Famiglia Ruzzini

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Stemma Ruzzini. Famiglie Venete con le loro armi. Da http://bibliotecaestense.beniculturali.it/

Famiglia Ruzzini

Ruzini. Non valutando l’origine data alla famiglia Ruzzini dal Moti, nel suo Mavors, perché fantastica, volendola discesa dalla Gente Rosina romana; né quanto asseriscono alcuni altri scrittori, che la vogliono venuta da Reggio, diremo essere più comune ed abbracciata opinione, che giugiesse qui da Costantinopoli; alcuni ponendo il suo arrivo nel 1125, nitri nel 1174, ed altri ancora nel 1229. Il Frescot vuole che si trasferisse qui soltanto nel 1260, vale a dire, dopo che i Greci ebbero ricuperata quella città; ma parecchie cronache affermano qui l’esistenza di essa famiglia anteriormente d’assai, onde il Malfatti non temé di asserire, essere usciti dal suo seno antichi tribuni, ed uomini datisi alla mercatura, dall’esercizio della quale divennero ricchissimi. Innalza questa casa per arme uno scudo diviso di argento e vermiglio, con una rosa forata vermiglia sopra l’argento.

Il doge Carlo Ruzzini Carlo Ruzzini nacque, nel 1654, da Marco q. Domenico. Educato dai padri Somaschi nella casa della Salute, si mostrò di mente svegliata, e quindi riuscì abilissimo a sostenere le cariche più gelose della Repubblica. Persolte da prima alcune magistrature, in cui si dimostrò giusto, sapiente, integerrimo, fu mandato, nel 1692, ambasciatore in Spagna, ove si mostrò d’animo splendidissimo. Tre anni dopo passò, nella stessa qualità, appo la corte di Vienna, la quale ammirò in lui la desterità nel maneggiare le cose politiche, massime nella lega che giunse a far stringere a Pietro il Grande di Russia. Nel 1699, venne mandato come plenipotenziario ed ambasciatore straordinario al congressotenuto in Carlowitz, affine di stabilire la pace col Turco. Due anni appresso fu eletto ambasciatore straordinario a Filippo V re di Spagna, allorché quel regnante si recò a Milano. Poco poi, nella stessa qualità fu inviato a Costantinopoli, presso Aemet III, per gratularsi della sua assunzione al trono. Ritornato in patria, veniva, il dì 5 marzo 1706, decorato della stola procuratoria de citra, in luogo del defunto Leonardo Donato. Quindi sostenne le seguenti magistrature: Nel 1707 era sopra la provvisione del pubblico danaro; nel 1708 deputato al commercio; nel 1709 uno dei cinque correttori della Promissione ducale dopo la morte del doge Alvise Mocenigo, ed uno degli elettori del doge Giovanni Cornero; riformatore dello studio di Padova, e savio del Consiglio; nel 1710 inquisitore ai governatori dell’entrate, deputato sopra il commercio e savio del consiglio ; nel 1714 ancora savio del consiglio; nel 1712 fu spedito ambasciatore straordinario al congresso di Utrecht; nel 1713 nuovamente savio del consiglio; nel 1714, riformatore ancora dello studio di Padova, e savio alle acque; nel 1715 savio del consiglio. Spedito nel 1718 siccome ambasciatore straordinario e plenipotenziario al congresso di Passarowitz, onde stabilire In pace colla Porta, e quindi, dopo di avere sostenute altre magistrature, fu eletto doge il 2 giugno 1732, giusta quanto superiormente notammo, morendo nell’età sua d’anni 82, dopo 4 giorni soli di malattia. Carlo Ruzzini fu pieno di filosofia, e tanto che venne considerato il più dotto uomo della Repubblica, ed il più scienziato principe che allora vivesse; e fu religioso grandemente. Curò che la patria, come accennammo, possedesse le reliquie del santo doge Pietro Orseolo, e, venute, ne esternasse una piccola parte, la fece riporre in decorosa custodia, e la donò alla chiesa dei Carmelitani Scalzi, ove disposto aveva di esser tumulato. Questa preziosa reliquia, col nome del donatore, tuttavia colà si conserva. In occasione di ricevere queste reliquie, si risvegliò in lui il desiderio di verificare se nella cripta di San Marco fosse veracemente deposto il corpo di esso santo l’evangelista. A questo fine si aprì, presso l’altare della Madonna, un foro nel pavimento, e mediante una scala a mano si discese nella sottoconfessione, ma ritrovandosi l’acqua colà molto alta, si girò soltanto intorno sopra le panchine di marmo, che contornano quel luogo, senza che il doge e gli altri che seco condusse potessero rilevar nulla; sicché riuscì vana la prova tentata. Lasciò parecchie memorie manoscritte intorno a ciò che aveva veduto nei suoi viaggi. Nella vita che Antonio Arrighi pubblicò di lui, nel 1764, in latino, sa ha alcun saggio della sua dottrina e dettatura. (1)

(1) Il Palazzo Ducale di Venezia Volume IV. Francesco Zanotto. Venezia MDCCCLXI

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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