Famiglia Giustiniani
Giustiniani Dalla gente romana Anicia, procedettero i due Giustini e Giustiniano imperatori, e dal secondo Giustino, giusta tutti gli scrittori, derivò la famiglia Giustiniani. La quale, sia che lasciasse Costantinopoli a cagione delle perpetue rivoluzioni di quell’impero, come pensa l’abate Gamurini, nel primo volume della sua Historia genealogica ; ossia che fosse cacciata dalla potente famiglia dei Belli, siccome narra il Malfatti; certo è che, da colà partita, giunse nell’Istria, ove edificò Giustinopoli, ora Capo d’Istria, nome derivato da Giustiniano, il maggiore dei tre fratelli di cui si componeva essa famiglia. Senonché anche colà sofferendo continue molestie dagli abitanti di Arbonu, partiva e riparavasi a Malamocco. Quivi si divisero li tre accennati fratelli; Marco, passò a Genova; Pietro, si recò a Fermo, e da lui discesero gli Acciaioli, i Turriani, i Visconti ed i Montefeltro; ed il maggiore fratello, Giustiniano, da Malamocco, poco poi, venne a por sede a Venezia. Non concordano poi gli scrittori nel fissar l’epoca dell’emigrazione da Costantinopoli dei Giustiniani. Il Malfatti vuole, che seguisse ai tempi di Attila, non avvedendosi che oltre un secolo dopo nacque l’imperatore Giustino II, da cui si vuole discesi li Giustiniani medesimi. L’Angeli afferma, che succedette nel 744; il Morigia, nell’800, ed il Frescot, nel 650. Il Cappellari, che riporta tutte queste opinioni, incomincia l’albero genealogico di cotesto casa dal 670, nella persona appunto di Giustiniano Giustiniani citato: il quale, giunto appena in Venezia, fu annoverato, coi suoi discendenti, fra le ventiquattro famiglie nelle quali fu primamente stabilito il corpo della nobiltà patrizia, e quindi i personaggi che da essa uscirono sostennero il tribunato delle isole. Produsse poi la casa in parola, più che altre mai, uomini illustri in ogni facoltà, ed annovera sei celesti comprensori, vale a dire: San Lorenzo, primo patriarca di Venezia (1456); i beati Nicolò (1473), Francesco (1200), Marco (1205), e Paolo (1520), e la beata Eufemia abadessa del monastero di Santa Croce alla Giudecca (1486). Ebbero li Giustiniani il dominio dell’isola di Zia, nell’Arcipelago, conquistata con le proprie armi private da Pietro nel 1204, e possedette il contado di Carpasso in Cipro, venutogli per via del matrimonio contratto da Nicolò Giustiniani q. Federico (1500) colla figlia maggiore di Giovanni Peres Fabrici, che ne era signore. Nobilissime cappelle, altari e monumenti ornatissimi, ed illustri memorie si vedono, per le chiese di Venezia e fuori, di questa casa; tra le quali è degnissima di nota la cappella esistente nel tempio di San Francesco della Vigna, eretta da Agnesina Badoaro, moglie di Girolamo Giustiniani, dopo l’anno 1534, ricchissima di stupende sculture lavorate dai fratelli Tullio ed Antonio Lombardo e da Sante loro nipote.
Sei scudi diversi usarono li Giustiniani, e quali li riporta, nel suo Blasone, il Coronelli. Ultimamente però non ne innalzarono che tre soltanto. Il primo, in campo vermiglio, reca un’aquila bicipite imperiale d’oro, coronata, armata e linguata dello stesso metallo, con un ovato in petto azzurro, attraversato da fascia d’oro, ed è quella sottoposta all’immagine del doge Marc’ Antonio: il secondo, che è detto dei Giustiniani dei Vescovi, per avere avuti due vescovi successivi di Trevigi, nelle persone di Francesco (1605) e di Vincenzo suo nipote (1633), porta, in campo vermiglio, un’aquila d’oro bicipite, coronata, con una croce d’oro nascente fra i colli dell’aquila stessa, ed il globo mondiale azzurro fasciato pur d’oro posto fra gli artigli della medesima: il terzo, chiamato dei Giustiniani-Lollini, per essere succeduti nell’eredità a quest’ultima casa estinta, inquarta la prima arma descritta, con quella dei Lollini, che è scaccheggiata d’oro e di vermiglio, con un campo pur d’oro, caricato di un rubeo giglio.
Il doge Marc’Antonio Giustiniani nacque il 2 marzo 1649, ed ebbe a padre Pietro, soprannominato San Zuanino, ed a madre Marina, del ramo della famiglia Giustiniani, appellata dei Vescovi. Studiò nella università patavina, unitamente ai suoi quattro fratelli, Girolamo, Francesco, Daniele e Giovanni, e riuscì eccellente, massime nella filosofia, nelle lingue e nel jus delle genti. Entrato, a suo tempo, a far parte del Maggior Consiglio, sostenne alquante cariche, infin che fu ascritto al numero dei senatori. Durante la guerra di Candia fa fatto inquisitore all’annona, imperocché il pane che veniva fornito alla armata era di cattiva qualità; sicché egli ne scoperse la frode e punì i delinquenti. Nel 1667, fu designato ambasciatore a Luigi XIV di Francia, per indurlo ad aiutare, come aiutò, la Repubblica nella crudele guerra accennata di Candia. Ottenuta la dignità di cavaliere, fu del consiglio dei Dieci, consigliere, inquisitore sopra gli Ebrei; e nel 1671 venne eletto sopra l’affrancazione dei debiti della zecca. L’anno appresso andò sindaco ed inquisitore in Terraferma; carica da lui sostenuta per il corso di quasi cinque anni, e nella quale si distinse principalmente nel riparare ai disordini trovati nel Friuli, nel Bresciano e nel Padovano, e cadde malato dalle fatiche, sì a Bergamo come a Rovigo. Finalmente venne creato principe il 25 gennaio 1684, come dicemmo, regnando quattro anni e poco meno di due mesi. Fu il Giustiniani adorno di tutte virtù. Pio, casto, giusto, benefico, modesto, sapiente. Non intermise mai le pratiche religiose e devote, ché anzi diuturnamente moltiplicava; non menò moglie per conservarsi puro, sicché fu detto che si serbò vergine fino alla morte; rese giustizia a tutti con zelo più unico che raro; fu largo di elemosine ai poveri, ai monasteri ed alle chiese; non ambì mai gli onori, tenendosi da questi lontano per quanto poté; e finalmente fu dotto nelle lingue ebrea, greca, Iatina, gallica ed ispana, onde poté rispondere latinamente in Senato agli ambasciatori di Polonia e Moscovia. Queste ed altre molte virtù da lui esercitate furono poste in luce largamente dal suo lodatore Giovanni Palazzi.
Nella famosa cappella della famiglia Giustiniani accennata, i fratelli del doge Marc’Antonio, cioè Daniele, vescovo di Bergamo, e Giovanni, cavaliere, sotto le insigni sculture che decorano il lato destro di essa cappella, posero la inscrizione seguente:
D. O. M.
MARCO ANTONIO GIVSTINIANO
VENETIARVM PRINCIPI CVI
QVI POST AMPLISSIMA MVNERA
DOMI, FORISQVE HONORIFICENTISSIME GESTA
OMNIVM MAGIS, QVAM SYIS VOTIS
AD PATRIAE FASTIGIVM EVECTVS
REMPVBLICAM DIFICILI TEMPORE ACCEPTAE
CASTRO NOVO, LEVCADE, NICOPOLI, NAVPACTO, ATHENIS
TOTAQVE PELOPONESO AVCTAM RELIQVIT,
IN CVIVS PRINCIPATV VNDEQVAQVE FAVSTISSIMO
NIHIL PRAETER DIVTVRNITATEM VNIVERSI DESIDERARVNT.
DANIEL EPISCOPVS BERGOMI, ET IOANNES EQVES
OPTIMO TAM FRATRI, QVAM PRINCIPI P. P.
OBIJT ANNO DNI MDCLXXXVIII. AETATIS LXIX. PRINCP. IV.
SVO MAGIS QVAM REIPVBLICAE TEMPORE. (1)
(1) Il Palazzo Ducale di Venezia Volume IV. Francesco Zanotto. Venezia MDCCCLXI
Dall’alto in basso, da sinistra a destra: Rio de San Martin o Rio de l’Arco, 2452 (Castello) – Calle Carminati, 5654 (Castello) – Ponte Mocenigo, 2063 (Santa Croce) – Calle de la Vida o de le Locande, 4294 (San Marco).
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