Il Caffè Florian, sotto i portici delle Procuratie Nuove, in Piazza San Marco

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Caffè Florian. Portici delle Procuratie Nuove. Sestiere di San Marco

Il Caffè Florian, sotto i portici delle Procuratie Nuove, in Piazza San Marco

Il caffè di Floriano Francesconi venne inaugurato nel 1720, e si chiamava alla Venezia Trionfante, a ricordo dei fasti della Serenissima, ormai all’epoca in piena decadenza.

Situato a metà circa dei portici delle Procuratie Nuove, formato originariamente di due modeste stanze allestite con garbo, con uno sfarzo modesto, con aspetto accogliente ma piuttosto riservato, trionfò immediatamente, più per la comodità che offriva che per la bontà delle consumazioni. Il caffè divenne subito anche punto di recapito e di pubbliche relazioni, ponendo a disposizione dei suoi frequentatori informazioni e servizi propri di ogni genere, dal recapito della posta, alla compravendita di case, alla custodia di oggetti smarriti. Nel 1760 divenne luogo di raccolta delle notizie, di vendita e di distribuzione della Gazzetta Veneta di Gasparo Gozzi.

Floriano Francesconi morì vecchissimo nel 1773, dopo oltre mezzo secolo di attività, lasciando il caffè al nipote Valentino, figlio di un fratello, conosciuto pure lui con il nomignolo di Floriano. Valentino nel 1786 ampliò il caffè, con l’aggiunta di un locale, e di un camerone traversale retrostante, creando così le premesse per quello che sarebbe divenuto il caffè nell’Ottocento.

Alla caduta della repubblica nel 1797, Valentino comprese, la brutale irrisione implicita nell’insegna del suo caffè, e alla chetichella la fece scomparire sostituendola con il nome con cui da sempre sostituita l’avevano già i suoi clienti intitolando il locale a Florian suo fondatore.

Tra i diversi frequentatori del caffè di quell’epoca troviamo il Canova, quando capitava a Venezia andava ad abitare in casa dei Francesconi, a San Gallo, vicinissima alla piazza, dove era servito con gentili premure dalla signora Chiaretta, e dove morì dopo una straziante agonia nell’ottobre del 1822.

In pieno Romanticismo i caffè di piazza San Marco cominciarono, come dovunque, a prestarsi al gentile commercio dei fiori; nelle loro stanzette, tra i loro tavolini presero a scivolare, specialmente nelle ore del maggior affollamento, le fioraie; graziose ed eleganti, con i cestini colmi di camelie e di gardenie. Sorridenti e premurose, alcune divennero presto popolari; popolarissima, quella che si assicurò il diritto di precedenza al Florian; Teresa Bissitelli, meglio nota come Teresa dei fiori, che esercitò, per anni, fanciulla, maritata e vedova il suo traffico profumato.

Nei tumultuosi eventi politici che si susseguirono a Venezia nel corso dell’insurrezione, il caffè divenne il quartiere generale dei capi della rivoluzione. Tra le curiosità di quel periodo drammatico, un episodio singolare è ricordato nel Diario di un Anonimo. Per la salvaguardia dei connazionali rimasti in città si era ancorata in porto la fregata francese Panama. Gli ufficiali di questa nave non si erano messi a razione, come faceva la popolazione veneziana, e per affrontare meglio i calori di una estate torrida si facevano confezionare e fornire dal Florian quei gelati famosi che erano una delle specialità più prelibate. Un giorno che il ghiaccio, scomparve del tutto e ne rimasero privi non solo i caffè, ma purtroppo anche gli ospedali ove la cancrena minacciava molti dei feriti negli ultimi combattimenti. Saputo che gli ufficiali del Panama avevano fornito il Florian per i soliti sorbetti, sorse il proposito di andarlo a prendere con la forza e di portarlo all’ospedale dove era necessario per i feriti, ma l’idea venne subito abbandonata per non disgustare i francesi, i soli stranieri che potevano ancora rendere qualche utile servizio alla città.

Durante un sessantina di anni i proprietari del Florian erano rimasti fermi nel proposito di non mutare volto al loro caffè, non si tratta di pigrizia negli affari, né di insensibilità verso le esigenze del tempo, ma di un rispetto per un passato memorando. Nel 1858 la ditta che aveva ricevuto il locale da Antonio, figlio della signora Chiaretta, vedova di Valentino Francesconi, erano entrati come soci i signori Massimiliano Pardelli e Busanello Porta, i quali per salvare da un declino, sempre più vicino, il caffè decisero un piano di miglioramento affidandone i lavori all’ingegnere e decoratore Lodovico Cadorin. Allargato l’atrio, alzato il soffitto, ripartiti in modo più confortevole i locali aggiungendone altri due, e cominciò a prendere corpo quella sistemazione decorativa che doveva, stupire e sedurre i contemporanei. Sistemata dal Cadorin l’architettura generale in un stile che si ispira al Luigi Filippo ancora di moda, ma nobilitato da una impostazione rinascimentale tipicamente veneziana, le due minori stanza fiancheggianti l’ingresso di sapore classico toccarono il pennello di un estroso e fantasioso pittore figurista, scenografo e decoratore, il Casa. Egli vi svolse due distinti cicli; uno allegorico delle scienze e delle arti, del progresso del secolo illuminato, con gli emblemi delle sue più nobili invenzioni, l’altro formato da una serie di leggiadri tipi di donne orientali. I saloni laterali furono assunti alla dignità di gallerie delle stagioni e degli specchi e dei ritratti di uomini illustri dipinti dal Carlini, insegnate di figura all’Accademia, uno dei più valenti artisti dell’Ottocento veneziano.

Pochi anni durò ancora la dominazione straniera, dopo il 1866 iniziò l’afflusso che non sarebbe mai più cessato dei visitatori stranieri e della gente d’affari si ripercossero sul Florian. Sotto le arcate e fuori all’aperto, d’estate e d’inverno, si formarono circoli e maturavano movimenti di idee a cui parteciparono studiosi d’arte e di storia di tutto il mondo, scrittori, poeti, drammaturghi. Proprio nella sala degli specchi del Florian nacque nel 1866 l’idea della “grande esposizione nazionale d’Arte“, e nel 1894 quella delle Internazionali con il consueto corollario dei periodici Festival musicali drammatici e cinematografici.

Il Florian ebbe poi il suo massimo successo della mondanità negli anni tra il 1910 e il 1914, quando, d’estate da tutti gli alberghi, la folla occasionale degli ospiti vi si riduceva in abito da sera, le signore nei più audaci décolletés e cariche di gioielli; in una gara di estrose e di eccentricità clamorose. Una protagonista di queste eccentrità fu la marchesa Casati, scesa ab abitare nell’incompiuto palazzo Venier dei Leoni sul Canal Grande, che con un leopardo al guinzaglio e con un codazzo interminabile di ragazzi della strada, giunse al Florian nel crocchio dei suoi amici con in quali aveva il suo rendez-vous, inutile soggiungere che tutto intorno si fece il vuoto.

Nel 1920 il Florian celebrò il suo secondo centenario, dato il momento, e l’euforia residua della vittoria di Vittorio Veneto, avrebbe potuto ristabilire, in quei giorni, sopra una delle porte la vecchia insegna al Venezia Trionfante. Il caffè faceva ormai parte del complesso monumentale della Piazza San Marco, lo rispecchiava, rispecchiava l’ammirazione di cui il mondo intero lo circondava. (1)

(1) GINO DAMERINI in Caffè letterari. Canesi Editore 1962

FOTO: Alfonso Bussolin e da https://www.caffeflorian.com/it/. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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