L’illuminazione pubblica a Venezia

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Rio del Mondo Novo e Campiello Querini Stampalia. Sestiere di Castello

L’illuminazione pubblica a Venezia

Venezia di notte nel 1734, racconta il Goldoni, era unica nel suo genere; i suoi fanali ad olio formavano, egli dice, una decorazione utile e piacevole ed alla luce dei fanali si univa quella delle botteghe che stavano aperte in ogni tempo fino alle dieci di sera, ed una gran parte fino a mezzanotte ed altre non si chiudevano mai. Dal Ponte di Rialto a Piazza San Marco la città era animata di notte come fosse di giorno; i caffè sempre aperti erano pieni di gente allegra, piacevole, cortese; si cantava per le piazze, per le calli per i canali; erano famosi i suoi carneval, i suoi teatri, i suoi balli.

Per la sua speciale topografia fin dai tempi antichi Venezia ebbe ad occuparsi della sua illuminazione stradale e narra il frate Faber, il quale nel 1489 passò per Venezia diretto in Terra Santa, che “in omnibus angustis, ubi arcti sunt vivi et …” ma è meglio tradurre: “In ogni angolo dove i vicoli sono stretti e curvi è sospesa una lampada che viene accesa di notte e perché non sembri che il lume arda inoperoso, alla parete dietro la lampada pongono una immagine della Beata Vergine ed allora la lampada si accende tanto in onore della Beata Vergine quantp per comodità dei passanti“.

Ed ecco i primi altarini o capiteli tanto comuni a Venezia e che illuminavano le strade con quei fanaletti chiamati cesendeli o cesendoli perchè mandavano un chiarore fioco, non dissimile da quello delle lucciole in latino chiamate cicendalae.

L’olio occorente per i cesendeli era pagato in parte dei Provvidotori al sal, specialmente per quelli accesi nella contrada di Rialto e dintorni, mentre gli altri venivano forniti d’olio dalle volontarie oblazioni di persone caritatevoli.

I patrizi, dovendo uscire di notte, erano accompagnati da un servo che portava un fanale e che veniva chiamato dal popolo el codega, poichè, stando di dietro, un po’ a sinistra, veniva ad essere quasi una specie di coda del proprio padrone, e Casanova narra che nei primi anni del Settecento alle porte dei teatri dei casini e dei caffè, stavano sempre alcuni furlani col feral ad aspettare i clienti che rincasavano.

Il 23 maggio 1732 fu decretata dal Senato l’illuminazione intera della città con l’obbligo a tutti di contriburvi, eccentuati i miserabili. La compagnia dei Bombardieri, militi speciali addetti alle artiglierie e che avevano speciali privilegi protestarono contro la legge, ma il Senato con decreto 13 novembre prescrisse che anche i Bombardieri dovessero concorrere nella contribuzione comune per il decoro della città, e così avvenne.

Ecco giustificata la meraviglia del nostro Goldoni, che, ritornato a Venezia, dopo una assenza di quasi cinque anni, ritrovava nel 1734 la sua città illuminata da 1964 fanali, ed egli in quella prima sera del suo arrivo, provava un piacevole incanto, nel riveder la sua patria sempre più bella, sempre più dilettevole, sempre più cortese. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 21 ottobre 1923

Dall’alto in basso, da sinistra a destra: Rio del Mondo Novo e Campiello Querini Stampalia; Ponte dei Conzafelzi; Ponte Cavallo ai Santi Giovanni e Paolo; Pescheria; Molo San Marco; Rio de San Zaninovo; Campo San Boldo; Rio de San Zaninovo; Chiesa dei Miracolo; Sotoportego Nerini

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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