I pellegrinaggi in Palestina e i doni dei veneziani alla Terra Santa

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Piviale del parato "Venezia". Terra Sancta Museum. CTS-OA-20414

I pellegrinaggi in Palestina e i doni dei veneziani alla Terra Santa

La Palestina, la terra famosa e ricoperta di storia millenaria, santificata dalla nascita e dal sacrificio di Gesù Cristo, sin dai primi tempi del Cristianesimo divenne oggetto di speciale devozione e meta sospirata di continui pellegrinaggi. Il vasto moto delle Crociate aveva reso assai più pratica e diffusa tale forma di devozione religiosa, che, fin dall’epoca dell’Impero Romano, si era effettuata principalmente per le vie di Ostia o di Brindisi; ma che nel Medio Evo aveva scelto altre vie, quelle, cioè, delle Repubbliche marinare, di Amalfi, Venezia, Genova, Pisa, nonché i porti delle Puglie. In progresso di tempo poi la via preferita quasi esclusivamente da tutti i pellegrini, che si recavano in Terra Santa, fu quella di Venezia.

La fama di potenza, la facilità dell’imbarco, la sicurezza del tragitto appoggiato a una serie di stabili possedimenti veneziani nell’Adriatico, nell’Egeo e nel Mediterraneo, facilitavano il pellegrinaggio in Terra Santa richiamando a Venezia, piuttosto che negli altri posti, il maggior numero di pellegrini dell’Europa occidentale. Naturalmente più che per i vantaggi materiali, che ne poteva trarre, la Repubblica Veneta favoriva quei viaggi per altissime idealità religiose e per il prestigio politico nelle menti dei pellegrini e dei popoli di Oriente.

Infatti curava le sorti dei pellegrini appena giunti a Venezia ospitandoli durante la loro permanenza in attesa dell’imbarco nei vari ospizi a ciò eretti, curandoli negli appositi ospedali qualora fossero caduti ammalati. Esentava di dazio le loro merci e quelle destinate al culto sacro e ai bisogni dei Francescani in Terra Santa. L’imbarco poi dei pellegrini si effettuava in primavera, dopo la festa della Sensa (Ascensione) e dopo quella del Corpus Domini, tra dimostrazioni davvero singolari di affetto e dopo che essi avevano partecipato, accanto ai senatori, alle cerimonie e processioni di quei giorni solenni.

Lungo il tragitto la Repubblica li accompagnava, e negli scali d’Oriente i pellegrini erano sempre accolti e ospitati nei quartieri veneti. In Terra Santa non li lasciava soli, né indifesi in balia del Turco. Tra i vari e importanti incarichi che con diligenza e destrezza dovevano disimpegnare i baili veneziani, accreditati, prima presso i Saraceni della Siria, poi, presso il Sultano di Costantinopoli, il primo era appunto di difender i pellegrini e i Francescani dai soprusi dei Turchi, sostenendone le ragioni anche via diplomatica.  

Particolarmente favorevole si dimostrò la Repubblica verso i Francescani favorendo in mille modi la loro ardua missione di fedeli custodi. Naturalmente tali premure e interventi diplomatici in favore dei pellegrini e dei francescani dei luoghi santi, oltre che provocare la gratitudine dei Francescani, costituirono il fondamento del Protettorato, che, a preferenza degli altri stati cristiani, esercitò in Palestina, dal Due al Seicento, la gloriosa Repubblica di San Marco.

Le manifestazioni di fede e di pietà verso i santuari della Palestina si concretizzarono anche con offerte pecuniarie o di oggetti sacri, ricordi dei viaggi in Terra Santa dei pellegrini. I fedeli preferivano offrire, giacché particolarmente significativi, calici preziosi, lussuosi apparati, ricchi candelabri e superbe lampade; ma tutte queste cose, generalmente costituivano dimostrazione di devozione privata. Solo alla fine del tardo Cinquecento si ha memoria che taluno di questi oggetti, offerto da Principi o da re dell’Occidente, rivestiva carattere di offerta pubblica e di tutto uno Stato.

Non prima, sebbene tra i primi Stati offerenti, compare la Repubblica di Venezia. I doni veneziani, mandati per il passato a Gerusalemme, costituirono anzitutto una pratica dimostrazione di pietà e religiosità di Venezia verso i Luoghi Santi. Tra i vari regali mandati lungo il corso dei secoli dai Veneziani, e custoditi a Gerusalemme con gelosa cura dai francescani, primeggia, tuttora in ottimo stato, l’apparato solenne di Venezia.

Tale apparato consiste in una pianeta, due tunicelle, un piviale  e tutti gli accessori richiesti dal rito latino per la Messa e i Vespri Pontificali. Sono di un consistente velluto cremisi tutto ricamato con fili e lamine d’oro purissimo, quale opaco e quale luccicante. Si tratta di uno dei più superbi e fastosi esempi del Seicento veneziano. Per la ricchezza e preziosità della materia, per l’impeccabilità dell’esecuzione, supera in valore i migliori apparati del tempo riuscendo di effetto veramente fantastico.

Il motivo ornamentale della pianeta e delle tunicelle si ispira al tardo rinascimento; non vi sono figure, bensì vi abbondano i fiori stilizzati e forse leggermente appesantiti; la melagrana, il tulipano, la rosa, il girasole e la palma spiegata e fiorita, uniti da fogliame e legati da viticci, si equilibrano, si alternano, corrispondendosi in un disegno ancora elegante, che occupa tutto il campo disponibile. Notevolmente differente e forse un po’ più settecentesco è il disegno del piviale e del velo omerale, che perciò dovrebbero essere alquanto posteriori, sebbene l’esecuzione del lavoro sia sempre la stessa, fine ed accurata.

La data dell’offerta si dovrebbe aggirare alla fine del Seicento e più precisamente intorno al 1672, giacché tale anno è segnato su un altro indubbio ricordo veneziano, che colà si conserva. Si tratta di un meraviglioso paliotto di altare, similmente ricamato a mano, ma di un disegno ancor più ricco e fantastico, sebbene ispirato ai motivi della pianeta e delle tunicelle. 

A togliere qualsiasi incertezza sulla venezianità del dono e del lavoro, nel punto centrale del paliotto e del velo omerale è ricamato un leone rampante, caso raro o forse unico nella storia del leoni marciani,  mentre sul retro delle tunicelle è ricamato un leone andante, con la zampa anteriore sinistra alzata per sorreggere un ipotetico libro evangeliario, entrambi sono nimbati, con gli occhi fatti con delle perline rosse e con un insolito sorriso sornione. Nella pianeta poi, sulla parte posteriore, sopra lo stemma delle cinque croci di Terra Santa, sono ricamate le iniziale C.D.V. interpretate  per COMMISSARIATUS DOMINII VENETI. 

L’apparato completo veniva usato per la messa solenne che nel 25 aprile di ogni anno, festa del glorioso patrono di San Marco, i francescani in segno di gratitudine celebravano in quei Santi Luoghi per la prosperità della Serenissima Repubblica. (1)

(1) F.Davide M. da Portogruaro. Ricordi veneziani al Santo Sepolcro. Rivista di Venezia (1935)

Vedi anche https://www.edizioniterrasanta.it/shop/paramenti-sacri/

FOTO: Alfonso Bussolin e Nadim Asfour - Terra Sancta Museum. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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