Mestre Fedelissima

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Resti delle antiche mura di Mestre. Via Torre Belfredo - Mestre

Mestre Fedelissima

Dicono alcune antichissime cronache che la terra di Mistria o di Mestre, parte estrema continentale del nostro estuario, fosse chiamata così dal nome di una grande famiglia altinate, Mestria, che su quel territorio aveva giurisdizione alcuni secoli prima della venuta di Attila.

Nel principio del secolo tredicesimo Mestre era soggetta a Treviso, Ezzelino da Romano se ne rese padrone nel 1245, ma nel 1250 ritornò ai Trevisani e quando quella città fu presa da Cane il Grande anche il territorio mestrino passò sotto il dominio degli scaligeri.

Nel 1336, o secondo qualche storico nel 1337, sier Andrea Morosini, capitano della Repubblica veneta, acquistò, come scrive il Caroldo, “Mistria et li Castelli et questo fo nel zorno ultimo de agosto” per ducati tremila e la Serenissima a capo del nuovo dominio elesse podestà sier Francesco Bon della contrada di san Cassiano e sulla torre della piazza fece alzare il glorioso gonfalone di San Marco. Durante i primi tempi del Governo veneto, Mestre fu ancora teatro di avvenimenti sanguinosi; nel 1355 il re d’Ungheria guerreggiando contro Venezia invano tentò di espugnare il castello mestrino; nel 1371 Francesco da Carrara il vecchio fece scorrerie, devastazioni, soprusi; sei anni dopo i Carraresi l’assediarono, due volte sempre respinti dai valorosi difensori.

Il Quattrocento invece passò calmo; di Mestre e della Marca Trevigiana, ormai quasi tutta dei Veneziani, scriveva allora il Bonifazio nelle sue Historie: “Se Venezia ad una gran casa volessimo paragonare, siccome le lagune si direbbero le sue peschiere, così Mestre et il Trivisano si direbbe uno suo giardino“, ma purtroppo quel ridente giardino dai campi ubertosi, dai copiosi vigneti e sparso di splendide ville, orribilmente sofferse tra il 1509 e il 1512, nei primi anni della famosa Lega di Cambrai.

Mestre più di tutti: dalle cronache del tempo si raccolgono alcuni episodi che documentano la brutalità dei Tedeschi, i primi nemici che si scagliarono contro la Repubblica di San Marco condotti dall’imperatore Massimiliano della casa d’Asburgo. Il territorio mestrino fu saccheggiato, incendiato, in gran parte distrutto e quando i Tedeschi furono costretti a ritirarsi come atto conclusivo della loro bestiale ferocia bruciarono vivo un povero “puto qual in la piaza di san Lorenzo havea digato (gridato) Marco! Marco!“. Partiti i nemici da Mestre, si vide, narra Marin Sanudo nei suoi Diaricossa che par un inferno, tuto brusato, fuogi ancora per le case, homeni et done morti in terra“. E sui muri di Mestre i nemici avevano scritto, a grandi caratteri, un rozzo distico, allusivo alla vittoria dei Veneziani a Fiume e alla conseguente rappresaglia: “Ti ciapa Fiume e Fiumesim, e mi brusa Mestre e Mestrin“.

Da quella strage, Mestre faticosamente poté poi risollevarsi, e concorsero anche nell’opera benefica non solo i patrizi veneziani, ma la stessa Signoria che volle venissero ricostruite le case bruciate e ripristinati i campi devastati. Così Mestre risorse, e la sua fedeltà a Venezia fu una delle sue più belle caratteristiche, tanto che poté alla fine del Cinquecento, con la piena approvazione del Senato veneto, ornare il suo stemma col motto “Mestre Fedelissima“. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 4 giugno 1931

Dall’alto in basso, da sinistra a destra: Torre dell’Orologio, Ponte della Campana, Torre dell’Orologio, Antiche mura di Mestre, Torre Moza, Antiche mura di Mestre, Chiesa di San Lorenzo.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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