Famiglia Ziani

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Casaria, 255 (San Polo) - Stemma Ziani

Famiglia Ziani

Ziani. Se volessimo por mente a quanto scrissero lo Zabarella, e con lui il Faroldo, il Doglioni, il Frescot, il Cappellari ed altri parecchi, la famiglia Ziani sarebbe la stessa che la Zane; ma, se crediamo al Malfatti ed all’accuratissimo genealogista Marco Barbaro, la scorgeremo affatto diversa; fissando quest’ultimo scrittore la estinzione della casa Ziani, nel 1375, nella persona di Dinomante, tiglio di Nicolò da Sant’Angelo. Né parleremo delle fantastiche derivazioni date a questa famiglia dallo Zabarella anzidetto, giacché più volte rilevammo i sogni di lui, avendo egli voluto, in un modo o nell’altro, rintracciare le origini delle antiche famiglie nella notte dei secoli. Certo è che li Ziani, siano venuti da Jesolo a Torcello, e da questa città in Rialto, siccome vogliono alcuni cronacisti; o pervenissero da Padova direttamente, secondo altri; o derivassero da Cavarzere, giusta l’Anonimo Altinate; furono, nei primi tempi della Repubblica, tribuni per testimonio dell’Anonimo ora detto.

Era dessa famiglia potente e ricchissima, dicendosi da più cronacisti, che le sue ricchezze le fossero pervenute dall’avere ritrovata scavando in Altino, una vacca d’oro massiccio, forse idolo degli antichi abitatori, che adoravano, non Proserpina sotto quelle forme, come opina il Gallicciolli, ma piuttosto Venere, il cui simbolo era propriamente la vacca, massime in Egitto. A dimostrar poi essere provenute da un ceppo medesimo le due famiglie Ziani e Zane, recano a prova alcuni genealogisti, fra i quali il Cappellari, innalzare tutte e due lo stesso scudo. Ma è questo un errore manifesto. Poiché li Ziani avevano per impresa uno scudo diviso d’oro e d’azzurro, carico di sci gigli dei colori contrapposti; e li Zane usavano alternativamente di due scudi; uno diviso d’argento e di azzurro, con una volpe rampante dei colori contrapposti; l’altro, inquartato con nella prima e quarta divisione una torre d’argento in campo vermiglio, e nella seconda e terza la volpe come nel primo scudo. Fu poi variato lo stemma degli Ziani, non si saprebbe da chi e come; mentre negli Elogi del Mattino, e sotto le immagini dei dogi Sebastiano e Pietro Ziani lo si vede inquartato, con nel primo e quarto punto una zampa di volpe d’argento in campo azzurro, e nel secondo e terzo tre gigli per cadauno, dei colori contrapposti ora detti.

Il doge Sebastiano Ziani, riguardo a questo doge, il chiarissimo cav. Cicogna, nella non mai abbastanza lodata sua opera Delle inscrizioni Veneziane , dopo di aver riportato la notizia del Cappellari, che dice aver avuto per padre Marino q. Pietro, ecco quanto soggiunge: Dagli anni che aveva quando fu eletto doge si deduce che nacque circa il 1102. Era quindi giovane, quando intorno al 1125, governava Sico, in Dalmazia al momento che presa dagli Ungheri, vi fu scacciato. Forse, come è probabile, Sico é Sebenico. Nel 1138, Sebastiano è uno di quelli che si trova sottoscritti ad alcuni ordini posti dal doge Pietro Polani, relativi al miglior metodo da tenersi nella festa delle Marie. Si trova anche la sottoscrizione di Sebastiano nell’atto di quietanza del 1151, fatto da Domenico Morosini doge con i suoi giudici, o preordinati, e popolo di Venezia a Pietro e Giovanni Baseggio di tutto ciò che il loro padre Basegio Baseggio, del confin di San Giovanni Grisostomo, aveva avuto per le spese da esso incontrate nella fabbrica del campanile di San Marco. La firma di Sebastiano si trova pure, insieme con quella di Vitale Dandolo, in un documento del 1161, del mese di luglio, che contiene una sentenza del doge Vitale II Michiel, coi suoi giudici, a favore di Oliviero e Bulciana figlio e figlia dei fu Giovanni Semitecolo. Avendo Vital Michiele suddetto, coi suoi giudici e savii, e col popolo di Venezia, nel 1162, concesso il contado e l’isola di Veglia in feudo a Bartolomeo e Vito, figli del conte Doimo Frangipane, il nostro Sebastiano fu il primo giudice che segnò il relativo istrumento. Avendo egli poi, insieme con Orio Mastropiero, che fu poi doge, e con altri ricchi patrizi sovvenuto la Repubblica di 1150 marche d’argento, ottenne in sua spezieltà due parti di tutto il mercato di Riatto. Nel 1166, alla elezione del conte d’Arbe, sottoscrisse pure il nostro Sebastiano. Nel 1171-72 fu spedito, con Orio Mastropiero, ambasciatore ad Emmanuele imperatore, per trattare la pace, che non riuscì. Finalmente veniva innalzato al seggio ducale, nell’età sua d’anni 70. Il Ziani, non si sa quando, prese moglie, che fu poi a lui superstite. Si appellava Froiga o Froiba, secondo risulta da alcun documento.

Dal contesto poi dei documenti e dalla Storia, l’illustre Cicogna accennato tessé l’albero della casa dei dogi Ziani, ommettendo quegli individui dei quali è incerta la paternità; o dei quali il cognome si confonde con quello dei Zane. Da questo albero risulta, che il nostro Sebastiano ebbe tre figli ed una figlia. Il primo, Luigi, che, si dice avere accompagnato Ottone figlio dell’imperatore Federico: il secondo Pietro, che fu poi doge; il terzo Jacopo, che impalmò prima Cecilia di Baone; e, dopo morta questa, si ammogliò con una di casa Morosini da Sant’Angelo; e Mabiliota, che appare in una certa di donazione, del 1205, del doge Pietro suo fratello.

Nella rifabbrica avvenuta del tempio di San Giorgio Maggiore, si aperse, nel 1611, la cassa marmorea, e, giusta l’Olmo, testimonio oculare, si rinvennero tre corpi risolti in polvere; che furono giudicati di Sebastiano padre e di Pietro e Jacopo figlioli Ziani; i quali, raccolti da quei monaci, vennero tumulati nel suolo della cappella interna detta dei Morti, sovrapponendovi la seguente inscrizione :

SEBASTIANI ZIANI
PETRI ET UCOBI FILIOR
OSSA
QVORVM ILLI VEN. REIP. DVCES
HIC DVCIBVS VIRTVTE PAR
VNIVERSI DE HOC COENOBIO AEQVAE MERITI
COENOBITAE GRATI
RECONDID.
MDCXI.

A maggior onore del doge Sebastiano, i monaci stessi vollero posto alla sinistra dell’esterna facciata del tempio, eretto da Andrea Palladio, il suo busto, scolpito da Giulio del Moro, con sopra quest’altra inscrizione, dettata dal padre Jacopo Cavaccio, padovano :

MEMORIAE
SEBASTIANI ZIANI INVICTI DVCIS CVIVS
ARMIS FRACTA PRIVS FRIDER. AENOBAR. CAES.
PERTINACIA MOX OFFICIIS DELINITA EVNDEM
INTER SE ET ALEX. III. PONTIF. MAX. PACIS
ARBITRVM VOLVIT QVA NVTANS CHRISTIANA
RES TANDEM SVBLATO DISSIDIO CONQVIEVIT
MONACHI PLVRIBVS OBSTRICTI BENEF.
CELEBRIORI LOCO MONVMENTVM RESTITVERE
MDCX.
OBIIT MCLXXVIII.

Il doge Pietro Ziani, figlio del doge Sebastiano, fino dal 1177 fu uno dei sopraccomiti di galera, che sotto il comando del padre suo, combatterono a Salvore contro Federico Barbarossa. Ad onta però che ciò riferiscano alcuni cronacisti, è dimostrato non esser mai accaduta quella battaglia; per cui, come abbiamo argomentato nelle illustrazioni dei dipinti esistenti nella Sala del Maggior Consiglio, che rappresentano quella storia, può essere che Pietro abbia fatto parte della flotta allestita, per timore della venuta nel golfo delle flotte unite di Genova e di Pisa, che soccorrer dovevano l’imperatore Barbarossa.

Del 1181, dice il Cappellari, nel suo Campidoglio, Pietro fu capitano dell’armata per la ricuperazione di Zara; ma è contraddetto da altri, fra i quali dal cronacista Sivos, che afferma essere stato capitano di quella spedizione Domenico Morosini. Pietro contribuiva, nel 1187, lire 90 al dominio per sostenere la guerra contro il re d’Ungheria; e nel 1193 era conte di Arbe. Si conosciuta dai Padovani la bontà e la prudenza sua, lo scelsero, nel 1201, a loro podestà. Con Enrico Dandolo, nel 1202, fu uno dei quaranta governatori delle galee veneziane, dirette all’impresa di Soria; e quindi si trovò all’assedio ed alla resa di Zara. Morto poi il Dandolo, fu creato doge con acclamazione generale del popolo. Alle azioni da lui compiute durante il suo reggimento, discorse più sopra, aggiungiamo le seguenti, che riguardano particolarmente la sua persona.

Nel 1209, fece rinnovare la insigne Pala d’oro stante nell’ara massimo della Basilica di San Marco, il quale lavoro curò Angelo Faliero, procuratore di San Marco, come dall’inscrizione inserita nella pala stessa s’impara. Rifabbricò, nel 1212, la cappella di San Nicolò di palazzo, ed ornar la fece con dipinti esprimenti la presa di Costantinopoli, e ciò per adempiere, come si dice, al voto fatto da Enrico Dandolo; intorno a cui è da vedersi quanto dicemmo nel Capo VII della storia del Palazzo Ducale. Eresse, circa il 1224, la chiesa ed il monastero delle Vergini, dotandolo col suo oro. E di vero, fu lo Ziani uomo religiosissimo, e adorno di ogni virtù, e tale che meritò gli elogi più splendidi da tutti gli storici.

L’Anonimo Altinate, e Daniele Barbaro, tra gli altri, dicono di lui, che «era amantissimo della pace, sebbene gli convenisse esser sempre in guerra, e diceva nelle sue concioni: Vos, domini, rogo quod pacem studiose inveniatis, servetis eamdem, quia guerram, quandocunque volueritis, valebimus invenire. Era stimatissimo non solo appo i Veneziani, ma ache appresso i baroni e i magnati della Marca e Lombardia e delle finitime regioni, e a lui avevano ricorso per li propri e per gli interessi delle città, come a padre e signore. Aveva sì tenace memoria che sendogli venuto in un giorno cinque deputazioni da Lombardia, e ventidue dalla Marca, nelle quali erano oratori, che molte volte proponevano sapientemente e con molta sottigliezza, e parendo a costoro che il doge, anziché ascoltarli, dormisse, egli, quando ebbero finito di parlare, aperti gli occhi, riassunse collo stesso ordine con cui erano state esposte le loro dispute, e a tutti con voce piana e pacata quella risposta diede che credette conveniente. Possedeva grandi ricchezze e molti amici, e assai temuto era da tutti. Verso i poveri e i giusti affabile; verso i superbi e gli ingiusti severo. Seguace della cattolica romana Chiesa, si levava a mezzanotte spesso ad orare; elemosiniere verso gli indigenti, e munifico coi nobili di scarse fortune, cui dava le cose necessarie al vitto, e forniva di danaro perché si aiutassero nel commerciare. E molti chierici manteneva a sue spese negli studi. Aveva egli, fino dal 28 settembre 1228, testato in atti di Nicolò Giraldo, prete di San Moisé. Ordinava di esser sepolto in San Giorgio Maggiore, beneficando lo stesso monastero, e altri luoghi di Venezia e di fuori. Il Cicogna, benemerito sempre, pubblicò un brano di questo testamento, tuttavia superstite. Ebbe due mogli. La prima fu Maria, figliola di Pietro Baseggio procurator di San Marco, dalla quale ebbe un figlio chiamato Giorgio, che si vuole morisse morsicato dai cani del monastero di San Giorgio Maggiore: la seconda, che sposò, nel 1213, fu Costanza, figlia di Tancredi re di Sicilia, e da questa ebbe Marco, che testò nel 1253, e due figlie, una, Marchesina sposata a Marco Badoaro, e l’altra Maria che rimase nubile. (1)

(1) Il Palazzo Ducale di Venezia Volume IV. Francesco Zanotto. Venezia MDCCCLXI

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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