L’antica biblioteca di San Giorgio Maggiore

0
1260
Sala del Longhena. Isola di San Giorgio maggiore. Giudecca

L’antica biblioteca di San Giorgio Maggiore

Esiliato Cosimo de Medici da Firenze, dai partigiani di messer Rinaldo degli Albizzi, egli si rifugiò il 3 ottobre 1433 a Padova, ma invitato dalla Signoria venne a Venezia e cercò sicuro asilo nel convento dei Benedettini di San Giorgio Maggiore, nella tranquilla isola chiamata un tempo dei Cipressi. Il Medici ricchissimo, studioso e grande raccoglitore di codici, fondò tutta a sue spese una biblioteca accanto al monastero, e fu architetto e scultore della fabbrica Michelozzo Michelozzi che lo aveva seguito nell’esilio.

La biblioteca in breve fu ricca di manoscritti preziosi e per la costruzione dell’edificio, che la cronaca dell’Olmo dice “molto bello et hornato con vaghe pitture” furono spesi circa seimila ducati.

Ritornato Cosimo a Firenze, per la caduta degli Albizzi e degli Strozzi, la biblioteca fu da lui regalata ai monaci di San Giorgio, ma la famiglia Medici ebbe sempre cure assidue e contribuì sempre nelle spese per la famosa “libreria dove si vedono le insegne de le palle di casa Medezi“, cone nel nel 1580 scriveva nella sua “Venetia” il Sansovino.

Però tale fabbrica non durò troppo perché venne demolita da Alvise Zuffo, eletto abate di San Giorgio nel 1613 per ampliare quella parte del chiostro che dava sull’orto degli “Allori“, e solo nel 1671 sotto l’abate Alvise Squadrone, fu ricostruita una nuova biblioteca per opera di Baldassare Longhena: magnifica fabbrica per vastità, per pitture, per dovizie; magnifica libreria per grande numero di codici, per ricchezza di manoscritti, per libri rari del secolo decimoquinto.

Molti lasciarono alla biblioteca di San Giorgio i loro libri: fra i patrizi Alvise Querini, Marino Grimani, Battista Nani; fra gli uomini di lettere Raffaele Regio e Battista Nani; fra i monaci il padre Soperchi, il padre Ganazzoni e l’abate Veremondo Musitelli.

Il padre Marco Valle che scriveva nel 1680 assicura che tale biblioteca era fra le più belle e più ricche d’Italia, ma purtroppo! anche per lei vennero gli anni della sventura, gli anni tristi che seguirono quel nefasto 1797. Allora essa perdette quanto di migliore racchiudeva; i monaci passarono nel convento di Santa Giustina di Padova, ed il convento di San Giorgio fu destinato ad alloggiare i soldati francesi e gli arrestati politici, fra i quali furono primi i tre Inquisitori di Stato della caduta Repubblica.

La libreria fu chiusa, ma la solita plebe di tutte le rivoluzioni, atterrate le porte portò via quanto ad essa pareva, e così furono venduti dei libri rarissimi al solo valore del peso della carta. Ma se le plebe vendeva a peso, il commissario francese Brunet, per suo conto e per suo profitto, vendeva con cognizione.

Nonostante il saccheggio, con i libri rimasti della ricchissima biblioteca di “san Zorzi Mazor” furono nel 1807 riempiti trentaquattro cassoni e spediti nel marzo di quell’anno stesso al Demanio di Padova, nel locale delle monache soppresse di Sant’Anna. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 3 giugno 1924.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

Lascia una risposta

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.