Sier Corner dalla barba, famoso “buzaron”

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Una cella dei Pozzi. Palazzo Ducale.

Sier Corner della Barba, famoso “buzaron”

Il 25 gennaio 1500 era stato condannato dalla Quarantia criminale sier Marco Corner detto “dalla barba“, perché la portava lunga e incolta, per famoso “buzaron“, come scriveva Marin Sanudo nei suoi Diari, il che significava in quei tempi barattiere e truffatore.

La condanna era stata severa e sier Marco doveva passare la sua vita nei pozzi del palazzo Ducale “a pan et aqua“; soltanto una volta alla settimana un suo lontano parente della contrada di San Marcuola aveva ottenuto il permesso di fargli avere un piccolo pranzo fornito dall’osteria del “Serpe” presso il Ponte de la Pagia. Ma il patrizio per le sue mira occulte, regalando in gran parte quel pranzo al carceriere, si era procacciata la sua simpatia, e aveva potuto così guadagnare qualche breve mezz’ora di libertà per i corridoi adiacenti alle carceri.

Un bel giorno, il 13 marzo 1500, in quella mezz’ora di libertà egli era sparito. Appena il guardiano se ne accorse dette l’allarme ai birri di guardia: furono trovate due porte scassinate, un grosso ferro nell’andito che metteva nel cortile del Palazzo, ma del fuggitivo nessuna traccia.

Il Consiglio dei Dieci, intesa la fuga condannò con sentenza del 16 marzo il carceriere a dieci anni di prigione “Orba“, e mise una taglia di mille ducati a favore di chi avesse arrestato sier Marco, oppure di seicento a chi lo avesse ammazzato.

Passarono alcuni mesi, quando il 20 novembre giunse ad Ancona la nave mercantile veneziana “Pandora” di sier Alvise Priuliet di la qual era patron Etore Otobon“, proveniente da Ragusa e diretta a Venezia. Otobon, scendendo a terra per delle compere, incontrò sier Marco Corner che subito riconobbe specialmente per quella sua lunga incolta barba e, sapendo della grossa taglia, gli si avvicinò “offrendo a lui con bel modo li soi servici avendo conossudo da la vesta ch’el era patricio vinitiano“. Sier Marco, dapprima in sospetto, venne poi tratto in inganno dalle tante gentilezze, e gli narrò che voleva andare in Turchia “a comperar tapedi turchi, ma non era in quel momento navilio che andasse et cussì doveva aspetar“.

Bevettero insieme una bottiglia di vino e, prima di lasciarsi, Otobon propose a sier Marco una cena a bordo della sua nave “ch’el haveva castradina bona de Ragusa et vin dalmato fin“. Il giorno dopo verso un’ora di notte, la cena era preparata; si mangiò la carne affumicata di castrato, una gran teglia di “coradela ad suffritum” e si bevette molto vino, tanto che il patrizio prese sonno a bordo della “Pandora“, un vero sonno di piombo.

La mattina seguente, la nave vele gonfie solcava l’Adriatico diretta a Venezia e sier Marco Corner dalla barba si trovava legato in fondo alla stiva. Il famoso “buzaron“, tutto avvilito più per il tiro giocatogli che per la pena che lo aspettava, venne sbarcato al Molo e dai fanti del Consiglio condotto dinanzi al segretario dei Dieci che appena lo vide sorridendo gli chiese: “Havè fato bon viazo?“. Sier Marco non rispose.

Il tre dicembre il Consiglio dei Dieci emanava una nuova sentenza: “ch’el sia serado in preson cum caena e li piedi non più longa di piedi cinque et sia serado fin che muora“, e a messer Ettore Otobon faceva pagare la taglia promessa di mille ducati.

Sier Marco dopo due anni moriva, e il suo lontano parente di San Marcuola reclamava il cadavere per poterlo seppellire in terra cristiana. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 26 settembre 1926

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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