La scomunica della Chiesa di San Bartolomeo e dei suoi parrocchiani

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Campo San Bartolomeo e la Chiesa di San Bartolomeo

La scomunica della Chiesa di San Bartolomeo e dei suoi parrocchiani

La piccola chiesa di San Bartolomeo (o San Bartolomio) fondata nell’anno 840 e intitolata a San Demetrio, fu rifabbricata nel 1071 sotto il dogado di Domenico Selvo ed assunse allora il nome di San Bartolomeo.

Era chiesa parocchiale e intorno ad essa sorse nel 1503 per la nomina del pievano aspra questione tra il patriarcato di Castello che voleva la chiesa dipendesse da lui, mentre sier Lorenzo Loredan, mostrando una vecchia bolla papale, pretendeva di averne l’assoluta giurisdizione. La lite si fece grossa, molti parteggiavano per il patriarca, ma i preti della chiesa e gli abitanti della parrocchia erano per sier Loredan e per definire la questione la Curia di Roma che teneva per il patriarca, su proposta del cardinale Cibo, nipote del defunto papa Innocenzo VIII, non trovò altro rimedio che di scomunicare la chiesa e gli abitanti della contrada. Così nel dicembre del 1515 la chiesa non funzionava e i parrocchiani erano da tutti fuggiti.

Il 15 di quel mese in Calle dei Bombaseri, venditori di bambagia, un tale Bonaventura Gerardi venne a morte “senza li ordeni di la chiesa et niuno prete el vuol levar el corpo di caxa qual puza“. La famiglia protestò presso l’Avogaria di comun, l’Avogaria ricorse al Senato e questo, chiamato il Legato Pontificio, vescovo Tiburtino, cercò di persuaderlo a togliere la scomunica “et dar licentia si potesse sepelir quel corpo“. Ma il vescovo rispose di non averne l’autorità e che solo il pontefice poteva farlo; egli avrebbe mandato un corriere a Roma chiedendo istruzioni “perché ipso facto che leva quel morto sarebono excomunicati“. A tale parole fu gran rumore in Senato e sier Alvise Bembo di San Moisè proruppe, “L’è za ben cinque zorni che quel corpo è morto et pol far danno a la terra e Pregadi procederà lu, cussi no pol andar le cosse!“. E fu subito deciso che il morto venisse tolto dalla casa, e deposto in una cassa ben chiusa “et pecolada fusse messo in uno deposito soto il portego dil Pirieta lì a san Bortolamio“.

Quattro birri s’incaricarono della bisogna per il compenso di sei ducati e il povero bombaser Bonaventura Gerardi continuò l’eterno sonno sotto il portico, “si pol dir su la strada che si va da Rialto a San Marco” (*). Soltanto dopo un mese la scomunica fu tolta con la vittoria del patriarca, e il povero Bonaventura venne alla fine sepolto. (1)

(*) La chiesa aveva allora un portico, verso il Campo San Bartolomeo, con delle urne, occupato ora da alcuni negozi. 

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO 7 dicembre 1926 e Marin Sanudo I diari. Vol V

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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