La baruffa del Cristo, nel 1800 a Chioggia

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Il Cristo di San Domenico. Chioggia

La baruffa del Cristo, nel 1800 a Chioggia

La gigantesca effige del Crocifisso si trova custodita nella Chiesa dell’isoletta di San Domenico, appartenente in antico ai monaci Benedettini di San Giorgio Maggiore di Venezia, i quali nel 1287 la cedettero ai Domenicani. La croce è collocata su un bellissimo altare di marmo di Carrara tolta alla soppressa chiesa del Pianto di Venezia nel 1812. Si rivela opera di un buon artista, per i gusti particolari anatomici, che per la testa meravigliosamente modellata.

La croce misura metri 4,87 di altezza e metri 3,50 di larghezza, e sporge innanzi con le ginocchia (alquanto piegate centimetri 85; pesa cento e ottanta chilogrammi; è fatta di legno di salice, interiormente quasi del tutto vuoto, coperto all’esterno da finissima tela di lino dipinta ad olio con colori naturali. Particolare curioso; guardando l’immagine a destra, sembra vederla agonizzante con gli occhi semi aperti, mentre vista a sinistra dà l’illusione di vederla morta. Non vi è dubbio che sia opera di qualche scuola bizantina del 1400.

Leggenda del Cristo

Il popolo, sempre ricco di immaginativa, fabbricò sul conto del Cristo di San Domenico una leggenda prodigiosa. Nicoddemo, il discepolo occulto di Gesù, l’avrebbe scolpito dal basso alle spalle; ma per la testa egli sarebbe ricorso agli angeli che lo modellarono con le loro proprie mani.

Il Cristo rimase molto tempo in Palestina, finché durante una crociata, fu portato via e caricato su una galea, che naufragò nei pressi del porto di Chioggia. Il Crocefisso, rimasto in balia delle onde, venne galleggiando fino all’isoletta “de li frari de San Domenego” i quali ne resero avvertito il vescovo.

Fu provvisoriamente deposto nel Duomo di Santa Maria, ma la mattina appresso con sommo stupore del popolo, esso veniva ritrovato nelle acque dell’isola. Rimosso di nuovo e portato in un’altra chiesa nel centro del paese, il giorno dopo si vedeva rinnovato il prodigio, e così per molti giorni di seguito fino a che il vescovo capì che il Crocifisso voleva abitare in chiesa dell’isoletta.

Un documento latino degli antichi Domenicani di Chioggia, a completamento della leggenda, ammonisce con le parole del Salmo LXXIV: E’ venuto dal mare, trasportata dalle acque; a che curarsi di rintracciare la sua origine quando l’avemmo per disposizione del Cielo?

La baruffa del Cristo

Da epoca immemorabile tutti gli anni nella Domenica in Albis (ottava di Pasqua) si celebrava a Chioggia la festa del Crocifisso miracoloso, festa che chiudevasi con una solenne processione lungo la Piazza (ora Corso Vittorio Emanuele).

Nel 1800 avvenne la famosa sollevazione contro gli austriaci, detta volgarmente “la baruffa del Cristo” perché l’insurrezione popolare incominciò durante la processione. Chioggia, città eminentemente democratica e affezionata alle tradizioni di San Marco, mordeva allora il freno della recente dominazione austriaca.

Alle 6 del pomeriggio del 20 aprile usciva di chiesa la processione, fra due fitte ali di popolo in gran parte formato da pescatori ritornati espressamente dalla Dalmazia, dall’Istria e dalla Romagna. Il religioso corteo, fra gli spari dei mortaretti giunse ordinatamente sino al Corpo di Guardia, che è l’attuale ufficio telegrafico, dove si trovava schierato un picchetto d’austriaci: nove soldati ed un caporale. Nella ressa, un fanciullo inavvertitamente posò il piede sopra la lucida scarpa d’un soldato che con atto brutale colpì il ragazzo nella testa col calcio del fucile.

Allora, un certo Ballarin Bernardo, detto Siòla, giovane pescatore, con uno di quei pugni terribili di cui ha la privativa la nostra gente di mare, scaraventò l’austriaco contro la parete della caserma. Il soldato reagì, ma il Ballarin lo disarmava senz’altro e lo trafiggeva con la sua stessa spada. Fu il segnale della rivolta. Un grido solo echeggiò nella Piazza: Viva la Repubblica, Viva San Marco, Morte ai Tedeschi!

Contro i soldati che sparavano dalla Gran Guardia si scagliò furente il popolo armato di sassi e di canne per dar fuoco all’edificio. Intanto, la processione s’era sciolta, nuovi soldati accorrevano in aiuto dei primi, mentre le campane della Torre di Piazza e di Sant’Andrea suonavano a stormo, incitando alla rivolta.

Il capitano austriaco Bittner fu disarmato e gravemente ferito, ed il comandante Pupries che, ignaro della lingua italiana dall’alto dello scalone del Palazzo Pretorio tentava con i gesti di pacificare la folla, venne lasciato moribondo. Una scarica di fucileria intensa eseguita dal grosso della truppa contro i ribelli pose finalmente termine al conflitto. Sul suolo rimasero sette popolani morti e sedici feriti, le perdite dei tedeschi furono un ufficiale e due soldati morti e molti feriti. Calata la notte, i pescatori si imbarcarono silenziosamente per la Dalmazia e la Romagna favoriti dalle stesse autorità municipali.

Istituitosi il processo, tutto si risolse in nulla, che troppo importava all’Austria di porre ogni cosa in tacere. Ma la processione del Cristo fu soppressa! Solo nel 1901 essa di rinnovò con particolare splendore. Così vuole il pescatore chioggiotto, che nel suo Cristo di San Domenico vede l’aiuto più efficace contro le terribili insidie del mare.(1)

(1) A.Tiozzo Il Gazzettino Illustrato 13/06/1926

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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