Famiglia Tron

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Calle Secchera, 559 (Santa Croce) - Stemma Tron

Famiglia Tron (o Trono)

Trono. Vogliono alcuni che la famiglia Trono derivi dalla antica casa Tribuno, come la Memmo: ma Scipione Agnello Malici, negli Annali di Mantova , afferma essere venuta da quella città nelle venete isole, per la irruzione di Attila; a cui aderisce il Frescot, ambedue dicendo, che allora si appellavano Zanti. Altri opinano, provenuta invece questa famiglia dall’Inghilterra: solite contraddizioni, che s’incontrano nei genealogisti, la più parte brulli di critica. Certo è però che i Trono sostennero fin dagli antichi tempi il tribunato e primeggiarono nelle isole realtine, ed presero parecchie fabbriche, e concorsero all’innalzamento delle chiese di Sant’Ubaldo, e di San Jacopo di Palude.

Usò questa famiglia uno scudo bandato d’oro e di rosso, di sei pezzi, sotto un capo d’oro, carico di tre gigli vermigli senza piede, alli quali gigli però alcuni aggiunsero una base di due gradi o membri.

Il doge Nicolò Trono figlio di Luca q. Donato, e di Lucia Trevisan di Girolamo, nacque circa il 1397. Alcuni storici gli danno due mogli. La prima Laura Nogarola, figlia del conte Leonardo, veronese; la seconda, Alidea, detta anche Dea Morosini. Sennonché rileva giustamente il sullodato Cicogna, essere corso errore in quegli storici, poiché dal registro di nozze esistente nella Marciana non risulta il primo maritaggio. Passò Nicolò Trono la maggior parte della sua gioventù nel commercio, attestandoci il Malipiero ed il Sanuto, che stette quindici anni a Rodi, onde poté raccorre ricchezze per 6O.000 ducati di contanti, e 20.000 di stabili. Ritornato in patria, fu occupato nelle magistrature, fu del consiglio dei X, e nel 1402 capitanio di Padova. Al tempo della guerra, nel 1463, fu eletto generale delle armi, e unito ad Ussun Cassano re di Persia, riportò molte vittorie sopra i Turchi. L’anno appresso, 1464, fu uno dei dieci ambasciatori a Pietro Barbo, assunto al pontificato col nome di Paolo II. L’anno stesso fu uno dei consiglieri del doge, e nel 1466, a dì 12 aprile, ottenne la stola procuratoria de supra, in lungo del defunto Bernardo Bragadin; finalmente, morto Cristoforo Moro, fu innalzato al grado supremo della patria. Dalla moglie Dea o Alidea Morosini ebbe Nicolò due figli; il primo Giovanni, che fu, nel 1470, ucciso dai Turchi in occasione della presa di Negroponte, della quale disavventura amareggiato il padre, a segno di lutto, portò sempre lunga la barba. Il secondo, Filippo, eresse al genitore, nel 1473, nobile monumento nella chiesa dei Frari; e dopo d’essere stato, nel 1477, luogotenente ad Udine, nel 1479, capitano di Verona, nel 1484, podestà di Padova, nel 1491, savio grande, veniva il dì 31 dicembre 1492 creato procurator di San Marco de supra, in luogo del defunto Pietro Priuli; morendo finalmente nel 1504, sepolto nella tomba stessa di suo padre. Dea Morosini, moglie del doge Nicolò, sopravvisse al marito, morto nel 1478. Essa, per testimonianza degli storici, fra i quali del Palazzi, fu donna altamente pietosa ed umile, ed appunto per la sua grande modestia comandò nel suo testamento di esser sola ed umilmente sepolta nel chiostro di San Giobbe: intorno a cui si veda quanto scrisse il prefato cav. Cicogna.

Il monumento del Trono, non è opera di Antonio Bregno, come mal dissero il Sansovino ed il Cicognora; fu in quella vece costrutto e lavorato da Antonio Riccio, quello stesso che elevò la grande facciata interna del cortile di Palazzo. Esso monumento è uno dei più ricchi e dei più laboriosi che esistano in Venezia, ed è locato alla destra dell’ara massima nel tempio dei Frari. Diviso in quattro ordini posa su un basamento di molte e nobili membrature, ed è coronato da un archivolto che sporge dalla parete in guisa da coprire dignitosamente l’urna dell’illustre defunto. Il primo ordine è ornato di tre nicchie. Quella di mezzo reca la statua pedestre del doge, le altre due portano, quella alla destra, il simulacro della Prudenza, e quella a sinistra, l’altro esprimente la Carità. Due binati pilastrini chiudono ai lati quest’ordine, sopra i quali pilastrini, a reggere l’archivolto anzidetto, e a chiudere gli altri tre ordini superiori, sorgono, spiccate dal monumento, una sull’altra tre nicchie, divise appunto dalla ricorrenza degli ordini stessi, entro le quali si accolgono sei statue. Le prime due figurano guerrieri recanti in mano lo scudo gentilizio del principe; le seconde esprimono l’Armonia e la Sapienza, e le ultime rappresentano, unitamente alle altre cinque schierate nell’ordine superiore, i sette doni dello Spirito Santo. Nell’ordine di mezzo sporge l’urna funebre, entro la quale riposano le ceneri del principe. Sopra un basamento posa la detta urna, il cui prospetto è diviso in due compartimenti dalle tre statue che sorgono sopra i risalti della base anzidetta, e che fan l’uffizio di reggere la cornice e il coperchio dell’urna medesima. Esse rappresentano l’Abbondanza, la Fortezza e la Prudenza. Di prospetto e di fianco all’urna stessa, in mezzo una corona di frutta e foglie in basso rilievo, si vedono quattro busti, recanti le immagini di Giulio Cesare, di Giulia sua figliuola, di Ottavia e di Cornelia madre dei Gracchi. L’urna descritta porta sul pinacolo il feretro su cui distesa appare, un’ altra volta, la statua del doge, vestita colle assise ducali. Il sottoposto ordine reca la inscrizione seguente, e nei lati due bassi rilievi figuranti due geni. Sulla estrema cornice, e sotto il citato archivolto, disposto a grandi lacunari, è Cristo trionfatore di morte, e fuori dell’arco, quinci l’Angelo, e quindi Maria Annunziata, nel mentre che sul pinacolo, in mezzo alle nubi, si mostra l’eterno Padre in atto di benedire. Tutto il monumento è di pietra istriana ; di marmo carrarese sono le statue, e nelle colonne, nei fondi e nelle nicchie si vedono impiegati il venato, il rosso di Francia, il bardiglio, il greco con lusso principesco, e gli ornamenti, le vesti del doge, le mensole e i membri sono posti ad oro.

Questa è l’ inscrizione :

NICOLAVS . THRONVS . OPTIMVS
CIVIS . OPTIMVS . SENATOR . OPTIMVS
ARISTOCRATIAE . PRINCEPS . FVIT
QVO . FEMCISS . DVCE . FLORENTISS.
VENETORV . RES . P . CYPR . IMPERIO
ASCIVIT . CVM . REGE . PARTHOR .
CONTRA . TVRCHVM . SOTIA . ARMA
CONIVNXIT . FRAVDATAM . PECV
NIAM . VIVA . ILLIVS . EFFIGIE . RESIGN
AVIT . CVIVS . INNOCENTISSIMIS
MANIBVS . HANC . MERITA . DIVINI
OPERIS . MOLEM . PHILIPPVS . FILIVS
PENNI . AETERNITATE . POSVIT (1)

(1) Il Palazzo Ducale di Venezia Volume IV. Francesco Zanotto. Venezia MDCCCLXI

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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