del cavaliere, in un effetto voluto proprio per accentuare l’impresa del comando del condottiero, capace di cavalcare un animale di tale stazza.

A Venezia, a Palazzo Ducale, a rendergli omaggio è invece un quadro di Giovanni Contarini, “Il riacquisto di Verona”, che rappresenta l’assedio e la conquista di Verona nel 1439 da parte dell’esercito veneziano condotto dal Gattamelata durante la guerra contro Filippo Maria Visconti, nonché l’armatura che dà il nome alla prima sala dell’armeria dove è esposta, assieme ad una notevole serie di altri esemplari cinquecenteschi da combattimento pesante e leggero, a cavallo o a piedi e da torneo.

Malgrado l’antica convinzione che si tratti dell’armatura di questo valoroso condottiero, tutti gli specialisti in materia sono concordi nell’assegnare la datazione di questa alla prima metà del ‘500, probabilmente di fattura tedesca. L’armatura presenta una alta qualità tecnico-artistica: la si osserva nella celata munita di goletta, nella visiera a doppia vista, nei fianchi e i cosciali sapientemente snodati con il sistema a “coda di gambero”.

Pare che questa guarnitura avesse dei pezzi intercambiabili per diventare “un’armatura da piede”, mentre mancano le parti (perse o trafugate o entrambe) della guarnitura da torneo cavalleresco. Le scarpe e gli speroni non sono quelli originali. Della barda rimane soltanto la sella d’arme. La decorazione a cesello ha un aspetto sobrio ed elegante, e si distribuisce su tutti gli elementi dell’armatura e sugli arcioni della sella, dove è costituita da fasce e da una triplice striscia suddivisa in piccoli scomparti a creare l’impressione di lamelle singole, indipendenti e sovrapposte. Sui campi scudettati delle lamelle spiccano a rilievo raffinati motivi floreali diversi fra loro. Sul petto, sulle ginocchia e sugli arcioni è sbalzato e dorato un gruppo composto da teste di animali: al centro frontalmente un leone o un gatto (come venne sempre interpretato in passato), mentre ai due lati due lupi di profilo.

L’armatura giunse alla sala d’arme sicuramente dopo il 1548, visto che negli inventari di quell’anno non venne affatto menzionata, e pare fosse costituita da molti più pezzi di quelli che attualmente compongono la guarnitura. Alcune parti dell’armatura a causa della caduta della Repubblica e delle successive trasmigrazioni dal Palazzo all’Arsenale probabilmente sono state perdute o trafugate.

Nell’inventario del 1611 venne descritta come: “ armadura de Gattamellà fornida bianca e dorata con li suoi brazzali, manopole, gambiere intrieghe et la sua celada da lanza. Il suo scudo de ferro, il spallazzo da barriera, un’altra celada da barriera, una mezza buffa, il troncon de lanza, il suo stocco senza fodro e la sua mazza ferrada. La sella de cordovan pavonazzo damaschin et la brena et tutti li suoi fornimenti, et la penacchiera alla testa de cavallo et un’altra penacchiera alla celada della testa di Gattamelà”; invece in quello del 1773 “Cavallo di legno con Armetura di ferro, mazza ferrata in mano, Staffa di ottone in memoria del fu Gattamelà, che milito’ sotto Brazzio Montone nelle Guerre d’Italia dell’anno 1435; fatto Generale delle genti Veneziane. Fece notabili acquisti per la Repubblica quale gli fece drizzare una Statua Equestre vicino alla Chiesa di S.n Antonio in Padova“. Curiosa la stringatissima descrizione del 1799 “Cavallo di legno con suoi fornimenti, e sopra l’armatura di Gattamelà, con mazza ferrata in mano”. (1)​

(1) Alessandro Zanotto e Debora Gusson

Bibliografia

  • G. C. F. Villa, Gattamelata e Colleoni, Dialoghi e segnali di bronzo, di stili e di astuzie
  • M. Ciato, F. Crisci, U. De Luca (a cura) Donatello nascosto Un’inedita prospettiva. Percorsi in Basilica
  • C. Di Teodoro, Itinerario nell’arte, Bologna, Zanichelli editore, marzo del 2001.
  • D.Castello, Bello!, Milano, Mondadori Education Spa, febbraio 2004.
  • L. Berti, A. Natali, A. Cecchi, Donatello,Firenze, Giunti Editore, 01/01/1986 P.
  • L.Cavazzini, Grandi scultori Donatello, Rotolito Lombardia Milano, gruppo editoriale espresso, dicembre 2004.
  • L.Grassi, Tutta la scultura di Donatello, Milano, Rizzoli Editore, marzo 1958.
  • U. Franzoi , L’ armeria del Palazzo Ducale a Venezia, Canova , Treviso 1990.
  • P. De Lorenzi , L’Armeria di Palazzo Ducale, Marsilio 2012.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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