Il pranzo dei quarantuno elettori del doge Andrea Gritti

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Gabriel Bella. Banchetto pubblico del doge. Pinacoteca Querini Stampalia Venezia

Il pranzo dei quarantuno elettori del doge Andrea Gritti

Morto il doge Antonio Grimani, era stato eletto il 20 maggio 1523 il patrizio Andrea Gritti della contrada di San Giovanni in Bragora, mente acuta per potenza d’intelletto, il quale come provveditore generale dell’esercito aveva preso larga parte nelle guerre della lega di Cambrai sempre con buona fortuna combattendo e consigliando. Tuttavia al momento della sua elezione egli non aveva per sé la pubblica opinione, lo si riteneva superbo, si sapeva dei molti maneggi fatti per essere eletto e nonostante il denaro da lui distribuito al popolo non fu da questo applaudito, anzi nel suo giro sul “pozzetto” intorno alla Piazza molti in segno di protesta gridarono in coro. “Um, um, Trum, Trum!” accennando ad Antonio Tron che godeva tutte le simpatie popolari.

Ma il Serenissimo Gritti, non solo era uomo d’ingegno e cercò di conciliarsi gli animi mostrando modestia e rispetto alle leggi e ne dette un esempio quando la nipote Cornelia, moglie di Giovanni Pisani di Santa Maria Formosa, andò a congratularsi con lui riccamente vestita in veste di drappo d’oro. Egli la guardò severo, ne ascoltò i complimenti, ma poi le ordinava di ritornare a palazzo e di cambiarsi la veste condannata dal Magistrato dei “Provveditori alle pompe“.

Dette ordine che al popolo venisse distribuita gratuitamente la farina che teneva nel suo fondaco e che fosse venduta a prezzo molto più basso del reale la legna depositata nei suoi vasti magazzini alla Giudecca, mentre a parecchi patrizi poveri della contrada di San Barnaba regalava ducati e cibarie per festeggiare la sua elezione.

Andrea Gritti fu il primo doge che volle dare un pranzo ai quarantuno patrizi che lo avevano eletto: erano questi gli ultimi elettori di una lunga serie di votazione, ben nove scrutini, cinque dei quali dati dalla sorte e quattro per designazione diretta e, i quarantuno ultimi eletti, erano i veri e immediati elettori del nuovo principe.

Il pranzo doveva darsi nei primi giorni del mese di agosto, ma per un sopravvenuto dissidio tra Francia e Germania, che doveva più tardi risolversi sui campi Lombardi, la Repubblica stava sull’armi e il pranzo veniva prorogato di mese in mese finché fosse meno procelloso il cielo politico dell’alta Italia. E fu soltanto verso la fine di novembre che il Serenissimo Andrea Gritti decise che il banchetto avesse luogo nella gran sala dei suoi appartamenti privati.

Marin Sanudo con ampiezza di particolari racconta nei suoi Diari l’avvenimento: “30 novembre . In questo zorno il Serenissimo vene in Colegio con l’habito di heri che ‘l portò a Gran Conseo, el havendo deputato de far ozi il suo pasto, et havendo deputado de far ozi il suo pasto a li Qurantauno quai lo fece Doxe“, il Collegio dopo aver letti i dispacci e dopo una breve discussione si sciolse.

Tre ore prima di notte cominciarono a venir gli invitati in la sala parechiada con fogare et con gran lusso di damaschi e drapi de veludo et il Doxe era vestido de restagno d’oro, di martoro, con un manto bianco e oro a fiorini et la bareta etiam bianca con frisi d’oro e col bavaro di armelini“.

Ma i Quarantuno erano ridotti a trentaquattro poiché “sier Antonio Tron procurator non va a niun pasto, sier Pier Boldù, Alvise Diedo e Zuane Bolani erano fuori di la terra (città), sier Andrea Foscolo e locotenente in la Patria del Friul, sier Zuan Moro non va per la morte di sier Sebastian suo fradelo et Marco Contarini è malado“.

Il banchetto fu sontuoso, le portate furono dieci e costarono circa trecento ducati, durante il pranzo vi fu concerto di musica e canto di virtuosi e il nostro Sanudo ci dà la lista delle vivande. “Portata prima: Zenzaro (zuppa) verde in taze, bozolai, scalete e vin di malvasia. Seconda: Uno fazan per un, smembrado, rosto, vin di vernaccia. Terza: Caponi lessi, carne de vedello, manzo bianco, vin moscado. Quarta: Pavoni rosti, nomboli rosti, savor con vovi. Quinta: Pernise roste, caponi rosti, fugazine, vin grego. Sexta: Colombini rosti, lonze de vedello roste, salade e patate. Septima: Torte, una zala e una bianca, cavi de late in taze, vin de Cipro. Octava: Marzapani, naranze e pomi. Nona: Aqua odorifera a le man. Decima: Confeti di varie sorte e vin de Friuli bianco“. Il pranzo ebbe termine a un’ora di notte e a tutti i convitati venne offerto un cestello d’argento pieno di confetti con lo stemma del principe.

Questo fu il primo banchetto dato ai Quarantuno che ricordino le cronache. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 16 ottobre 1929

FOTO: Pinacoteca Querini Stampalia Venezia. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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